Questa iniziativa che raccoglie 83 multi-milionari (in euro o dollari) da diversi paesi del mondo, è datata ad alcuni mesi fa; stranamente, non vi è stata una particolare risonanza nell’opinione pubblica mondiale e nazionale su una posizione che qualche risonanza avrebbe dovuto averla, in tempi come questi. Il filtro mediatico mainstream diretto da altri, più potenti milionari che la pensano diversamente, è stato poderoso. Tale da bloccare un pericoloso vaccino che rischiava di fare una breccia sistemica.
Eppure la proposta c’è ed è attiva. Sarebbe utile diffonderla e farla circolare così da non sentirsi orfani qualora si sostenga la necessità di una patrimoniale sulle grandi ricchezze nazionali e internazionali. D’altra parte, se non si è in grado di costruire alleanze con pezzi di mondo che mantengono una certa dignità e alcuni valori condivisibili, resta solo di cadere definitivamente nel braciere approntato da coloro che di dignità e valori se ne fottono.
Un ultimo inciso: ammesso (e niente affatto concesso) che questa tassazione “immediata, sostanziale e permanente” venga introdotta trasferendo al pubblico le risorse necessarie alla salvaguardia dell’umanità, è indispensabile evitare che al governo degli stati si reinsedino quelli dell’altra sponda. Altrimenti, la partita di giro assomiglierebbe all’incommensurabile Pacco, doppio pacco e contropaccotto di Nanni Loi. Dunque bisognerebbe prepararsi per bene.
Per quanto riguarda l’ascendenza nazionale dei firmatari, vale anche la pena notare, con inquietudine e a conferma che disponiamo della borghesia più accattona d’Europa, come non vi figuri alcun figuro multimilionario del Bel Paese.
Mentre il Covid-19 colpisce il mondo, i milionari come noi hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella guarigione del nostro mondo. No, non siamo quelli che si prendono cura dei malati nei reparti di terapia intensiva. Non guidiamo le ambulanze che porteranno i malati negli ospedali. Non stiamo rifornendo gli scaffali dei negozi di alimentari o consegnando cibo porta a porta. Ma abbiamo soldi, molti. Denaro di cui c’è un disperato bisogno ora e che continuerà ad esserlo negli anni a venire, mentre il nostro mondo si riprende da questa crisi.
Oggi noi sottoscritti milionari chiediamo ai nostri governi di aumentare le tasse su persone come noi. Subito. Sostanzialmente. Permanentemente.
L’impatto di questa crisi durerà per decenni. Potrebbe spingere mezzo miliardo di persone in più nella povertà. Centinaia di milioni di persone perderanno il lavoro con la chiusura delle aziende, alcune in modo permanente. Ci sono già quasi un miliardo di bambini che non vanno a scuola, molti dei quali non hanno accesso alle risorse di cui hanno bisogno per continuare il loro apprendimento.
E, naturalmente, l’assenza di letti ospedalieri, maschere protettive e ventilatori è un doloroso e quotidiano promemoria dell’inadeguato investimento fatto nei sistemi sanitari pubblici in tutto il mondo. I problemi causati e rivelati dal Covid-19 non possono essere risolti con la carità, per quanto generosi. I leader di governo devono assumersi la responsabilità di raccogliere i fondi di cui abbiamo bisogno e di spenderli in modo equo. Possiamo assicurarci di finanziare adeguatamente i nostri sistemi sanitari, scuole e sicurezza attraverso un aumento permanente delle tasse sulle persone più ricche del pianeta, persone come noi.
Abbiamo un enorme debito con le persone che lavorano in prima linea in questa battaglia globale. La maggior parte dei lavoratori essenziali sono gravemente sottopagati per il peso che portano. All’avanguardia in questa lotta ci sono i nostri operatori sanitari, il 70% dei quali sono donne. Affrontano il virus mortale ogni giorno al lavoro, mentre si assumono la maggior parte della responsabilità per il lavoro non retribuito a casa. I rischi che queste persone coraggiose abbracciano volentieri ogni giorno per prendersi cura del resto di noi ci impongono di stabilire un nuovo, reale impegno reciproco e verso ciò che conta davvero.
