di Maurizio Brotini
E’ opinione diffusa che la pandemia da coronavirus avrà ripercussioni significative sugli scenari economici mondiali.
Accelererà tendenze già in atto come l’accorciamento delle filiere produttive mondiali, metterà in profonda discussione il settore del consumo cultural-turistico come volano dell’accumulazione capitalistica, rimetterà al centro il ruolo dello Stato come prestatore e datore di lavoro di ultima istanza.
La Toscana vede abbattersi la pandemia su un tessuto economico-sociale già fragile, dove il peso della rendita e del turismo dissennato mordevano già il settore industriale e manifatturiero.
Una economia, e più ancora una società, basata sul turismo che riduce le città a grandi parchi giochi senza residenti mostra il suo volto spettrale in questi giorni. In molti luoghi della Toscana il silenzio irreale che l’avvolge è dovuto non alle persone che stanno in casa, ma ai residenti che non vivono più le città. Dietro porte e finestre non c’è nessuno.
Una economia basata su rendita immobiliare e turismo è una economia diseguale e fragile.
Una ulteriore fragilità è un settore manifatturiero basato soprattutto sulle esportazione e non sul mercato interno: spesso su beni di lusso e non su quelli essenziali e durevoli.
E c’è di più: il nostro tessuto produttivo è fatto di distretti e di grandi multinazionali straniere. Questo ci rende ancor più esposti a scelte che vengono compiute fuori di noi, che a fronte dell’accorciamento spaziale delle filiere produttive potrebbe vedere una accelerazione derivante dalla dinamica già in atto moltiplicata dalla pandemia.
Non ne usciremo positivamente senza un rinnovato ruolo dello Stato e del sistema delle autonomie locali nell’economia.
Non ne usciremo se non presteremo maggiore attenzione al degrado della qualità ambientale: tutti i rapporti Arpat degli ultimi anni ci dicono che anche in Toscana gli sforamenti dei valori degli inquinanti in aria, acqua e terreno sono entro i limiti di legge, ma assolutamente al di fuori di tutte le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La lotta alla rendita immobiliare (che incrocia quella finanziaria) è la battaglia politica decisiva, per il Paese e per la Toscana.
Il sistema infrastrutturale e della mobilità di persone e merci deve avere come priorità l’incentivo agli spostamenti per lavoro e studio collettivi e su ferro e non per accogliere torme di turisti, che comunque non torneranno.
Così come è necessario reimpiantare un settore industriale e manifatturiero autoctono, che non sia il pulviscolo delle microaziende. Piccolo (piccolissimo) non è bello, e probabilmente non molto rimarrà alla ripartenza, determinando anche possibili processi di crescita selettiva della dimensione d’impresa. Troppo spesso e troppo a lungo la Regione ha fatto la scelta di privilegiare le eccellenze esportatrici: è arrivato il momento di investire politicamente sullo stimolo e crescita di medie aziende legate ai beni per il mercato interno. La crescita della dimensione d’impresa, assieme ad un consolidamento delle realtà distrettuali più dinamiche, dovrebbe essere l’obbiettivo.
Ma c’è bisogno dello Stato imprenditore. Ma non solo dello Stato: Regione e sistema delle autonomie locale debbono svolgere un ruolo decisivo. Il dualismo Ente Regione e Comuni non è più uno stimolo ed una ricchezza, ma corre il rischio di accelerare il processo di marginalizzazione della nostra dimensione regionale. Regione e Comuni: questa è la nuova fase.
Anche sul piano della politica partitica le grandi scelte di fondo debbono prevedere la ricerca di un perimetro di condivisione dell’attuale maggioranza che regge e auspicabilmente reggerà la Toscana: abbiamo di fronte scelte che dovranno durare nel tempo, ben oltre le maggioranze che le hanno promosse.
Bisogna allargare il perimetro pubblico: vuol dire assumere a tempo pieno e indeterminato in sanità, cura della persona, scuola, università, ricerca, manutenzione del territorio.
Bisogna investire nella cura del territorio, nella prevenzione ed in una agricoltura di qualità ecologica e sociale. Occorre costruire e rilanciare filiere corte, cortissime.
Bisogna riorientare le produzioni su beni essenziali e per il mercato interno, bisogna ampliare il mercato interno aumentando qualità dell’occupazione, salari e pensioni.
La Regione e il sistema dei Comuni hanno ancora una leva straordinaria da poter utilizzare in funzione anticiclica e programmatoria: il sistema dei servizi pubblici locale. Ripubblicizzare il servizio idrico integrato non è solo un intervento necessario in una ottica di bene comune ma una straordinaria leva economica; far sì che il ciclo integrato dei rifiuti, declinato in una dimensione di economia circolare, torni pienamente dentro un forte indirizzo della politica e del pubblico non è solo una scelta che tiene assieme qualità dello sviluppo e qualità dell’ambiente, ma uno straordinario volano di innovazione (per la costruzione dell’impiantistica intermedia necessaria e per l’individuazione di processi per la degradazione biochimica dei rifiuti residui in modo da renderli riutilizzabili). Un polo industriale avanzato connesso con le Università toscane dove la ricerca di base potrebbe svolgere una funzione decisiva. E gli stessi settori del gas e dell’elettricità, vista anche la storica e significativa realtà della geotermia, non potrebbero essere ricondotti ad una dimensione di controllo e di indirizzo pubblico costituendo una realtà che abbia come missione la riduzione e riqualificazione energetica, lo sviluppo delle energie alternative, e una decarbonizzazione gestita da un soggetto industriale ma a prevalenza pubblica dal perimetro regionale?
Bisogna restituire risorse e capacità di spesa al sistema delle Autonomie, per erogare servizi e prestazioni pubbliche più universalistiche e di qualità ma anche per poter loro permettere di entrare nel capitale di soggetti privati in modo da orientarne le produzioni.
Bisogna utilizzare tutte le possibilità offerte dalla modulazione di tasse e tributi locali in modo da colpire le rendite e renderle il più possibile progressive.
La sfida di una nuova Iri, per una Regione come la Toscana che non si è mai veramente ripresa dalla svendita e dismissione del sistema industriale delle partecipazioni statali, è una sfida decisiva.
Occorre dotarsi di una vera e propria Agenzia regionale per lo sviluppo che agisca non solo attraverso un sostegno di tipo finanziario ma che raggruppando le partecipazioni che ancora Regione e Comuni detengono in vari settori – non ultimo quello delle infrastrutture e della logistica – come vero e proprio soggetto imprenditoriale.
Una sfida decisiva, necessaria, affascinante.
Maurizio Brotini, Segretario CGIL Toscana
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