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La Gran Bretagna ha dichiarato lo stato di “emergenza climatica”. Approvata la mozione di Corbyn.

La Camera dei Comuni anglosassone ha proclamato lo stato di “emergenza climatica”, accettando la mozione che era stata presentata dal leader laburista Jeremy Corbyn: un passo storico per la Gran Bretagna, che diventa così il primo paese al mondo ad aver dichiarato che sì, il problema climatico esiste e va preso di petto.

È chiaro che questa proclamazione non dovrà restare solo sulla carta se si vogliono dare risposte concrete ed efficaci alla sfida dei cambiamenti climatici, ma è un primo passo destinato – almeno in potenza – a cambiare le regole del gioco e a rimettere al centro dell’agenda politica il tema dell’ecologia.

Negli ultimi mesi sono aumentati in modo esponenziale, non senza polemiche e strumentalizzazioni, i movimenti ambientalisti e di lotta ai cambiamenti climatici.

Siamo sicuri di poter liquidare la questione climatica sostenendo che questi movimenti, siano essi di studenti, come nel caso di Greta Thunberg e dei Fridays For Future, o di altre sigle più o meno organizzate, non abbiano nulla da dirci?

Nessuna persona di buon senso sarebbe disposta a dire che se vogliamo salvaguardare l’ambiente non dobbiamo cambiare sistema di sviluppo. In poche parole, tutti noi sappiamo che è la produzione capitalista di oggi a generare un sistema malato, che per i profitti di pochi è disposto a scaricare le conseguenze sull’intero Pianeta.

Ed è questo il motivo per cui l’ecologia è un tema che non dovrebbe mai scomparire dalle agende di un programma politico serio. È il motivo per cui non possiamo nasconderci dietro al fatto che il problema delle emissioni di CO2 sarebbe questione “delle élite” che possono permettersi delle automobili costose.

Come dice Corbyn “abbiamo bisogno di una risposta collettiva che conferisca potere alle persone invece di farle vergognare se non acquistano costose carte igieniche riciclate o guidano la nuova Toyota Prius”.

Riconvertire la nostra economia da fossile a verde e diventare un esempio d’eccellenza per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica dovrebbe essere un pilastro di un partito che ha cuore – insieme – lo sviluppo del Paese e la salubrità dell’ambiente.

Il discorso fatto da Corbyn alla Camera dei Comuni, che riportiamo di seguito, in questo senso è illuminante. Come Corbyn ha detto senza mezzi termini, non ci sarà la mano invisibile del mercato a salvarci da quello che abbiamo fatto al pianeta, spremuto fino all’inverosimile per ingrossare le tasche di pochi, grandi soggetti economici.

Al contrario, un’economia che guarda alla salute dell’ambiente è un’economia che può e deve rafforzarsi con investimenti pubblici per assicurare l’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, per fare in modo che le realtà pubbliche e le comunità possano auto-produrre energia pulita, che i mezzi pubblici siano potenziati al punto tale che anche i più poveri possano spostarsi in modo sostenibile, economico e veloce. Che si riparta dal diritto di respirare aria pulita, di bere acqua salubre. Per tutti.

Rispondere alla sfida dei cambiamenti climatici tirando in ballo questa o quella scusa, non ci aiuterà. Nel frattempo il riscaldamento globale sta già mettendo in ginocchio i raccolti, le produzioni di eccellenze locali, l’olio d’oliva su tutti, e colpisce le nostre città e le nostre campagne con alluvioni, siccità e fenomeni meteo estremi che sono destinati a replicarsi con una frequenza sempre maggiore, se la politica non interverrà con misure urgenti.

Sta a noi cambiare le cose: ridiamo valore al nostro pianeta e daremo valore al nostro presente oltre che al futuro dei nostri figli.

 

 


 

DISCORSO DI CORBYN ALLA CAMERA DEI COMUNI (qui l’originale in inglese)

 

Oggi quest’Aula deve dichiarare un’emergenza ambientale e climatica.

Non abbiamo altro tempo da perdere.

Stiamo vivendo una crisi climatica che andrà pericolosamente fuori controllo se non adotteremo misure rapide e significative ora.

Non si tratta più di un futuro lontano.

Stiamo parlando di niente di meno che della distruzione irreversibile dell’ambiente nel tempo in cui viviamo.

I giovani lo sanno. Sono loro che più di noi hanno qualcosa da perdere.

Mi sono profondamente commosso alcune settimane fa nel vedere le strade fuori questo parlamento piene di colori e voci degli studenti in sciopero che recitavano “il nostro pianeta, il nostro futuro”.