La nostra interconnessione non è mai stata così chiara. Dobbiamo riequilibrare il nostro mondo prima che sia troppo tardi. Non ci sarà un’altra possibilità per farlo bene. A differenza di decine di milioni di persone in tutto il mondo, non dobbiamo preoccuparci di perdere il nostro lavoro, la nostra casa o la nostra capacità di sostenere le nostre famiglie. Non stiamo combattendo in prima linea in questa emergenza e abbiamo molte meno probabilità di essere le sue vittime. Quindi per favore. Tassaci. Tassaci. Tassaci. È la scelta giusta. È l’unica scelta. L’umanità è più importante dei nostri soldi.
As Covid-19 strikes the world, millionaires like us have a critical role to play in healing our world. No, we are not the ones caring for the sick in intensive care wards. We are not driving the ambulances that will bring the ill to hospitals. We are not restocking grocery store shelves or delivering food door to door. But we do have money, lots of it. Money that is desperately needed now and will continue to be needed in the years ahead, as our world recovers from this crisis.
Today, we, the undersigned millionaires, ask our governments to raise taxes on people like us. Immediately. Substantially. Permanently.
The impact of this crisis will last for decades. It could push half a billion more people into poverty. Hundreds of millions of people will lose their jobs as businesses close, some permanently. Already, there are nearly a billion children out of school, many with no access to the resources they need to continue their learning. And of course the absence of hospital beds, protective masks, and ventilators is a painful, daily reminder of the inadequate investment made in public health systems across the world.
The problems caused by, and revealed by, Covid-19 can’t be solved with charity, no matter how generous. Government leaders must take the responsibility for raising the funds we need and spending them fairly. We can ensure we adequately fund our health systems, schools, and security through a permanent tax increase on the wealthiest people on the planet, people like us.
We owe a huge debt to the people working on the frontlines of this global battle. Most essential workers are grossly underpaid for the burden they carry. At the vanguard of this fight are our health care workers, 70 percent of whom are women. They confront the deadly virus each day at work, while bearing the majority of responsibility for unpaid work at home. The risks these brave people willingly embrace every day in order to care for the rest of us requires us to establish a new, real commitment to each other and to what really matters.
Our interconnectedness has never been more clear. We must rebalance our world before it is too late. There will not be another chance to get this right.
Unlike tens of millions of people around the world, we do not have to worry about losing our jobs, our homes, or our ability to support our families. We are not fighting on the frontlines of this emergency and we are much less likely to be its victims.
So please. Tax us. Tax us. Tax us. It is the right choice. It is the only choice.
Dario Nardella, al momento sindaco di Firenze, ha querelato Tomaso Montanari chiedendo 165.000 euro di danni per aver detto quello che ogni persona, libera intellettualmente e attenta al bene comune e non al profitto di pochi, ha compreso ormai da anni: «Firenze è una città in svendita, è una città all’incanto, una città che se la piglia chi offre di più: e gli amministratori di Firenze sono al servizio di questi capitali stranieri che prendono la città e la smembrano».
Su questo tema anche La Città invisibile ha scritto più volte, si legga ad esempio l’inchiesta A chi fa gola Firenze di Antonio Fiorentino o Svendi Italia di Report in cui trovate anche le dichiarazioni incriminate di Montanari. Oggi non entriamo nel merito della questione, già trattata da molti e, significativamente, da una rete di gruppi e movimenti fiorentini esclusi dal dibattito mainstream sulle condizioni a cui è stata costretta la città dall’attuale classe dirigente politica e imprenditoriale. Ci interessa invece capire il meccanismo che ha mosso il sindaco a chiedere danni in sede civile e non penale. Vogliamo comprendere perché Nardella e i suoi assessori Giachi, Bettini Del Re, Funaro, Gianassi, Giorgetti, Guccione, Martini, Sacchi, Vannucci chiedono complessivamente 165.000 euro e non si affidino invece, sempre che sussista, al reato di diffamazione che prevede una multa tra i 258 e i 2.582 euro.
La risposta che ci siamo dati è tra le peggiori che si possano avere in una democrazia che riconosce in Costituzione sia il diritto di libera manifestazione del pensiero che il diritto di cronaca e di critica. Diritti che ricordiamo sono stati introdotti in funzione antifascista.
