di Vittorio Stano (Hannover)
La crisi attuale dell´Unione Europea é ben piú grave delle precedenti difficoltá attraversate dall´Eurozona. Dopo il default della Grecia e l´avvitarsi della crisi economica e politica nel Belpaese, i nostri denigratori ci additano come quelli che, fallito il Berlin consensus potrebbero far saltare il banco.
Le elezioni del 4 marzo us non hanno chiarito il quadro politico. La classe dirigente uscita “vittoriosa” é composta da una maggioranza anomala che ha come leaders politici un neodemocristiano (DiMaio) e un primatista (Salvini). Questo successo é il frutto dell´arroganza divisiva renziana e della corruzione berlusconiana. Il risultato del M5S era scontato. Si é nutrito per 10 anni del fallimento della sinistra. A partire dal 2007, cioé dalla sua fondazione, il PD capeggiato da Veltroni, Franceschini, Bersani ed Epifani virava a destra colorandosi di liberalismo sociale e cristianesimo sociale. A questo punto il partito era pronto ad approdare ad una formazione compiutamente liberista che si sarebbe chiamato Partito della Nazione.
Per questo scacco matto al comunismo e alla socialdemocrazia era stato scelto Renzi, che in due anni ha fatto il lavoro sporco: ha emarginato i sindacati, ha impoverito il welfare, ha abolito l´art.18 dello Statuto dei Lavoratori, ha distribuito a pioggia, in chiave populista, alcuni sussidi destinati piú a procurare consensi che incoraggiare i consumi, ha cercato di modificare la Costituzione, chiamando il popolo a un plebiscito che sancisse il definitivo trionfo del neoliberismo sulla socialdemocrazia. Per fortuna gli italiani gli rifilarono un sonoro schiaffo che avrebbe tramortito chiunque, ma quel mediocre commediante opportunista, foglia di fico delle lobbies neoliberali italiane, continua a tenere in ostaggio il PD.
De Gasperi diceva che la DC era un partito di centro che guardava a sinistra. Renzi ha cercato di fare del PD una forza di centro che guardasse verso destra. Oggi molti esponenti del PD, ma anche di Forza Italia, si indignano del successo del M5S, ma fanno finta di ignorare che ne sono stati di fatto gli artefici. In breve, le 5 Stelle del Movimento erano 5 importanti temi del programma “Italia beni comuni” del mite e competente Bersani: 1. acqua pubblica , 2. ambiente, 3. connettivitá/web, 4. economia dal volto umano al posto dello sviluppo insostenibile e del saccheggio del pianeta, 5. abbandono dei combustibili fossili; trasporti: passaggio dal privato al pubblico. Adesso il M5S puó realizzare questo ambizioso programma. Lo fará? Ne dubito. Nel contratto di governo questi temi iniziali sono fortemente ridimensionati. Oggi il sempre sorridente DiMaio e lo sceriffo Salvini dall´alto della loro ruspa si apprestano a rimuovere le macerie del terremoto politico per realizzare i punti del loro mirabolante contratto.
Hanno vinto i populisti di destra e di sinistra che ignoreranno il quadro delle regole finanziarie europee, raccontano ai loro utenti i media tedeschi. Il quadro politico europeo é simile a quello del 2010 con la Grecia in default. Ma questa volta é il terzo Paese dell´UE che rischia di fallire, con un debito pubblico di 2350 miliardi di euro e 60 milioni di abitanti. Non é la stessa cosa. L`Italia é troppo grande per fallire. Nel vertice di giugno pv i Paesi dell´eurozona dovranno mettersi d´accordo sulle nuove proposte del presidente francese Macron. A causa della situazione italiana gli scettici tedeschi e del nord-est Europa, difficilmente accetteranno di condividere e sanare i suoi debiti. La posizione politica ed economica del governo italiano giallo-verde, potrebbe portare in fibrillazione i partecipanti al summit. Se la casa é in fiamme, come afferma l´ex ministro del governo Tsipras Varoufakis, allora bisognerá avere bravi pompieri per spegnere le fiamme, prima. Poi bisognerá convincere gli incendiari che un compromesso é necessario. Il professor Tria, ministro dell´economia del governo Conte, ha lanciato un messaggio distensivo: <<…Nessuna forza politica in Italia vuole l´uscita dall´euro>>.
