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Alexis Tsipras

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Gallino, l’euro, lo spread, Salvini, Visegrad. L’impotenza della sinistra europeista

427af556 64b7 4d6a a399 eb049e3e332c largedi Enrico Grazzini

Luciano Gallino aveva denunciato i disastri prodotti dalla subordinazione dello stato al mercato, spiegando come uscire dalla gabbia dell’euro e dell’austerità senza rompere l’Unione europea. Una lezione inascoltata dalla sinistra italiana, che continua a difendere questa Europa liberista in nome di un europeismo acritico e illusorio. Con il rischio di consegnare così milioni di elettori alla destra xenofoba e anti-europeista. Continua a leggere

Euro sì o no? Il dilemma della sinistra in Europa

“ Per il Partie de Gauche (PG) e, indubbiamente, per altri partiti della Sinistra europea, è diventato impossibile venire associati allo stesso movimento di Syriza […] .” È questo il verdetto che il Partie de Gauche di Jean Luc Mélènchon ha emesso, attraverso un comunicato, sul proprio sito web.

di Alexander Damiano Ricci

Il PG ha di fatto chiesto l’espulsione del Partito greco dalla federazione comunitaria dei partiti della sinistra. Perché?

Nel comunicato si legge che il PG esprime il proprio “dispiacere” in relazione alla promozione, da parte di Tsipras, della logica dell’austerità al punto da restringere il diritto di sciopero, “sottomettendosi agli ordini della Commissione europea” (CE). La risposta di Syriza si è fatta tweet: la richiesta di Mélènchon sarebbe “anti-democratica, provocatoria e divisiva.” Continua a leggere

L’austerità uccide. Grecia al collasso. Gli effetti del memorandum sulla salute delle persone.

grecia-collassodi Marcello Foa.
Era solo questione di tempo. Un rapporto della Banca di Grecia ci informa che il sistema sanitario ellenico è al collasso.

Dall’inizio della crisi la spesa sanitaria di Atene è diminuita del 60%. E le conseguenze sono sconvolgenti. Ecco alcuni dati che fanno riflettere: Continua a leggere

Europa: Il teatrino sul Titanic

eurotitanicdi Roberto Musacchio

Lo scambio di accuse e di battute e’ ormai quotidiano. Renzi e la UE se le mandano a dire di santa ragione. Per chi e’ abituato ai teatrini italici l’idea e’ quella di un gioco delle parti. Uno degli uomini, e dei governi, interpreti dei voleri della Troika e del pilota automatico manda in scena ora il repertorio del Partito della Nazione, quello che alza la voce e sbatte i pugni. D’altronde in tanti in Europa in questo momento riscoprono le loro prerogative di capi di Stato in particolare nell’orrida gara a chi si comporta peggio con i migranti. Continua a leggere

Atene, una torrida estate (video-documentario di Aldo Piroso)

Atene_una_torrida_estate_aldo_pirosoIl video di Aldo Piroso, ultimo di una serie dedicata alla Grecia, è in lingua originale con sottotitoli e racconta ciò che è successo nel paese ellenico dall’inizio di luglio alla fine di settembre di quest’anno, tra il referendum e le elezioni. Continua a leggere

Argentina al ballottaggio

Argentina_scioli-macridi Marco Consolo (Santiago)
Le elezioni argentine di domenica scorsa consegnano uno scenario elettorale incerto e lontano dalle aspettative.
Come si sa, 32 milioni di Argentini erano chiamati ad eleggere il Presidente dei prossimi 4 anni, la metà della Camera dei Deputati (130 seggi), un terzo del Senato (24 seggi), i 43 parlamentari del Parlamento del Mercosur (Parlasur) e diversi governatori. Con un’alta affluenza elettorale (quasi il 79 %), sono le ottave elezioni presidenziali senza interruzioni golpiste e le prime post-dittatura dove si va al ballottaggio.
In base alla legge, nel caso che nessun candidato superi il 45% dei voti o il 40% con una differenza di più di dieci punti con il secondo, si va al ballottaggio il 22 novembre. Ed è questo lo scenario che si è presentato alla fine dello spoglio dei voti. Continua a leggere

Oskar Lafontaine, Lettera alla sinistra italiana: con l’Euro non si va da nessuna parte

oskar lafontainedi Oskar Lafontaine

L’euro sta de-industrializzando gli stati europei a tutto vantaggio della Germania. L’esempio di Syriza dimostra l’impossibilità di un governo di alternativa. La sinistra italiana deve unire le forze e lavorare a un nuovo sistema monetario.  Continua a leggere