Per alcuni della mia generazione è stato stimolante ma anche umiliante che fossero dei bambini a sentir di dover lasciare la scuola per dare agli adulti una lezione.

La verità è che sono più avanti dei politici su questo: la questione più importante dei nostri tempi.

Stiamo assistendo a un’impennata senza precedenti dell’attivismo per il clima, con gruppi, come Extintion Rebellion, che costringono i politici di questo Parlamento ad ascoltare.

Le proteste hanno provocato un massiccio e necessario risveglio.

Oggi abbiamo l’opportunità di dire: “Vi ascoltiamo”.

Sono stato deputato per 36 anni e in questo tempo ho notato qualcosa su questo posto che è oramai è ovvio, ma che raramente viene riconosciuto: il Parlamento raramente guida il cambiamento. Solitamente al massimo si trascina.

Pensate alle enormi trasformazioni della nostra società: diritti dei lavoratori, diritti delle donne, diritti degli omosessuali. L’impulso è sempre venuto dall’esterno. Da movimenti e comunità sociali. Mentre Westminster è spesso l’ultimo posto dove si capiscono queste cose.

Non ripetiamo questo schema. Rispondiamo alle nuove generazioni che stanno dando l’allarme.

Diventando il primo Parlamento al mondo a dichiarare un’emergenza climatica, potremmo scatenare un’ondata di interventi da parte dei parlamenti e dei governi di tutto il mondo.

E senz’altro se guideremo con l’esempio, e altri ci seguiranno, daremo la migliore risposta possibile alla scusa – troppo comune – che usiamo per la nostra inattività: “Perché dovremmo agire noi, quando gli altri non lo fanno?”

Siamo responsabili delle nostre azioni. E non siamo un piccolo giocatore. Possiamo fare la differenza sullo scacchiere globale.

Lavoriamo di più con i paesi che sono seriamente intenzionati a porre fine alla catastrofe climatica, in particolare quelli che si trovano in condizioni estreme. Ad esempio le Maldive – così vulnerabili all’innalzamento del livello del mare. Nei dibattiti sul clima alle Nazioni Unite lo scorso anno ci hanno detto: “non siamo pronti a morire” e hanno implorato gli altri paesi di unirsi in questa battaglia.

O il Bangladesh, il cui ministro degli Esteri ha recentemente messo in guardia dalla “minaccia all’esistenza” rappresentata dalla crisi climatica per i 160 milioni di persone del suo paese, esortando gli altri ad aderire e tenere fede all’Accordo sul clima di Parigi.

Ho partecipato alla conferenza di Parigi nel 2015 con l’onorevole parlamentare di Brent North, che vorrei ringraziare per il suo impegno appassionato su questo tema.

Lui, insieme all’intero partito laburista, sostiene fermamente la candidatura del Regno Unito per ospitare la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 2020.

E chiariamo a Donald Trump che deve impegnarsi nuovamente negli accordi internazionali sul clima.

Ma dobbiamo essere assolutamente chiari sull’Accordo di Parigi. Per quanto sia significativo, non è abbastanza.

Se ogni paese tenesse fede alle sue attuali promesse, le temperature aumenterebbero ancora di tre gradi in questo secolo.

A quel punto l’Europa meridionale, il corno d’Africa, l’America centrale e i Caraibi si troveranno in una situazione di siccità permanente.

Le grandi città, come Miami e Rio de Janeiro, scompariranno a causa dell’innalzamento del livello del mare.

A quattro gradi, che è il punto verso cui ci stiamo dirigendo, i sistemi agricoli collasseranno.

Questi non sono più solo cambiamenti climatici. È un’emergenza climatica.

Stiamo già vivendo gli effetti intorno a noi.

Anche qui a casa nostra il tempo sta diventando più estremo.

L’amministratore delegato dell’Agenzia per l’ambiente recentemente ha avvertito che stiamo assistendo a ciò che ha definito la “morsa della morte” e che potremmo rimanere a corto d’acqua nell’arco di 25 anni.

Allo stesso tempo le alluvioni improvvise stanno diventando più frequenti.

Chiunque abbia visitato una città o di un villaggio allagati conosce la devastazione che travolge le famiglie.

L’ho compreso bene quando ho visitato Cockermouth dopo le alluvioni del 2015, insieme all’onorevole membro di Workington, che ora sta facendo un lavoro brillante come “Segretario Ombra”, e che per primo ha sfidato il governo chiedendogli di dichiarare un’emergenza climatica, un mese fa.

In tutto il mondo stiamo assistendo alla fusione delle calotte polari, alla dissoluzione delle barriere coralline, alla siccità in Africa, agli uragani nelle Americhe e agli incendi in Australia.

