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Germania: inversione di tendenza?

bassa sassoniadi Paola Giaculli (Berlino)
LINKE lontana dallo sbarramento del 5%. Si è votato nella popolosa regione della Bassa Sassonia (aventi diritto al voto 6 milioni), dove regna Volkswagen (roccaforte di consensi socialdemocratici) e il mainstream. Dopo una serie di vittorie regionali, anche in Bassa Sassonia c’è una maggioranza Spd-Verdi, anche se molto risicata (un seggio) e trainata soprattutto dal successo dei Verdi che passano dall’8 al 13,7 percento, mentre la SPD cresce del 2 percento circa. La sinistra alternativa di LINKE, resta invece al palo, (dal 7,1% al 3,1%) ed è un risultato amaro, dopo l’uscita dal parlamento del Nordreno-Vestfalia e dello Schleswig-Holstein, in seguito alle elezioni regionali del 2012.

Il partito conservatore della cancelliera Merkel , approfittando del sistema elettorale che consente il voto disgiunto, aveva giocato all’azzardo per salvare i Liberali (e così il proprio governo di alleanza con con l’FDP), facendo appello a questa possibilità, a cui molti elettori CDU (101.000), hanno corrisposto, votando CDU sulla scheda di collegio e invece FDP/Liberali sulla scheda per il voto proporzionale. In questo modo, si voleva garantire la continuità al governo, pur mettendo in conto di perdere qualche consenso (dal 42 al 36 percento!).

Ma il travaso di voti non è servito a salvare il governo CDU-FDP/Liberali per 12.000 voti, un seggio, i conservatori hanno perso il governo, nonostante i Liberali, dati più volte per spacciati, siano “risorti” con quasi il 10 percento, mandando in crisi tutti i sondaggi. Il gioco tattico, garantisce risoluta e infastidita la cancelliera Merkel, non si ripeterà alle elezioni del Bundestag del prossimo settembre: “Ognuno farà campagna per sé”.

Si può parlare di svolta a sinistra e di un segnale per le elezioni del Bundestag? Nonostante sia stato sconfitto, il capo del governo conservatore era più gradito rispetto al candidato SPD, che ha puntato su temi di sinistra, come l’istruzione, che pare sia stato il tema più gettonato di queste elezioni, su cui punta tradizionalmente la LINKE, con maggior coerenza, visti i trascorsi delle riforme neoliberali introdotte dalla SPD di Schröder, originario proprio della Bassa Sassonia.

Ma stavolta la SPD ha deciso di fare una compagna decisa con lo slogan “i voti alla LINKE sono voti persi” e quindi, secondo una modalità che in Italia si definirebbe di “voto utile” contro l’avversario “conservatore”. In molti hanno risposto a questo appello e cercato in questo modo l’alternanza di governo  (secondo i flussi 16.000 voti persi con i Verdi , 13.000 con la SPD), piuttosto che un governo di alternativa, cioè a dispetto del fatto che la LINKE avesse ipotizzato la partecipazione attiva in un futuro governo con SPD e Verdi  o l’appoggio esterno a una coalizione rosso-verde.

Un’opzione, che è stata negli ultimi mesi fatta propria anche dalla leadership del partito, sottolineando insieme alle divergenze, anche i punti di contatto nelle politiche sociali. La SPD è il partito che, insieme ai Verdi, su questioni fondamentali come il Fiscal Compact, a differenza della LINKE, ha votato insieme al governo conservatore, condividendo l’impianto di austerità finanziaria prima di tutto. Questo non sembra essere in contraddizione con i recenti accenti sociali della SPD, per la giustizia sociale, per una pensione oltre la soglia di povertà, perché non rivedono l’ispirazione delle dure riforme sociali e del lavoro, la cosiddetta Agenda 2010, adottata dal governo Schröder e mai messa in discussione dalla socialdemocrazia tedesca e indicata addirittura come un modello da seguire in Europa per uscire dalla crisi.

Ma, attualmente (al contrario di qualche anno fa quando le riforme neoliberali entrarono in vigore provocando moti di protesta anche tra i socialdemocratici e sulla scia dei quali nacque la LINKE nel 2005), internamente alla SPD, ben il 62 percento ritiene che “la SPD ha, con l’Agenda 2010, contribuito grandemente al fatto, che in Germania si sta meglio”, mentre il 67 percento internamente alla CDU, ritiene che “la cancelliera Merkel fa sì che la Germania vada bene” (sondaggio rilevato in Bassa Sassonia poco prima delle elezioni).