“BRAVO” CAMBIAILMONDO, ma non come i Canuts !

canuts-musee-lyon-gadagnedi Pierre Assante (Marsiglia)

Lo leggo ogni giorno e sono interessato ai diversi punti di vista che si esprimono e alle diverse visioni dell’Italia e del Mondo, che ci fanno uscire dal dominante suono di campane. Faccio una piccola osservazione su un punto sviluppato da qualche partecipante a questo sito dando succintamente il mio modo di vedere il problema dell’ Europa e dell’Euro: come si può pensare che il Capitale sarebbe più clemente con una Grecia, un’Italia, una Francia che tornasse alla moneta nazionale o/e che uscissero dall’Unione Europea ? Continua a leggere

La vittoria zoppa di Syriza

tsipras-sept15di Marco Santopadre

Apparentemente le ennesime elezioni che si sono tenute in Grecia ieri – le quinte in soli sei anni – hanno riportato il paese esattamente al punto di partenza del 25 gennaio. Syriza ha ottenuto il 35.47% dei voti, solo un punto in meno rispetto alle elezioni di inizio anno, e anche i nazionalisti di destra di Anel, che i sondaggi avevano già cancellato dalla mappa parlamentare, riescono invece a superare l’asticella del 3% e ad ottenere 10 seggi con il 3.69% dei voti.

Volendo, Alexis Tsipras – che nel discorso tenuto ieri sera ad Atene davanti ai suoi sostenitori ha accuratamente evitato di citare il Memorandum da lui firmato a luglio – potrà formare in pochissimi giorni un esecutivo fotocopia rispetto a quello che era andato in pezzi solo poche settimane fa, anche se ricorrendo solo a Panos Kammenos avrebbe a disposizione solamente pochi deputati in più di quelli richiesti per governare: 155.

Ma solo apparentemente il risultato di ieri ricalca quello del 25 gennaio, e solo un analista disattento o interessato può non notare le enormi differenze. Intanto la scarsa affluenza alle urne: ieri ha votato solo il 56.5% degli aventi diritto, mentre a gennaio alle urne si erano recati il 64% dei greci. Le elezioni di ieri hanno fatto registrare uno dei tassi di partecipazione tra i più bassi della storia della Grecia del secondo dopoguerra, e non si tratta di un bel segnale. Fisiologico, hanno messo le mani avanti in molti commentando il dato, visto il frequente ricorso alle urne che ha ‘stancato’ gli elettori. Peccato che solo pochi mesi fa, a inizio estate, il referendum sull’accettazione o meno del terzo memorandum a base di austerity, privatizzazioni e tagli abbia invece mobilitato assai di più l’opinione pubblica. La verità è che la capriola di Tsipras, la capitolazione di Syriza e di Anel alle imposizioni capestro dell’Unione Europea e del Fondo Monetario hanno dilapidato in pochi mesi uno straordinario patrimonio di speranze, mobilitazioni, disponibilità alla partecipazione che difficilmente potrà essere recuperato in questo quadro niente affatto entusiasmante per i greci.

Il 35% ottenuto ieri da Syriza – che pure ha incassato all’ultimo minuto utile molto del voto degli indecisi, smentendo molti dei sondaggi che la davano sotto il 30 – è assai più leggero e quindi meno significativo della quota apparentemente simile conquistata quasi otto mesi fa, in numeri assoluti e in quanto a peso specifico.

E qui veniamo al secondo dato: la Syriza che ha vinto le elezioni di ieri è un partito molto diverso da quello che si affermò il 25 gennaio. Le minoranze interne più radicali e più disponibili ad una rottura con il quadro esistente – l’Ue, l’Euro, la denuncia del debito – sono state nel frattempo espulse da un meccanismo decisionista dell’entourage di Tsipras che ha privato il partito della possibilità di discutere, di confrontarsi, di aggiustare il tiro. Ed oggi la ‘Coalizione della Sinistra Radicale” è un partito geneticamente modificato, un partito governista e subalterno alle compatibilità capitalistiche assai più che nei già tristi giorni di luglio quando Tsipras dimostrò, nei fatti, che non si può tenere insieme l’illusione della riforma democratica dell’Unione Europea con la pretesa di annullare l’austerity e riconquistare sovranità e giustizia sociale.