Si tratta evidentemente, nel caso di Nardella & Co. contro Montanari, di una querela temeraria, atta a intimidire chi si permette di avere ed esprimere concetti, idee, opinioni che avversano la narrazione imposta dal dominante sulle politiche che produce. Una narrazione troppo spesso dopata, è bene ricordarlo, da fondi, contributi, format, “invenzioni” e pubblicità di emanazione pubblica che vanno a colmare i vuoti dei bilanci di molte delle imprese editoriali locali in piena crisi economica e di identità.
La querela temeraria in genere è avulsa dal merito legale della vicenda, ma ha la capacità di colpire la vittima spremendo tempo, denaro, energie. È sopratutto il tentativo di zittirla, di inibire quel conflitto che sta alla base di ogni dialettica virtuosa quando al centro del dibattito c’è la cosa pubblica. Gli inglesi chiamano questo fenomeno chilling effect (effetto raggelamento) e produce nel malcapitato, soprattutto se debole economicamente, una sorta di autocensura.
La querela temeraria colpisce le persone che esercitano il cosiddetto Quarto potere, siano essi giornalisti, intellettuali, donne e uomini che in piena libertà chiedono conto al potere delle sue azioni. Intimidire questi soggetti vuol dire minacciare lo stato di diritto e l’accesso ad un’informazione libera. Spesso chi ne è colpito, non è il caso di Tomaso Montanari, decide di stare zitto, di aspettare in silenzio che si calmino le acque, perché non ha risorse di alcun tipo per affrontare una causa costosa e impegnativa. Ed è spesso abbandonato dal proprio editore.
Il problema è noto da tempo. Ci sono migliaia di querele temerarie attive in tutta Europa e non solo. È naturale aspettarsi pertanto che chi si affida a questo tipo di azione venga fermato perché rappresenta un virus letale per la democrazia: se la normale circolazione delle notizie viene ostacolata è evidente che il paese è destinato a diventare meno libero. Non è un caso, infatti, che in Parlamento sia in discussione una legge che introduca un’ipotesi di responsabilità aggravata civile per chi, in malafede o colpa grave, attivi un giudizio di richiesta danni. Se approvata questa legge – chissà perché però il dibattito è in stallo, a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina – avrà il merito di tutelare i giornalisti e chi, come loro, rappresenta il nostro “cane da guardia” contro gli abusi del potere.
Comprendiamo come Nardella non sia abituato ad avere a che fare con il giornalismo di inchiesta ma solo con quello di complemento, nella sua accezione militare di accompagnamento. In questa vicenda gli riconosciamo comunque un merito: ha palesato a tutti lo spessore umano e politico alla base del suo agire pubblico; ha mostrato la sua fragilità e la debolezza di politiche che per sorreggersi hanno bisogno di un consenso totale e totalizzante; ha reso evidente che nessuna opinione libera e indipendente può essere tollerata. Di questa epifania lo ringraziamo.
Quando gli ambientalisti erano pionieri. Una storia italiana da conoscere
Michele Boato, Arcipelago Verde.Dal ‘68 all’ecologia… il passo è breve, Gaia edizioni 2020, 10 euro, pag. 250
di Marinella Correggia
Un’epopea. Vista da questo distopico 2020, la storia delle lotte ambientali e antimilitariste in Italia nei due cruciali decenni 1970 e 1980 suscita stupore: tutta quella roba riuscirono a fare, i pionieri! E senza nemmeno Internet. O magari un po’ anche per quello: erano costretti alla realtà.