Alla fine, si tratterá di vedere se la Germania é ancora disponibile a rilanciare l´unitá europea e se il resto dell´Unione, Italia e Francia in testa, sapranno e vorranno collaborare in tal senso.. Oppure se a Berlino piace tanto l´Europa da volerne almeno due. Ognuna con la propria strategia e moneta.
Il futuro dell`Europa si trova nella molteplicitá e nel federalismo fiscale-solidale. Il motto dell´Unione Europea recita espressamente “Uniti nella diversitá”. Tutti i cittadini europei non traggono gli stessi vantaggi dall´Europa. Ogni cittadino europeo si chiede: quanto mi rende e quanto mi viene a costare l `Europa? Ne analizza poi costi e benefici: quali vantaggi politici ed economici porta l´integrazione e quali costi ne derivano?
La crisi dell ´UE non é disgiunta dalla crisi della moneta unica. L´euro non ha contribuito a rafforzare il processo d´integrazione europeo. Al contrario, ha rappresentato invece una perpetua fonte di tensioni politiche ed economiche. Scarsa flessibilitá, mancanza di solidarietá, insieme ad una politica arrogante e miope, isolano Berlino dall´Europa. Ne offuscano il Berlin consensus e mettono a rischio l´UE. Nell´UE é cresciuto il disagio nei confronti delle posizioni tedesche. Sia la societá che la politica tedesca non mostrano piú alcuna comprensione per le diverse prioritá espresse dagli altri paesi. Alcuni segmenti dell´opinione pubblica tedesca guardano dall´alto in basso gli altri europei tacciandoli di egoismo e piccineria.
Stupisce il fatto che societá e classe politica non trovino strano come quasi tutti i partner europei abbiano una visione diversa delle politiche migratorie. Gli ex ministri del governo Schröder, Otto Schily e Oskar Fischer hanno ultimamente criticato la scarsa solidarietá della politica europea del governo della GroKo 1 e 2. Fischer ha tra l´altro criticato l´attivo monstre della Germania (750 miliardi di €). Secondo l´ex ministro degli esteri la Germania deve investire massicciamente nell´Europa. Una politica da ragionieri, amministrando i risparmi, i conti in banca dei cittadini non aiuterá l´UE. Bisogna investire in tutte le branches, soprattutto in politica. La Germania ha i suoi interessi da difendere e firmare un assegno in bianco non avrebbe senso, ma continuare a dire “…questi (le cicale del sud Europa) vogliono solo i nostri soldi!” significa bloccarsi, chiudersi. La stessa cosa é stata detta a Macron come risposta alla sua idea di riformare l´UE. Questo e´stato l´ennesimo errore della Merkel perché la collaborazione Germania-Francia, paga.
I media tedeschi accusano gli italiani di essere scrocconi e colpevoli di non rispettare in parametri economici europei. Ma sono stati davvero gli italiani a violare le regole della moneta unica, oppure i primi a farlo sono stati proprio i fustigatori tedeschi i quali tentano di camuffare interessi nazionali e ambizioni egemoniche dietro un arrogante moralismo?
Facciamo un passo indietro nel tempo… Nel 1999 la Germania era ancora il grande malato d´Europa a causa del salasso di capitali riversati nell´annessione della DDR. In tre lustri si é affermata come locomotiva del continente e detiene un´egemonia economica che non si traduce (o non vuole tradursi) in egemonia politica. Come é stato possibile?
Dopo il 1989 gli artefici dell´attuale assetto comunitario decisero di dare una moneta comune agli Stati aderenti alla CEE. Questa avrebbe reso indispensabile, secondo loro, un governo europeo necessario a gestirla. Pena un rovinoso fallimento. Secondo noti politici liberaldemocratici, alcuni anche italiani (Prodi, ad es.), bisognava partire dalla moneta , altrimenti i litigiosi governi europei non avrebbero fatto nulla. Il governo politico sarebbe venuto dopo. Le giustificazioni tecniche oggi non convincono e non persuadevano nemmeno allora. L`Italia é un paese manifatturiero, come la Germania. La lira svalutata consentiva la competitivitá dei prodotti italiani sui mercati. La concorrenza, allora, era vantaggiosa per l´Italia. Per togliere questo vantaggio all´Italia la Germania la volle nell´Euro. Sembrava una promozione, invece era una trappola!