In questo quadro non stupisce che un sondaggio a livello nazionale rilevi che nell’ultimo anno la percezione personale positiva sull’andamento economico in Germania, tenda al 60 percento e oltre. Quindi se a livello politico-elettorale, si potrebbero interpretare i recenti risultati come un’inversione di tendenza dal campo conservatore a quello socialdemocratico-verde, nell’opinione pubblica tedesca, indipendentemente dall’appartenenza politica, si riscontra una notevole uniformità: del resto non appare in contraddizione al posizionamento politico dei campi, che tutto sommato non si possono definire avversari.

Da un lato le politiche del rigore, dall’altro le politiche di riforma neoliberali, messe in atto da SPD e Verdi, la moderazione salariale, il ridotto coefficiente di calcolo delle pensioni e l’aumento dell’età  pensionabile a 67 anni ad opera del ministro del lavoro socialdemocratico durante la Große Koalition; tutte “riforme” che vengono da tempo caldeggiate da Bruxelles (e da Merkel) come ricetta salvifica per l’Europa insieme al Fiscal Compact.

O si pensi ancora all’addio al nucleare della cancelliera o, con un voto all’unanimità al Bundestag , alla recente eliminazione di un ticket generalizzato sulle consultazioni mediche.

In questo quadro abbastanza uniforme, secondo cui la Germania, a differenza di molti altri paesi europei, se la passa, tutto sommato, bene, la LINKE non sembra avere molte chances. I milioni di persone colpite dalla riforma dei sussidi, quei sette milioni con salari infimi, o chi per tirare avanti integra col doppio lavoro (mini-job a 450 euro al mese) probabilmente non hanno speranze di cambiamento e si rassegnano (di nuovo LINKE perde 36.000 voti), all’astensione o appoggiano il mainstream.

D’altra parte quello che manca alla LINKE è un partito organizzato a ovest.  Mentre a est rimane un partito ben radicato, e presente con percentuali da partito di massa (20-25 percento), a ovest i consensi sono fluttuanti e il partito non appare dotato di un’organizzazione in grado di mobilitare i propri aderenti, che, anzi, negli ultimi anni sono diminuiti, o non si attivano a sufficienza.

Il presidente socialdemocratico Sigmar Gabriel, alla domanda, come in tivù lunedi, se riteneva possibile una collaborazione attiva con la LINKE o il suo appoggio esterno a un governo centrale SPD-Verdi, risponde che la LINKE in realtà “sono due partiti, uno ragionevole a est, e uno di settari a ovest, e con un partito così non si può governare una grande economia come la Germania”.

A giudizio degli osservatori, la partita nazionale è aperta e forse SPD e Verdi sono più pronti rispetto a poco tempo fa a giocarsela “facendo gruppo”. Certo è che, dovranno puntare più di quanto hanno fatto finora, a distinguersi rispetto a Merkel, impresa difficile, se l’unica critica alle attuali politiche di austerità imposte ai paesi del Sud Europa è il “ma anche” della crescita (che si ottiene con la competitività) e maggiori investimenti per la ricerca.

D’altra parte la cancelliera è abile a far propri temi come il salario minimo, le pensioni, o il no al nucleare, e nonostante ribadisca che l’alleato di preferenza sono i liberali, è “naturalmente” predisposta alla große Koalition, come ha dimostrato tra il 2005 e il 2009.

In questa compagine si era trovato a suo agio anche il suo partner di crisi (vedi alla voce salvataggio di banche), l’ex ministro delle finanze Steinbrück, attuale candidato SPD alla cancelleria. Anche per Steinbrück sarà difficile “dire qualcosa di sinistra”, anche a causa della sua arroganza che lo tradisce in uscite imbarazzanti che possono aver in parte inficiato il successo della SPD in Bassa Sassonia e che, finora hanno frenato i sondaggi (25-26 %). Gli onorari da lui percepiti (da banche o istituti finanziari per circa 1,8 milioni in due anni) durante la sua attività parlamentare lo hanno messo in cattiva luce e fatto pensare a una sua subalternità agli interessi di questi gruppi.

Del resto, non è un mistero che nell’era Schröder, di cui Steinbrück è un sostenitore, si siano allentati i vincoli dei mercati finanziari. E forse non è detta l’ultima parola neanche per la LINKE, unica in questo quadro a contrastare il pensiero unico dell’Europa attuale e a volerne un’altra, certamente lontana da quella antisociale dell’austerità.

Gli ultimi sondaggi la davano all’8-9 per cento, e anche in Bassa Sassonia poco prima del voto sembravano garantirle ancora un posto nel parlamento regionale. A questo punto qualcuno si pone il problema dell’affidabilità dei sondaggi, che rilevano comunque sempre una parte consistente di indecisi.

In questa tornata elettorale, in cui l’affluenza è salita di due punti (60%), tutti i partiti tranne la Linke hanno però attinto dall’astensionismo.

Risultati 2013 e raffronto con le precedenti elezioni regionali (2008)

Grafico dei flussi elettorali (Nichwähler = astensione)

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