I quasi cento episodi che Michele Boato racconta con precisione ma con passo da romanzo sono visti da dentro, da chi ne è stato partecipe o anche iniziatore, L’antimilitarismo nonviolento. I Proletari in divisa, sentinelle anti-golpe. L’ostinata opposizione alle fabbriche velenifere. Le proposte di riconversione produttiva. Il vittorioso movimento antinucleare. I comitati anti-infortunistici con gli operai. L’opposizione alle basi militari. La scienza e la medicina contro gli inferni chimici. La Valle Bormida. Seveso. La nascita delle università verdi e delle eco-riviste. L’incontro-scontro a livello locale con alleanze inedite. Gli scioperi studenteschi e il volontariato ambientale. La costruzione del movimento dei consumatori. Le marce infinite. I ricorsi legali. La tutela attiva dei parchi. Il biologico, i rifiuti zero, le tecnologie appropriate. Naturalmente la bicicletta in tutte le sue declinazioni, personali e politiche. E poi…il dissenso cattolico contro la “chiesa del miliardo”, le vicende dei gruppi di sinistra. Le vittorie di quel tempo, locali o nazionali, spesso hanno lasciato il segno, chiudendo per sempre pagine nere.
Su tutto svettavano due stelle polari, come le chiama l’autore: Giorgio Nebbia, lo scienziato delle merci, e Laura Conti, medico. Entrambi generosissimi del loro tempo e del loro sapere. Come tanti altri, debitamente citati.
Strategie, tattiche, obiettivi e alleati. Molto da imparare. Viene da dire che se i pionieri fossero stati ascoltati di più, se le utopie concrete che andavano sviluppando in parallelo alle lotte si fossero moltiplicate, forse l’Italia e – per contaminazione l’Occidente – sarebbero oggi meno responsabili di una crisi climatica mondiale che troppo tardi si pretende di affrontare con mega-piani verdi, mentre già, ci avverte Greenpeace, per l’Africa il fenomeno è irreversibile e non per colpa sua.
Arcipelago verde prosegue il racconto del cammino nell’ambientalismo italiano che Michele Boato ha avviato con il libro La lotta continua (dal secondo dopoguerra, passando per il dissenso cattolico, il ’68 studentesco e il ’69 operaio, fino alle Tre giornate di Marghera nel 1970). Le Liste verdi nate alla metà degli anni 1980 saranno le protagoniste del terzo libro (2021) di questa ricostruzione storica dell’ambientalismo italiano.
Riteniamo utile allegare l’indice, per dare l’idea dell’ampiezza dell’opera.
Firma la petizione popolare per un nuovo modello fiscale a vantaggio di una sanità pubblica, territoriale ed efficiente
Il coordinamento del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati sostiene la proposta di introduzione di un’imposta progressiva sulle ricchezze finanziarie che esenti i soggetti meno facoltosi e le classi sociali subalterne per far fronte all’emergenza pandemica.
Un’imposta a nostro avviso da introdurre strutturalmente nel sistema fiscale nazionale al fine di compensare i tagli apportati al servizio sanitario e di implementare un’opera di ricostruzione della medicina territoriale, riavvicinando i servizi alla popolazione, invertendo la tendenza alla chiusura di numerosi piccoli e medi ospedali, soprattutto delle aree marginali, e riattivando i numerosi Distretti socio-sanitari finiti sotto la scure dei tagli indotti dalle politiche neoliberiste e di austerità fiscale.
Gravoso problema che non riguarda solo il Mezzogiorno d’Italia, dove i Sistemi sanitari risultano più fragili ma anche il modello della sanità toscana, considerato uno dei più efficienti a livello nazionale, per il minor spazio riservato alla sanità privata convenzionata, peraltro in continua espansione anche questa regione. Citiamo come esempio di ridimensionamento della medicina territoriale che ha comportato non indifferenti disagi, soprattutto agli anziani, il comune di San Giuliano Terme, localizzato alle porte di Pisa, ove, a partire dal nuovo millennio, i suoi 32.000 abitanti (terzo comune più popoloso a livello provinciale), hanno visto loro malgrado chiudere ben 2 dei 3 Distretti Sanitari operanti e subire ridimensionamenti delle prestazioni mediche nell’unico rimasto attivo nel capoluogo termale.
Invitiamo a firmare la petizione popolare e a diffonderla per invertire la tendenza alla destrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale e al contempo sostenere l’abolizione del finanziamento di quella privata convenzionata che consente di realizzare facili profitti a spese della collettività e di stornare parte delle scarse residue risorse dal pubblico verso il privato.