Terzo elemento: rispetto a gennaio Syriza ha perso 4 seggi, e Anel deve rinunciare a tre eletti avendo perso un punto percentuale. Una maggioranza assai debole per un governo che nei prossimi mesi dovrà gestire l’applicazione delle misure lacrime e sangue contenute nel Memorandum accettato da Tsipras a luglio “per salvare il paese dalla catastrofe”. Misure che l’esecutivo dovrà far ingoiare ai greci insieme alle altre che già la troika in versione quartetto si prepara ad imporre ad Atene. D’altronde il braccio di ferro dei mesi scorsi – finito come è finito – ha dimostrato la scarsa capacità e volontà di resistenza della sinistra ellenica, che cedendo a luglio si è messa nelle condizioni di dover accettare altri memorandum, altri ricatti, altre imposizioni in un paese più debole e più disilluso dove le grandi lotte degli anni scorsi sono state dilapidate in nome di una “Altra Europa” che invece sono le oligarchie e la macchina burocratica continentale – ancora più matrigna e spietata – a costruire a passo di carica. Se vorrà costruire ‘quel governo forte e stabile’ che Tsipras ha evocato ieri il primo ministro incaricato dovrà probabilmente allargare la maggioranza a destra, ai socialisti o ai centristi, come del resto aveva già fatto quando la ribellione dei deputati della sinistra di Syriza lo aveva convinto ad accettare i voti dei “partiti del sistema” pur di portare a compimento la resa davanti a Bruxelles e a Berlino. E quindi, anche se rafforzato da un numero di deputati congruo, un siffatto governo sarebbe ancora più debole, arrendevole, inadatto ad affrontare e a risolvere i problemi del popolo greco.

Di fatto lo Tsipras che ieri ha dimostrato di essere ancora vivo e vegeto e di aver conquistato – almeno per ora – un posto stabile e di primo piano nel panorama politico ellenico, è un vero e proprio fantasma. Che forza contrattuale, che capacità decisionale potrà avere un governo che esclude a priori ogni rottura e che si definisce ‘responsabile’?

Saranno in molti a determinare le sorti della Grecia: l’Unione Europea, i mercati, gli alleati di governo, gli oligarchi. Non Tsipras, né il suo partito, che hanno deciso di rinunciare alla battaglia per attestarsi sulla più apparentemente comoda e realistica linea della ‘riduzione del danno’, promettendo una impossibile gestione più razionale ed egualitaria del massacro sociale ordinato da nord. Confortati del resto da una buona parte dell’elettorato che, nonostante tutto, continua a credere che si possano ottenere più rispetto e più giustizia sociale all’interno del soffocante quadro della gabbia europea.

Sul fronte opposto, le elezioni di ieri hanno dimostrato la scarsa presa sull’elettorato greco delle formazioni della sinistra comunista e di rottura. I transfughi di Unità Popolare, nonostante la notorietà dei suoi animatori, non sono riusciti neanche a superare lo sbarramento del tre per cento, e con il 2.86% sono rimasti fuori dal parlamento (i rallegramenti per la sconfitta di Lae all’interno di Syriza la dicono lunga sulla natura del partito nella nuova versione 2.0). Sarebbe bastato lo 0.8% conquistato da Antarsya a far superare l’asticella ad Unità Popolare e portare in parlamento una battaglia che per ora dovrà rafforzarsi nella società, tra i lavoratori, i disoccupati e i giovani, ma i veti incrociati e la tradizionale rissosità della sinistra antagonista ellenica hanno fatto saltare l’accordo.

I comunisti del KKE hanno “resistito” ottenendo esattamente quel 5.5% che avevano strappato a gennaio, ma in una situazione tale ci si poteva e doveva aspettare un risultato migliore che capitalizzasse il fallimento storico e strategico di Syriza. Comunque le tre forze, sommate, si avvicinano ad un non certo disprezzabile 10%.

Ad avvantaggiarsi della situazione, più che una Nuova Democrazia ferma sul 28% già conquistato a gennaio, sono stati soprattutto le formazioni centriste. In particolare i socialisti alleati di Dimar che dal 4.7 e 13 seggi sono risaliti al 6.28% e 17 eletti; e poi i liberali di To Potami che pur scendendo dal 6.05 (17 seggi) al 4.1% (11) vengono affiancati dall’Unione di centro (3.43 e 9 eletti).