Con l´euro l´Italia sarebbe stata costretta a rispettare i parametri di Maastricht. In caso di crisi economica non avrebbe potuto svalutare la moneta comune per favorire la competitivitá del made in Italy. Da allora l´arcigno ministro delle finanze Schäuble si erse a intransigente difensore delle finanze del suo Paese, bacchettando le cicale che frinivano sulle sponde del Mediterraneo e non rispettavano i parametri pattuiti. Pretese, e dall´Italia lo ottenne, di far ancorare il pareggio di bilancio nelle Costituzioni dei paesi membri. Impose il fiscal compact. È rimasto nella sua torre d´avorio fino alla fine del 2017. In questo lungo periodo, il contabile-asceta e la principessa sul barile (Merkel) hanno assicurato al loro Paese un vantaggio commerciale su tutti i membri dell´UE e la palma di campioni mondiali di export. La Germania ha accumulato dal 2000 ad oggi un surplus di 2500 miliardi di euro. Viceversa in Italia, dal 2007 la crisi economica e l´impossibilitá di svalutazione competitiva con l´euro non inflazionabile, ha portato al fallimento oltre 250mila imprese e il Belpaese ha perso 25 punti di PIL. L`Italia stremata sembra ripiombata agli anni ´50 del XX secolo.
Nel periodo di incubazione di questo processo, cioé dal 1992 al 1999, si assistette allo schiacciamento dei tassi d´interesse dell´Eurozona su quelli tedeschi. I paesi con le economie forti (Germania, Francia, Gran Bretagna) si eressero a difensori dei conti pubblici dando severi giudizi etici sulle economie periferiche: Italia, Spagna, Portogallo,Irlanda, Grecia. Questi furono chiamati PIGS. Ma l´indebitamento delle cicale fu assecondato dalle banche tedesche e francesi a caccia di nuovi mercati in un panorama di rendimenti bassi. L´ultimo tassello del mosaico fu l´effetto prodotto dall´euro sulle ragioni di scambio. Nelle economie meno competitive come quella italiana, l´euro non piú inflazionabile implicó nel tempo una sensibile rivalutazione del cambio reale. L´epoca delle svalutazioni competitive era terminata. Questo causó per l´Italia (e per gli altri PIGS) un aumento delle importazioni e una crescente difficoltá ad esportare. Dal 1999 tutta l´Eurozona andó in deficit commerciale, a eccezione della Germania, che cosí passava da grande malato a locomotiva d´Europa. Per certi versi la dinamica intra-europea nei tre lustri dell´euro é stata simile a quella tra America e Cina prima della crisi. Pechino finanziava l´import statunitense di merci cinesi usando gli attivi commerciali per prestare soldi a Washington, tramite l´acquisto di bond.
La finanza renana ha fatto lo stesso con gli acquirenti europei, ai quali peró – dettaglio cruciale – era adesso precluso stampare soldi per pagare le importazioni. Se avessero potuto farlo, avrebbero recuperato competitivitá. Le merci italiane costavano meno al compratore straniero che cambiava i suoi soldi per pagare prezzi espressi in lire svalutate. Perché i mercati non reagirono immediatamente al deterioramento della posizione fiscale e commerciale nella periferia? Perché non innalzarono il famigerato spread? Non presero alla lettera gli articoli 123 e 125 del Trattato di Maastricht. La clausola di non salvataggio statuisce la responsabilitá di ogni Stato membro per la propria condotta fiscale e finanziaria. In altri termini: i mercati ritennero che in caso di bancarotta sovrana di un paese dell´euro, la Germania avrebbe superato la sua storica avversione alla Transferunion, l´unione dei trasferimenti per cui un territorio (Stato membro) piú ricco ne finanzia uno piú povero in ossequio a una solidarietá fiscale tipica degli assetti federali. Quello sarebbe stato il momento in cui l´unione monetaria avrebbe compiuto un passo decisivo verso l´unione politica. Quando peró, nella notte dell´euro, parlamento e governo tedeschi hanno teso la mano ad Atene, l´hanno fatto per il bene della “casalinga sveva”, nota in Germania per buon senso e frugalitá ,…una raffigurazione plastica della cancelliera!, cioé un occhio alla patria tedesca e l´altro ai sondaggi che le garantivano la rielezione. Ma gli italiani, a parti invertite, cosa avrebbero fatto? Forse lo stesso.