Il ciclone Idai ha recentemente ucciso più di 900 persone nell’Africa sud-orientale, in gran parte in Mozambico, e ne ha colpito altri 3 milioni, per poi essere immediatamente seguito dagli attuali orrori del ciclone Kenneth.

Il riscaldamento globale sta contribuendo alla terrificante scomparsa di specie animali e vegetali – qualcosa che stiamo appena riconoscendo.

Secondo il WWF, l’umanità ha spazzato via il 60% di mammiferi, uccelli, pesci e rettili dal 1970 a oggi.

All’inizio di quest’anno, la prima revisione scientifica globale di questo genere ha scoperto che gli insetti potrebbero estinguersi entro un secolo, a meno che non vengano intraprese delle misure.

Gli insetti impollinano le piante e mantengono sana la terra.

Senza impollinazione e terreno sano non c’è cibo, e senza cibo non ci sono umani.

Nel frattempo l’agricoltura intensiva sta pompando la terra di fertilizzanti e fa pagare le sue conseguenze al nostro suolo.

Un sistema agricolo più sostenibile può portare invece effettivamente- a più lungo termine – a rendimenti migliori e a spese minori per pesticidi, erbicidi e fertilizzanti.

Lo stesso Segretario dell’Ambiente ha avvertito che restano solo 30-40 anni prima che il nostro terreno fertile finisca. Confido che voterete la mozione oggi.

Signor Presidente, al centro di questa emergenza ambientale e climatica c’è una questione di giustizia.

Sono quelli che qui – e in tutto il mondo – sono meno colpevoli a pagare il prezzo più alto.

Uno studio del 2015 ha rilevato che i bambini che vivono nelle aree urbane interne possono veder ridotta la loro capacità polmonare fino al 10% a causa dell’inquinamento atmosferico.

E naturalmente si tratta di qualcosa di ancora più estremo per quei bambini che crescono nelle città inquinate dell’India o della Cina.

I bambini non dovrebbero pagare con la loro salute perché noi non siamo stati capaci di ripulire la nostra aria tossica.

E sono le comunità della classe lavoratrice a subire gli peggiori effetti dell’inquinamento atmosferico – sono loro ad essere meno in grado di ricostruire le loro vite dopo le alluvioni e a essere colpiti più duramente dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, mentre i più ricchi, che sono responsabili della maggior parte delle emissioni, possono tirarsi fuori dai guai.

E a livello internazionale, per una crudele beffa del destino, è il Sud del mondo ad affrontare la più grande devastazione per via della siccità e delle condizioni meteorologiche estreme.

Tutto questo alimenta la povertà e la guerra, crea rifugiati perché le persone sono costrette a fuggire dalle loro case. Alcuni dei 65 milioni di rifugiati nel mondo in questo momento sono rifugiati climatici.

Queste persone stanno pagando il prezzo delle emissioni che travolgono il ricco Nord del mondo.

Come ha recentemente affermato Sir David Attenborough nel suo brillante programma sulla BBC:

“Ci troviamo ad una svolta unica nella storia del nostro pianeta, e tutti dobbiamo condividerne la responsabilità. Sia per il nostro benessere attuale che per il futuro della vita sulla Terra. ”

Questa è la grandezza di ciò di cui stiamo parlando. Il futuro della vita sulla Terra.

È troppo tardi per le finte o gli espedienti.

Dobbiamo fare di più che vietare le cannucce di plastica.

L’azione individuale non basta.

Abbiamo bisogno di una risposta collettiva che conferisca potere alle persone invece di farle vergognare se non acquistano costose carte igieniche riciclate o guidano la nuova Toyota Prius.

Signor Presidente, se vogliamo dichiarare un’emergenza, ne consegue che devono essere intraprese misure radicali e urgenti.

Secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, per evitare gli effetti disastrosi del riscaldamento oltre 1,5 gradi centigradi, le emissioni devono diminuire di circa il 45% entro il 2030 e raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050 al più tardi.

Non accadrà per magia.

Dovremo liberarci da alcune delle credenze dannose che hanno caratterizzato il nostro pensiero per troppo tempo.

La mano invisibile del mercato non ci salverà.

Le soluzioni tecnologiche non appariranno magicamente dal nulla.

Un’emergenza di questa portata richiede un intervento governativo su vasta scala per dare il via alle industrie, per dirigere gli investimenti e per stimolare la ricerca e lo sviluppo nelle tecnologie verdi del futuro.

E questo non è un fardello.

È un’opportunità per creare nuovi posti di lavoro nel settore manifatturiero e ingegneristico in luoghi che non sono mai stati recuperati dalla distruzione delle nostre industrie all’epoca di Margaret Thatcher.