Non c’è stato invece il temuto boom dei neonazisti di Alba Dorata, che comunque non solo si confermano come terzo partito, ma portano la loro pattuglia in parlamento da 17 a 18 eletti, ottenendo un 7% tondo tondo nonostante pochi giorni fa il loro leader, Michaloliakos, si sia assunto la responsabilità politica dell’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas rivendicando di fatto la linea squadrista del movimento. Un campanello d’allarme che non va sottovalutato, una legittimazione popolare dei neonazisti che va rintuzzato rafforzando le battaglie contro l’austerity ma anche per inceppare e rompere il meccanismo che la genera, l’Unione Europea.

Intanto la Grecia, come in una sorta di grottesco ‘gioco dell’oca’, sembra ritornata alla casella di partenza, dimostrando che non necessariamente il malcontento generato dai diktat e il conseguente peggioramento delle condizioni materiali di vita sono in grado, di per sè, di mettere in discussione la ritrovata egemonia ideologica e politica della borghesia europea.

 


Grecia, Tsipras vince. Da domani l’inferno del memorandum

di Checchino Antonini

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum, dice Panagiotis Lafazanis, leader di Unità popolare, mentre lascia il gazebo ai Propilei che ha funzionato da quartier generale di Lae in questa campagna elettorale sfortunata – per un pugno di voti non sfonda il quorum del 3% – per il cartello elettorale dei dissidenti di Syriza e altre organizzazioni anticapitaliste che non hanno voluto ingoiare la logica del meno peggio e del voto utile.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma di questo non c’è traccia nel discorso di esultanza di Tsipras che si guarda bene dal nominare quella parola ma esibisce il leader di Anel, partito di destra che ce l’ha fatta a superare l’asticella, con cui replicherà la compagine governativa per questa fase di applicazione delle pretese della Troika senza, per ora, ricorrere ai puntelli di Pasok e To Potami.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma Tsipras ha fatto bene i suoi calcoli: andare alle urne, prima che si sentano gli effetti dell’intesa e dopo essersi sbarazzato della sinistra interna che in meno di due mesi non è riuscita a mettere le radici necessarie. Syriza oramai solo di nome è la ”Coalizione della sinistra radicale” da quando la sottoscrizione del terzo memorandum ne ha geneticamente modificato la natura di partito contro l’austerità e la scissione. Tsipras nei due mesi dopo il referendum ha imposto la svolta programmatica del partito, ha impedito la consultazione dei delegati dell’ultimo congresso che aveva definito il programma radicale poi assunto a Salonicco.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum ma non ci sarà più, nella rappresentanza parlamentare, lo slancio dell’Oxi di luglio, il 62% di greci che aveva detto No all’accordo con Ue, Bce, Fmi. Un ciclo di lotte popolari iniziato nel 2008 rischia di essere mandato in soffitta per sempre mentre in Italia, sui social, inizia la sarabanda della grottesca esultanza dei filo Tsipras di casa nostra che si apprestano a mettere su un nuovo soggetto della sinistra – prendendo a prestito il logo di Syriza – con un ex sottosegretario del governo Monti e i reduci della sinistra del Governo Prodi.

Da domani in Grecia comincerà l’inferno del Memorandum dopo la campagna elettorale meno entusiasmante degli ultimi anni. Il partito dell’astensione è quello che ha fatto registrare il maggior incremento. «Sono voti nostri!», ha detto, preoccupatissima, la rappresentante di lista di Lae in un seggio di Zoografo, già nel pomeriggio. Un milione di elettori che pure erano andati a votare il 25 gennaio scorso sono rimasti a casa. Anche rispetto al referendum del 5 luglio i voti validi sono stati 700.000 in meno. Neanche la estrema polarizzazione tra il partito di Syriza e la destra di Nea Democratia ha convinto questo settore di elettori a mobilitarsi nel voto. Per il resto è un voto che fotografa i risultati di gennaio, un punticino meno a Syriza, uno in più a Nuova democrazia, ma senza la speranza che aveva suscitato in Grecia e in tutta Europa tra lavoratori e disoccupati stremati da sette anni di austerità.

Ha vinto la paura, questa volta.

