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Un no europeo

referendum_costituzionale_nodi Roberto Musacchio e Massimo Torelli

È il segretario (ex) dei socialisti spagnoli, Sanchez, l’ultima vittima di quella che nella discussione in corso si definisce contraddizione tra governo e rappresentanza. Eletto col voto popolare è stato defenestrato in una riunione ristretta. Chiedeva che fosse un congresso a precedere il governo. Per altro Sanchez un governo lo voleva ma non con Rajoy e non in continuità con la austerità. Quindi il tema non è governo o rappresentanza ma impedire una rappresentanza e governi alternativi. Sappiamo di ciò che ha passato, e passa, la Grecia.

Era poi aprile di questo anno quando Mario Draghi prendeva parola davanti al Consiglio di Stato portoghese. Era stato da poco eletto il nuovo Presidente del Consiglio, Costa, socialista sostenuto dalle sinistre e con un programma anti austerità. Le parole del capo della BCE, come riportato dalla stampa, non si limitavano a “difendere le riforme”, cioè le lacrime e sangue imposte dai vari memorandum, ma ripropongono concetti “cari” a Draghi per il quale le Costituzioni nazionali sono spesso di ostacolo a riforme come quelle fatte. Per aggiungere che tra quelle necessarie c’è anche la modifica della legge elettorale, nell’ottica della governabilità (come è importante allora che Tsipras abbia riproposto il proporzionale!). Non sono concetti nuovi ma riprendono un refrain che sta a cuore a Draghi ma anche a molti altri protagonisti della grande finanza, JP Morgan in testa.

Il referendum italiano è dunque un momento decisivo di una partita che si gioca in realtà in tutta Europa. Diciamo decisivo perché la Costituzione italiana è la costituzione più avanzata nata nel dopoguerra e il suo “azzeramento” (rottamazione-scalpo??) la prova di lealtà che Renzi deve portare ai gestori del sistema.

Che il voto sia Europeo lo pone bene in evidenza Napolitano nell’intervista rilasciata su Repubblica a inizio settembre. Questo referendum ha come posta in gioco la natura che sta prendendo quello che pure era stato il Continente col modello sociale piu’ avanzato. Tanto avanzato da diventare insostenibile per la rivoluzione conservatrice spinta dalla globalizzazione finanziaria neo liberale. Con il desiderio di trasformare l’Europa nell’esatto contrario del compromesso democratico e cioè in un avamposto di una realtà compiutamente post democratica.

Per Napolitano la vittoria del SI permette di “garantire l’autorità di queste istituzioni”. Istituzioni che a suo parere bene hanno lavorato. Non esiste altro, non esistono i migranti, né il lavoro, né i diritti. Insomma, è su questo e sulla “disciplina” indicata dallo stesso Napolitano a queste istituzioni che andremo a votare.

Il progetto delle istituzioni Europee è perseguito su un doppio binario. Da un lato si procede sull’edificazione di una UE che prescinde, e non prevede, cardini costituzionali e democratici. Dall’altro si procede allo smantellamento sistematico degli assetti costituzionali e democratici realizzati su base nazionale. Per altro i due processi interagiscono tra loro anche perché chi li manovra vuole assolutamente evitare che accada il contrario e cioè che la base costituzionale e democratica che ha fondato le realtà nazionali si proietti sulla dimensione europea. In sostanza si passa da una base costituzionale ad una fondata sui Trattati che hanno al centro il capitalismo finanziario globalizzato.

Questo doppio binario ha visto viaggiare in questi anni un processo che è stato ad Alta Velocità. E che come il Tav ha fatto disastri ambientali, economici e sociali gravissimi non favorendo la mobilità sociale, quella democratica e dei diritti, ma quella dei profitti e dei poteri forti.  Se pensiamo alla quantità ed alla “qualità” delle “riforme” fatte in realtà in pochi anni e agli stravolgimenti che hanno portato negli assetti consolidati e nella vita delle persone e dei popoli l’accusa di immobilismo che giustificherebbe la “velocizzazione” e la “semplificazione” dei processi appare una pura mistificazione, la beffa dopo il danno, costruito con anni di stravolgimento del senso comune.

In pratica tutti gli argomenti di Draghi, e di Renzi, sono in realtà “falsificati” dalla realtà fattuale. Si pensi alla condizione schizofrenica in cui si trova Renzi che ha come sponsor referendario la Merkel con cui poi mostra di polemizzare salvo poi continuare ad obbedire. Infatti Renzi si guarda bene dal togliere dalla Costituzione il pareggio di bilancio che l’ha sfregiata. Ma proprio la capacità di guardare alla realtà è la prima prerogativa che viene messa in discussione da questo processo. La “disinvoltura” con cui si impone un refrain (governabilità, stabilità, non si può fare altro) e lo si tiene fermo è degna di Orwell. Salvo poi “ripensarci” disinvoltamente e strumentalmente come stanno facendo sull’Italicum. Sono impotenti nel gestire il processo e i problemi, ma perseguono l’obbiettivo di non avere impedimenti “locali” all’esercizio del potere “generale”.

Ma questo schema non regge più, travolto da voti popolari di segni diversi. Travolto da una crisi economica inarrestabile. Schiacciato dai corpi dei migranti bloccati davanti alle reti e ai muri che dividono il continente.

Come prima di ogni voto fondamentale minacceranno il fallimento delle banche (in primis Mps), il crollo dell’economia, disordine e caos- in pratica la fine del mondo. Ma il mondo non finisce, come non è finito dove queste minacce hanno prodotto un voto popolare contrario- con segni politici diversi-, un voto del “basso” contro un “alto“  insostenibile.

Il voto in Italia, paese simbolo per il carattere progressista della Costituzione e della legislazione dei diritti, è quindi un grande voto per l’Europa. Il nostro è un No convinto per riaprire una strada in Italia e nel continente per il cambiamento. E un NO divertito e irriverente rispetto ai richiami, disperati, alla disciplina di Napolitano e ai signori della paura.    

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