di Massimo Demontis (Berlino)
40 anni dopo l’apertura della prima filiale chiude Schlecker, la più grande catena europea di drogherie. Sì è spento così drammaticamente per i 13.200 dipendenti tedeschi che perderanno il lavoro l’ultimo barlume di speranza durato quattro mesi. A gennaio, poco dopo aver dichiarato fallimento e aver licenziato oltre 10.000 dipendenti, il curatore fallimentare Arndt Geiwitz si era detto ottimista sul futuro dell’azienda e si era subito mosso per trovare investitori interessati a rilevare il gigante dei drugstore.
Ieri è invece arrivata la doccia fredda per le lavoratrici, i consigli di fabbrica e il sindacato Ver.di. Geiwitz ha reso noto che nessun investitore era disposto ad acquistare e modernizzare le filiali perché troppo grande il rischio di perdere milioni di euro. Troppi gli errori del passato, ha detto Geiwitz, e impossibile porvi rimedio in pochi mesi.
Le 2800 filiali ancora aperte saranno chiuse, le consociate Ihr Platz e Schlecker XXL –secondo indiscrezioni non del tutto confermate, Geiwitz parla di “chance”– dovrebbero proseguire l’attività di vendita mentre le controllate in sedi estere saranno vendute. Prima di dichiarare insolvenza, Schlecker dava lavoro a circa 25.000 dipendenti in Germania e ad altri 17.000 in Spagna, Portogallo, Austria, Repubblica Ceca, Italia (230 filiali), Francia, Polonia e Ungheria.
“Questa è una catastrpfe umana e sociale per le quasi 15.000 donne e per le loro famiglie” ha dichiarato Christel Hoffmann, presidente dei consigli di fabbrica aziendali. Frank Bsirske, segretario generale del sindacato Ver.di, individua nel FPD e nel suo presidente Philipp Röesler i principali responsabili del fallito salvataggio di Schlecker. Bsirske punta il dito contro l’FDP perché i liberali si erano opposti alla creazione e al finanziamento statale di una Transfergesellschaft, più o meno una società di ricollocazione, presso la quale le lavoratrici sarebbero state appunto temporaneamente (in genere un anno) “ricollocate” ricevendo uno stipendio mensile dell’80 per cento circa e avendo la possibilità di riqualificarsi professionalemente.
Anche Nils Schmid, socialdemocratico, ministro dell’Economia del Baden-Württemberg va giù duro con Röesler e l’FDP. “L’azienda fallisce per il cattivo management e gli errori di Anton Schlecker,ma la colpa del mancato salvataggio è di Rösler e del suo FDP“ ha detto Schmid.
Rösler dal canto suo fa sapere che “non è compito dello stato salvare aziende” e il suo compagno di partito e capogruppo in parlamento Rainer Brüderle, in un’intervista al quotidiano di Berlino “Tagesspiegel”, accusa a sua volta il sindacato responsabile “con i suoi continui richiami agli acquirenti ad astenersi dall’acquistare da Schlecker, di aver concorso a indebolire la posizione di mercato dell’azienda nei confronti della concorrenza”.
Fondata da Anton Schlecker circa 4o anni fa, la catena di drogherie era in crisi da anni. Il suo padre padrone ha cercato fino all’ultimo di mantenerne il controllo, sia personalmente sia tramite i figli, ma questo ha finito con lo scoraggiare gli investitori. Negli anni Schlecker non si era reso conto che mentre la concorrenza modernizzava e ingrandiva le filiali, la sua azienda era diventata improduttiva e poco attraente per il pubblico.
Anton Schlecker era salito agli onori della cronaca non solo per aver creato un impero, ma anche per i suoi tentativi di bloccare in tutti i modi le elezioni dei consigli di fabbrica nelle filiali, per i tentativi di bloccare la penetrazione del sindacato in azienda e la sindacalizzazione dei suoi dipendenti, da cui nacque un duro scontro con il sindacato Ver.di schieratosi a difesa dei dipendenti spesso sottopagati e sottoposti a vessazioni di vario tipo.













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