 


Grecia: vince Tsipras. Per ora

di Aldo Giannuli

Tsipras ha avuto il miglior successo possibile: è innegabile. Considerato che esce da mesi terribili, che il suo partito ha avuto una scissione, che ha perso il numero due del governo, che ha fatto e sconfessato un referendum, che ha dovuto accettare i diktat della troika abbandonando tutte le promesse elettorali, non era pensabile un risultato migliore di questo.

Ha ridotto le perdite elettorali in termini percentualmente insignificanti, ha liquidato il suo dissenso interno costringendolo ad una scissione che ha mancato il risultato di entrare in Parlamento, ha ottenuto seggi sufficienti a fare maggioranza con Anel, con il Pasok e To Potami senza dover imbarcare Nea Democratia. Meglio di così non gli poteva andare.

A che si deve questo successo? In primo luogo al prestigio personale dell’uomo che può permettersi di stracciare un patto elettorale ed un referendum ed essere ancora creduto quando si propone come quello che rinegozierà il debito. Questo è in parte il risultato dell’immagine di sé che ha saputo costruire, in parte dell’inesistenza dei rivali: Nea Democratia, con Meimarakis non era certo in grado di cancellare l’immagine di partito di corrotti che (insieme al Pasok) detiene la maggior quota di responsabilità nel disastro finanziario del paese. La scissione di Lafazanis ha inciso pochissimo: troppo poco tempo a disposizione, troppa accondiscendenza a Tsipras sino ad un momenti prima, troppo poca chiarezza nel programma. E, comunque, ha pagato il prezzo del “voto utile”: di fronte alla prospettiva del ritorno dei pescecani di Nd, gli incerti fra Siryza e Unità Popolare si è riversata in massa sulla prima, che è un altro dei motivi della vittoria odierna. Peraltro anche il Kke non ha avuto che un piccolissimo incremento confermando sostanzialmente il suo insediamento.

D’altra parte, il Kke è di uno stalinismo patologico e non gode affatto di buona reputazione per la caterva di errori politici fatti. Auspicavo una sua affermazione insieme a quella di unità popolare perché resta il principale nucleo esistente di una possibile sinistra alternativa a Siryza, ma ero e sono perfettamente cosciente dei suoi terribili limiti e non mi stupisce questa stagnazione.

Degli altri non mette conto parlare, se non per notare come Alba Dorata non rappresenti nessun pericolo reale, attestandosi su valori largamente sottomaggioritari. Tsipras, peraltro ha saputo essere tempista (gli va riconosciuto) capitalizzando il seguito di consensi ottenuti come quello che “ha tenuto testa alla Bce e Berlino per cinque mesi”, andando a votare prima che si facessero sentire gli effetti del “Pacchetto” concordato con la Bce. Il resto lo ha fatto l’orgoglio nazionale dei greci (“Non volete Tsipras? E noi lo rivotiamo”).

Ma c’è anche una ragione “negativa” in questo successo che è tale in termini percentuali e non assoluti: i votanti sono scesi al 55%, il che ha “rivalutato” la base di voto si Siryza che, in termini assoluti perde un bel po’ di voti (circa un milione, ma aspettiamo i risultati definitivi per saperlo). La gente ha preferito non votare piuttosto che votare altro e questo dovrebbe far riflettere soprattutto quelli di Unità Popolare che sono apparsi come numericamente irrilevanti, ambigui politicamente ed, in definitiva, inefficaci. Però, questo è motivo di riflessione anche per Tsipras, non è detto che questa corrente elettorale si dissolva e non torni a materializzarsi in positivo se l’offerta politica dovesse cambiare.

E qui iniziano i dolori per il giovane Alexis: intanto deve fare un governo di coalizione che non è detto sia una gita di piacere, poi, man mano le si sentiranno gli effetti delle misure di austerità, non ci vuol molto a capire che il consenso calerà. Ma, soprattutto, la vera scommessa sta ancora in piedi: ce la farà Atene ad evitare il default e l’uscita dall’Euro? Una valutazione realistica riduce le probabilità di riuscita della manovra a percentuali molto, molto modeste ed, in ogni caso, a queste condizioni non si parla di crescita. Il piano di risanamento è molto probabilmente insostenibile per la Grecia e bisognerà vedere se la Bce e compagnia cantante saranno disposti ad un quarto bailout. Peraltro occorrerà vedere quanto costerà alla Grecia, in termini di espropri, l’eventuale default.