Dal 2000 la strategia di Lisbona stenta a materializzarsi. L´economia della conoscenza piú competitiva e dinamica é americana e il mercato unico europeo é un importatore netto di servizi digitali. La politica della BCE, solo organismo comunitario titolato ad agire in nome e per conto dell´euro é troppo accomodante per paesi in surplus di bilancio come la Germania, troppo restrittiva per gli altri. L`Italia sperimenta da anni la cosiddetta svalutazione interna: non potendo indebolire la moneta, cerca di imitare il modello tedesco su spesa pubblica, fisco e ristrutturazione del mercato del lavoro. Governi di centrodestra e centrosinistra hanno tagliato salari e posti di lavoro. Il risultato é stato una crescita bassa o nulla e un´alta disoccupazione strutturale che dietro i numeri cela una realtá umana fatta di rassegnazione ed emigrazione. L`Euro intanto, resta e resterá una moneta incompiuta. Il suo coronamento richiederebbe , in ultima analisi, che il nord finanziasse il sud a fondo perduto. È lecito dubitare che questo avverrá!
Infatti il governo GroKo2 da poco insediatosi protende per una prosecuzione dell´agenda politica cara all´eminenza grigia del governo GroKo1, Schäuble. Il contratto di coalizione non prevede riforme sociali importanti. Solo il ministero della difesa vede raddoppiato il suo budget: 70 miliardi di € , gli altri dovranno accontentarsi di provvedimenti finanziari a pioggia che non rispettano minimamente le aspettative. La GroKo2 é quasi al capolinea.
Una tassa patrimoniale é stata categoricamente esclusa dalla Merkel, anche se la relazione del 2017 sullo stato dei paesi dell´Unione Europea attesta che in Germania dal 2008 al 2014 é cresciuta la povertá. I governi di grande coalizione che una volta affrontavano e risolvevano grandi problemi, oggi li lasciano come li trovano.
Al summit europeo di giugno bisognerá avere mente fredda e nervi saldi e in questo i tedeschi sono maestri. Dopo una settimana di accuse volgari contro il popolo italiano da parte di alcuni politici e giornalisti, iniziano a farsi sentire quelli che chiedono alla classe politica tedesca di affrontare con coraggio la sfida italiana. Questi hanno capito che in Italia si sta formando una tempesta il cui potenziale di distruzione puó essere enorme. La Germania e l´Europa non sono separate. Politici e giornalisti tedeschi dovrebbero spiegare ai loro concittadini perché l´Italia negli ultimi anni ha rigorosamente rispettato le norme sul deficit e questi sacrifici disumani non hanno portato benefici a nessuno. Anzi, il debito pubblico é aumentato. E´ evidente che é necessaria una riforma dell´Eurozona, fatta rapidamente e con forte volontá politica. Se a Bruxelles non saranno in grado di cercare le giuste soluzioni per paura del populismo, allora il collasso dell´euro sará inevitabile.
Dai tempi di Adenauer tutti i cancellieri federali hanno raggiunto compromessi, anche all´ultimo momento, mettendo soldi sul tavolo della trattativa. La Germania deve trasformare il suo potere economico in potere politico, nell’interesse dell´Europa e in collaborazione con la Francia che in questa trattativa dovrebbe avere un ruolo centrale. Se l´Europa nella rifondazione dell´ordine mondiale non fa sentire la sua voce, anche sul piano tecnologico, si autoemarginerá piú di adesso e sará la sua fine.
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