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“ARRIVARE ALLA FINE DEL MESE, EVITARE LA FINE DEL MONDO”: LA COVENZIONE DELLA FRANCE INSOUMISE

di Alessandro De Toni

Delegato estratto a sorte per la Convenzione della FI, l’8 e il 9 dicembre scorsi a Bordeaux, arrivo sabato all’ora di pranzo in una città in cui si svolgono due manifestazioni in contemporanea. Con una delegazione guidata da Mélenchon andiamo al raduno contro il cambiamento climatico. Alla manifestazione siamo circa in 7.000. Si parte, ma poco più in là arrivano i “gilets jaunes” che a loro volta sono diverse migliaia. La confluenza avviene a Place Gambetta. I cortei si mischiano. Gli slogans sono comuni: “Macron, démission” e “Ecologia, giustizia sociale: gialli e verdi, stessa lotta”. I commenti sono univoci: “la tassa sul carbone non funziona perché la gente delle periferie e delle zone rurali non può rinunciare all’utilizzo della macchina per andare al lavoro, portare i figli a scuola o fare la spesa”. La tassa “ecologica” è una truffa, anche se l’ecologia non è un lusso. I media raccontano di confluenze simili delle manifestazioni in diverse città francesi.

Ritorniamo alla Convenzione che si svolge nei padiglioni del Parco delle esposizioni nella periferia nord della città. Abbiamo saputo poi che più tardi nel pomeriggio ci sono stati durissimi scontri tra una parte dei “gilets jaunes” e la polizia: barricate, incendi, devastazione di negozi, feriti; gli scontri più duri di quel sabato in tutta la Francia.

Alla Convenzione, siamo circa un migliaio, di cui due terzi estratti a sorte (è la prassi della FI per tutte le sue riunioni) divisi in tavoli di sei persone ognuno. Ci si conosce, si discute dei vari temi (programma elettorale per le europee, lista per le medesime, programma per le lezioni municipali del 2020) e dopo la presentazione delle singole questioni, presentazione che avviene con rapidi interventi intercalati da video, si vota ma solo con i-phone, PC oppure con l’ipad. La riunione è, infatti, seguita in streaming da migliaia di aderenti alla FI che votano anche loro da casa.

Interviene per circa un’ora Jean-Luc Mélenchon concentrando il discorso sulla rivolta in corso in tutta la Francia (“il contesto è più forte del testo”) chiedendo a Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e di indire nuove elezioni dato che il parlamento non è rappresentativo dell’orientamento di due terzi dei francesi che appoggiano i “gilets jaunes”. I quali rappresentano, per il leader della FI, l’inizio dell’auspicata rivoluzione cittadina, la lotta del popolo contro l’oligarchia, un popolo che indica la necessità della realizzazione di un’ecologia accessibile a tutti e di una modifica profondamente democratica (la VI Repubblica: sistema elettorale proporzionale, referendum propositivo, possibilità di revocare il mandato degli eletti,…) delle attuali istituzioni della V Repubblica di derivazione gollista. Sottolinea come i tre quarti delle rivendicazioni del movimento popolare in corso sono contenute nel programma della FI: “è la liberazione dall’ordo-liberalismo”. In ogni caso, precisa Mélenchon, occorre rispettare l’autogestione del movimento.

La composizione della lista per le europee aveva provocato qualche tensione interna alla France Insoumise. Malumori che si erano espressi anche con l’uscita dal movimento di Djorje Kuzmanovic, responsabile esteri. La lista composta da 79 candidate e candidati (donne e uomini alla pari anche nelle posizioni “eleggibili”) viene poi approvata senza grandi difficoltà apparenti (dall’89% dei 18mila votanti). La guida una ragazza di 29 anni della Ong Oxfam, Manon Aubry, che non ha mai fatto politica, almeno nel senso classico del termine. Lei si definisce “eco-socialista”. Molti candidati vengono dalla società civile come Leila Chaibi una leader del movimento per la casa, lavoratrici e lavoratori, piccoli imprenditori, agricoltori. Ma certo non mancano i politici come Manuel Bompard, il braccio destro organizzativo di Mélenchon, oppure Emmanuel Maurel ex- sinistra socialista che ha raggiunto recentemente la FI con la sua corrente. Le organizzazioni della carta di Lisbona “E adesso il popolo!” (Podemos, Bloco de esquerda portoghese, Alleanza rosso-verde di Danimarca, il Partito di sinistra svedese) hanno portato il loro saluto con dei brevi video.  Assente la sinistra italiana. Un motivo ci sarà…

Per le europee, come già rilevato da diversi osservatori durante l’università d’estate del movimento di fine agosto scorso – anche tenendo conto dell’accentuato astensionismo delle classi popolari francesi per questo tipologia di voto –  la FI punta pragmaticamente all’elettorato tradizionale di sinistra, senza però abbandonare la linea “populista” che sembra confermata proprio dall’insorgenza del movimento dei “gilets jaunes”. Gli ultimi sondaggi l’accreditano intorno al 10 per cento dei voti, in presenza però di una poco probabile lista dei “gilets jaunes” data al 12%.

Come sapete la FI è un movimento che al suo interno vede varie organizzazioni presenti (anche se l’adesione è individuale): il Parti de Gauche, Ensemble!, i “Communistes insoumis”, e alcune piccoli partiti trotskisti. Al mio tavolo, in realtà, su sei partecipanti ben tre erano membri del Parti de Gauche che con i suoi 10mila aderenti mi pare rappresentare l’ossatura del movimento. FI è strutturata con dei Gruppi d’appoggio (circa 300 in tutta la Francia) e in Gruppi d’azione ai quali possono partecipare anche dei cittadini non iscritti al movimento. La Convenzione si conclude con dei giochi di ruolo: argomentare in un mercato rionale una tesi, ma con il divieto assoluto di utilizzare le parole del politichese; e poi lo stesso argomento ma da sviluppare nel corso di un dibattito con esponenti di altre formazioni politiche. Formazione quadri ed omogeneizzazione dei militanti, per un movimento che adotta procedure innovative e che si deve ancora definitivamente strutturare per i suoi futuri impegni.

 

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