Tsipras è stato abile e tempestivo, ma ha solo ottenuto una dilazione per la sua verifica finale. Le forche caudine del debito sono sempre lì che lo aspettano alla fine del corridoio di lacrime e sangue che farà percorrere al suo popolo.

Alexis ha vinto, ma questo non vuol dire che abbia avuto ragione a luglio o la abbia adesso.

 

FONTE: sinistrainrete.info

Grecia, restare sul ring per tenere aperta la possibilità dell’alternativa

Luciana-Castellinadi Luciana Castellina
Non sono greca e per­ciò dome­nica non voto. Tan­to­meno sono auto­riz­zata a sug­ge­rire ai greci come votare. Ma non me la sento nem­meno di dire che que­sta mia asten­sione deriva dal fatto che i loro sono affari che non mi riguar­dano. Se un anno fa in tanti ci siamo ritro­vati a soste­nere (o meglio a costruire) una lista che si è chia­mata l’«altra Europa con Tsi­pras» non è stato per via di una stra­va­ganza moda­iola, per­chè Siryza stava vin­cendo e noi in Ita­lia no. E’ stato per­chè abbiamo capito che la par­tita che Ale­xis stava ingag­giando con i mostri dell’euro capi­ta­li­smo era anche la nostra partita. Continua a leggere

Dietro la follia del rigore, ci sono gli interessi dello Stato più forte

michele prosperodi Michele Prospero
Lamentarsi contro la mancanza di cuore dell’élite tedesca, o per un’Europa che appare terra di calcoli di potenza e profitto senza solidarietà, è un vano esercizio sentimentale. Ai paesi del Sud non rimane che la lotta.
Ora che l’ordine del mercato regna finalmente ad Atene, è possibile una radiografia di ciò che l’Europa è diventata. La bella retorica europeista, sulle radici culturali comuni e sulla calda integrazione politica ormai alle porte, come inevitabile coronamento della fredda razionalità della moneta unica, urta con la realtà, che parla un altro linguaggio. Una strada verso un’Europa politica a impianto federale, con istituzioni di rappresentanza, partiti e soggetti sociali davvero di profilo continentale, è al momento pura utopia. Quello che esiste è solo uno spazio di mercato che si dà regole per la concorrenza e ricorre a una moneta comune per gestire gli affari. Altro, che vada al di là della ragioneria del mercato, non si intravvede. Continua a leggere

Paolo Savona: «La Germania è il vero Paese inaffidabile; prepararsi al piano B»

savonaeuroL’economista non usa mezzi termini: «L’Italia prepari un piano B per l’uscita dall’Euro. Se dovessimo essere colti impreparati sarebbe veramente un dramma. La Germania si è autoproclamata come “paese d’ordine dell’Europa” e ha usato la Grecia per riaffermare questo ruolo»

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Varoufakis: “Nessuno crede a questo accordo. Tsipras si è arreso, io resto e combatto per la causa del Paese”

Yanis Varoufakisdi Cosimo Caridi (da Il Fatto Quotidiano)
“Sto andando a Corfù in vacanza. Non sono qui per dare consigli, ma ho incontrato degli amici”. Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, è seduto sulla grande poltrona di pelle nella hall di uno degli alberghi che si affacciano su piazza Syntagma. Accanto a lui c’è l’ex ministro delle Finanze, Yannis Varoufakis. Nel pomeriggio di due giorni fa, poco prima che venisse annunciato il rimpasto di governo, Stiglitz ha incontrato anche il premier greco Alexis Tsipras. “Il piano europeo è sbagliato – spiega il Nobel – creadisuguaglianze senza risolvere il problema: il debito. Varistrutturato, questo è ormai accettato da più fronti”. Stiglitz porge una busta con un’importante bottiglia di vino rosso a Varoufakis, e prima di allontanarsi aggiunge: “Siamo davanti al più lungo bank holiday che io abbia mai visto in Europa, bisogna fare qualcosa, ma le scelte fatte non porteranno ai progressi attesi”. Mentre il professore si dirige verso gli ascensori Varoufakis si alza in piedi e dice: “Hai tre domande a disposizione”. Continua a leggere

Brancaccio: “Serve un piano B, la sinistra impari dall’errore di Tsipras”

emiliano-brancaccioIntervista di Giacomo Russo Spena (da Micromega online)
Per l’economista la debacle greca insegna che bisogna mettere da parte la retorica europeista e globalista e predisporre una visione alternativa, un “nuovo internazionalismo del lavoro”. E sulla Grexit replica al premier ellenico che ha denunciato il mancato aiuto di Stati Uniti, Russia e Cina: “Se vero, significa che i grandi attori del mondo hanno scelto di non interferire più di tanto negli affari europei, lasceranno che l’Unione monetaria imploda per le sue contraddizioni interne”. Continua a leggere

Atene è caduta.