Ciò di cui abbiamo bisogno è una rivoluzione industriale verde con enormi investimenti in nuove tecnologie e industrie sostenibili.

La soluzione alla crisi è di riprogrammare la nostra intera economia in modo che funzioni nell’interesse delle persone e del pianeta.

Ciò significa che le società energetiche e idriche di proprietà pubblica hanno il compito di proteggere l’ambiente invece di cercare solo profitti.

Significa ridisegnare i finanziamenti agricoli pubblici a beneficio delle imprese locali e dell’agricoltura sostenibile.

Significa finanziare gli interventi di isolamento domestico, in particolare nel nostro settore privato – di scarsa qualità- e riconoscere il lavoro svolto per l’ammodernamento delle abitazioni, in particolare quello della Salford University, per la sua ricerca di riconversione ed efficienza energetica delle case affinché diventino sostenibili.

Significa investire nel trasporto pubblico, in linee di autobus, infrastrutture ciclabili e migliorare le linee ferroviarie di proprietà pubblica, in modo che le persone possano viaggiare velocemente ed economicamente senza automobili.

Significa investire in progetti come la laguna di Swansea Bay e non dare la priorità al fracking, che colpisce le comunità locali e danneggia il nostro clima.

Significa piantare alberi per migliorare la qualità dell’aria e prevenire le alluvioni e significa espandere le nostre belle foreste che assorbono CO2 dall’atmosfera e sono un habitat per la fauna locale.

Attualmente il Regno Unito ha la copertura forestale più bassa d’ Europa. Dobbiamo sostenere ed espandere iniziative di piantagione di alberi come quelle di Leicester o Milton Keynes.

È davvero molto eccitante pensare a tutte le opportunità che abbiamo, se solo decidessimo di coglierle. Ma con il finanziamento a Natural England ridotto a metà, vediamo come l’austerità stia ostacolando la nostra capacità di agire.

A livello internazionale, dobbiamo garantire che la nostra difesa e la capacità diplomatica siano in grado di rispondere in modo rapido ed efficace ai disastri climatici in tutto il mondo.

Dobbiamo prendere provvedimenti seri per la riduzione del debito e la sua cancellazione per combattere l’ingiustizia che vediamo in quei paesi che provano a riprendersi da crisi climatiche che non hanno creato, nello sforzo di ripagare i debiti internazionali.

E dobbiamo smettere di finanziare progetti “fossili” nel sud del mondo.

Signor Presidente, l’ultimo governo laburista ha introdotto alcune delle leggi più ambiziose al mondo con la legge sui cambiamenti climatici del 2008, grazie agli sforzi del deputato per Doncaster North e di molti altri.

Ricordo il suo eroico lavoro alla Conferenza di Copenaghen nel 2009, quando il Regno Unito ricevette un posto privilegiato nei negoziati poiché avevamo autentica credibilità sulla questione.

Ma da allora siamo rimasti indietro.

I membri conservatori qui di fronte si vantano che il Regno Unito stia riducendo le sue emissioni.

Ma bisogna ammettere che è un processo troppo lento.

Al ritmo attuale, non raggiungeremo emissioni nette zero se non alla fine del secolo. Con più di 50 anni di ritardo.

Ma a quel punto i nostri nipoti staranno combattendo per la sopravvivenza su un pianeta morente.

Ciò che Greta Thunberg mi ha detto quando l’ho incontrata la scorsa settimana è stato semplicemente: “ascolta la scienza”.

L’IPCC ha affermato che “Limitare il riscaldamento globale a 1,5 ° C richiede cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società” e che tale azione è urgente.

La scienza dice che questa è un’emergenza.

Ma un’emergenza non deve essere una catastrofe. Potremmo usarla come un’opportunità per ricostruire la nostra economia in modo che funzioni per molti, non solo per pochi.

Questo non è il momento della disperazione. È il momento di agire.

Possiamo farlo. Il governo può migliorare la vita della nostra gente mentre difende il nostro mondo naturale. Quello che facciamo in questo paese può avere un impatto in tutto il mondo.

Quindi abbracciamo la speranza. I bambini hanno capito e stanno facendo la cosa giusta. Percepiscono la minaccia per il loro futuro. E in effetti è questo che vogliono che sia insegnato.

Siamo contenti di consegnare un pianeta distrutto ai nostri figli? Questa è la domanda che i membri devono porsi oggi.

Abbiamo la possibilità di agire prima che sia troppo tardi. È una possibilità che le generazioni successive non avranno. È nostro dovere storico prenderlo.

Esorto i membri a votare questa mozione.

 

 

FONTE: http://patriaecostituzione.it/

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