Temple_of_Zeus_in_Athensdi Tonino D’Orazio

Berlino ha preso il potere e i suoi beni. In giro sulla stampa europea, con dei giornalisti veri, i commenti sono impressionanti. Soprattutto al confronto dei nostri scribacchini venduti al più offerente. Molti giornali, soprattutto conservatori, visto che un minimo di sinistra non esiste più nella stampa europea, anche se qualcuno fa ancora finta, sono esterrefatti dalla conclusione della “trattativa” della Grecia con gli strozzini della troika. Tutti capiscono che per il futuro non vi è nulla di buono. Facile vincere una battaglia con il nemico a terra, ma spesso la guerra è più lunga di quello che si prevede. Continua a leggere

Grecia: Lettera aperta agli amici sonnambuli

sonnambulidi Marino Badiale e Fabrizio Tringali
È evidente a tutti che la fine drammatica dell’esperienza del governo Syriza è uno spartiacque. Essa infatti rappresenta la verifica concreta, l’experimentum crucis che decide se una strategia politica sia valida oppure no. Non è difficile, se si ha onestà intellettuale, trarne le necessarie conseguenze. Proviamo a farlo in questa lettera aperta. Gli “amici sonnambuli” ai quali è indirizzata sono le tante persone del mondo “antisistemico” che in questi anni hanno protestato contro le politiche autoritarie e di austerità dei ceti dominanti, rifiutando però di porre la questione politica dell’uscita dell’Italia dal sistema euro/UE. La proposta dell’uscita veniva tacciata in questi ambienti di “nazionalismo”, e contro di essa veniva evocata la necessità della lotta unitaria dei ceti popolari europei. Continua a leggere

Wolfgang Streeck: “L’euro non è l’Europa”

euro-trappoladi Giuliano Battiston 

«L’euro non è l’Europa». Per analizzare con lucidità il negoziato sul debito greco Wolfgang Streeck suggerisce di partire da qui. «L’equazione tra l’Unione monetaria e l’Europa è semplicemente ideologica, serve a nascondere interessi prosaici», spiega nel suo studio il direttore del Max-Planck Institut per la ricerca sociale di Colonia. Continua a leggere

La crisi greca e la crisi dell’Europa

cgil-2di Danilo Barbi, Fausto Durante*
Le ultime vicende relative alla questione greca – dalla proposta del cosiddetto Eurogruppo del 25 giugno, all’esito del referendum greco del 5 luglio, la ripresa e la conclusione della trattativa, fino al voto favorevole del Parlamento – obbligano ad una valutazione complessa e necessariamente articolata. Se è ormai diffusa la consapevolezza che gli ultimi eventi investono l’insieme della situazione europea, di certo, occorre procedere con grande rispettonel formulare un giudizio sulla vicenda, vista la condizione di un popolo che si trova da anni in grande difficoltà economica e sociale, progressivamente impoverito e continuamente spinto dall’intransigenza della linea europea dell’austerità in uno scenario sempre più emergenziale, con banche chiuse da settimane, sul ciglio del fallimento, ma che al momento cruciale ha risposto con un atto democratico di riscatto e dignità. Continua a leggere

Parla Varoufakis: cosa è accaduto all’Eurogruppo, così sono andate le trattative

Varoufakis-2Finalmente l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis concede un’intervista ad Harry Lambert del New Statesman. si tratta di un’intervista di grandissimo interesse ed importanza, da leggere almeno nelle sue parti principali, che vi proponiamo tradotte in italiano.

potete trovare l’intervista completa qui: intervista New Statesman

Ora riportiamo alcuni passaggi importanti o interessanti : Continua a leggere

Stefano Fassina: “Non c’è sinistra nella gabbia dell’Euro”

Stefano-Fassina-1di Stefano Fassina (da il Manifesto del 17-7-2015)
Sulla bru­ciante vicenda greca, par­tiamo dai con­te­nuti dello «Sta­te­ment» dell’Eurosummit del 12 luglio scorso, prima di fare valu­ta­zioni poli­ti­che. È impos­si­bile nascon­derne l’insostenibilità eco­no­mica e di finanza pub­blica. Le misure impo­ste sono bru­tal­mente reces­sive, oltre che regres­sive sul piano sociale, nono­stante gli aggiu­sta­menti con­qui­stati dalla dele­ga­zione greca a Bru­xel­les. Gli inter­venti di com­pen­sa­zione macroe­co­no­mica sostan­zial­mente ine­si­stenti. I finan­zia­menti pre­vi­sti per il sal­va­tag­gio sono dedi­cati alla rica­pi­ta­liz­za­zione delle ban­che e al paga­mento dei debiti verso Bce, Fmi e cre­di­tori privati. Continua a leggere

Grecia: Bruxelles esulta alla fine dell’UE

Angela Merkel-braccio tesodi Tito Pulsinelli (Caracas)
La Germania nuoce agli altri e a se stessa -Vittoria di Pirro del fondamentalismo immediatista – Per la terza volta in un secolo, la Germania ha distrutto l’Europa. Sotto le macerie rimane non solo la Grecia, ma il progetto stesso di un blocco continentale autonomo, equidistante, padrone del suo futuro, e in grado di annodare e conservare relazioni reciprocamente vantaggiose con il nuovo mondo emergente. Continua a leggere

Il “più Europa” (è) liberista

eu_skeledi Sergio Cesaratto
Nei giorni scorsi il Manifesto ha preso posizioni sulla crisi greca che a molti sono apparse sconcertanti. Da titoli dove una manovra recessiva diventava misura per la crescita (“Atene, 12 miliardi per la crescita”), all’identificazione di Piazza Syntagma con “L’Europa siamo noi” o di Tsipras come “Il cuore d’Europa”, sino alla perorazione di una nuova Ventotene. Il giornale ha finito così per accodarsi al coro per cui dalla crisi europea si esce solo con “più Europa” non scavando a fondo sulle ragioni ultime del fallimento europeo e dando spazio insufficiente ad altre posizioni in merito. Continua a leggere

Rinasce il nazionalismo tracotante tedesco

anschluss4di Marco Bascetta (da Il Manifesto del 14 luglio)

Dopo ben cin­que mesi di nego­ziato tra il nuovo governo di Atene e l’Unione euro­pea due cose sono ormai chiare. La prima è che non si è trat­tato di un nego­ziato, ma di una guerra. Una guerra pre­ven­tiva per il raf­for­za­mento dell’egemonia tede­sca in Europa. La seconda, del tutto con­se­guente, è che il pro­blema non è la Gre­cia ma la Germania. Continua a leggere

GRECIA al cappio.

cappio-europadi Tonino D’Orazio
Ormai abbiamo davanti, nudo, il volto vero di questa Europa (che non vogliamo) diretta dal IV Reich. Si torna al punto di partenza dopo sei mesi di lento strangolamento. La dimostrazione per gli altri popoli europei che i referendum non servono a nulla. Che i socialisti sono parte integrante del neoliberismo dilagante. Che ognuno teme il suo turno e si accuccia. Che la Confederazione Europea dei Sindacati, come in Italia, non conta assolutamente nulla. I documenti inviati soprattutto al PSE, ma anche a un parlamento, quello europeo, che non conta nulla ed esiste per utile e “finta democrazia”, sono quasi una farsa senza conseguenze, parte di un atto teatrale. Continua a leggere

Grecia: Pablo è morto, Pablo è vivo!

pablo-1di Rodolfo Ricci
Bisogna essere sinceri,  chiari, realisti: non si può assumere l’operato di Tsipras e della maggioranza di Syriza come se l’abominevole “accordo” sia una mezza vittoria rispetto alla volontà tedesca di far fuori la Grecia dall’eurozona. In realtà si tratta di una sconfitta cocente, di una battaglia perduta. Di una resa quasi incondizionata di fronte alla mole di fuoco di tedeschi e satelliti vari; e allo stesso tempo, non si deve accondiscendere alla versione della presunta mediazione franco-italiana che ne avrebbe impedito l’uscita dall’Euro, perché anche i mediatori avevano un interesse specifico in materia: quello di rendere come manifesta e inequivocabile, per le masse disorientate, la velleità delle sinistre “radicali” (e dei cosiddetti populismi) in Grecia e nel resto dei paesi dove questi movimenti sono in crescita. Continua a leggere

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