Per approfondimento sullo stato della Sanità italiana consigliamo l’indagine effettuata da un gruppo di lavoro promosso dal Giga:
Il Coordinamento del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati
Una proposta per l’emergenza Covid (ma non solo per la pandemia)
Petizione al parlamento. Chiediamo di introdurre un’imposta sulla ricchezza finanziaria, con esenzione delle famiglie meno abbienti. Ricchezza finanziaria, quindi non sulle case. Il coordinamento del Gruppo Ins
Sul sito www.paperoniale.it gestito dal Centro Studi Argo di Torino, si raccolgono le firme per una petizione (non un appello) che chiede al Parlamento di introdurre un’imposta sulla ricchezza finanziaria, con esenzione delle famiglie meno abbienti. Ricchezza finanziaria, quindi non sulle case. Il testo è il seguente:
«Noi cittadini italiani chiediamo, in ottemperanza all’art. 50 della Costituzione che sancisce il diritto dei cittadini di rivolgersi direttamente al Parlamento, che:
“1. Il Parlamento impegni il governo a introdurre un contributo di solidarietà sulla ricchezza finanziaria (quindi con esclusione delle case e degli altri beni immobili), con aliquote progressive (comunque non superiori all’1%) e una quota esente;
2. Nella norma in materia venga espressamente stabilito che i proventi di questo contributo devono essere interamente investiti nel miglioramento dei servizi per i cittadini, in particolare a vantaggio delle persone maggiormente in difficoltà, e per creare lavoro per i giovani disoccupati. Entro questo ambito la ripartizione dei fondi dovrà essere oggetto di una rigorosa valutazione tecnica.
3. Riteniamo che decidere quali aliquote applicare, e quindi quali somme ottenere, debba essere valutato del Parlamento.
Quanto segue quindi è solo un suggerimento. Proponiamo la totale esenzione per la metà delle famiglie a più basso reddito, un’aliquota media intorno allo 0.8% per il decimo più ricco, e un’aliquota media intorno allo 0.15% per le altre. Dato che in Italia la ricchezza finanziaria è molto concentrata, il gettito dovrebbe essere superiore ai 20 miliardi.”
La proposta è stata elaborata da un gruppo di economisti e sociologi delle Università piemontesi, sulla base della loro preparazione scientifica.
Sul sito vi sono i necessari approfondimenti, ma può essere utile ricordare, a sostegno della petizione, alcuni dati che dovrebbero essere ovvi e purtroppo non lo sono.
1. La ricchezza di cui parliamo è quella ufficialmente censita, quindi l’imposta potrebbe essere riscossa “con un click”, come già avviene per l’imposta di bollo sui risparmi. È per questo che si chiede di tassare la sola ricchezza finanziaria, e non quella immobiliare, cosa che richiederebbe pratiche complesse.
2. I grandi patrimoni finanziari sono perlopiù frutto di redditi da capitale, che sono tassati in modo proporzionale e non progressivo, in contrasto con la Costituzione. Quindi l’imposta che suggeriamo, avendo aliquote progressive, è pienamente coerente col dettato costituzionale.
3. Al di là di ogni altra considerazione, siamo in un’emergenza: le risorse vanno trovate là dove sono e dove è facile reperirle.
4. Infine, è giusto chiedere la solidarietà dell’Europa; ma ci sembra profondamente sbagliato che l’Italia non contribuisca a questa solidarietà chiedendo un contributo ai propri cittadini in grado di darlo. E sarebbe ora di affermare il principio che chi deve fare dei sacrifici, quando è necessario, deve soprattutto essere chi ha di più, e non chi ha di meno.
Quanto sopra è tutt’altro che rivoluzionario; in effetti aliquote più alte di quelle suggerite sarebbero del tutto giustificate. Ma è presumibile che ci saranno difficoltà a trovare adeguato riscontro sui grandi canali televisivi e sui grandi giornali. Vi preghiamo quindi non solo di firmare la petizione, ma anche di diffonderla. Ripetiamo il sito: www.paperoniale.it.
I promotori dell’iniziativa
Filippo Barbera, Universitàdi Torino; Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale; Giancarlo Cerruti, Universitàdi Torino; Bruno Contini, Università di Torino; Federico Dolce,direttore del Centro Studi Argo, Torino; Ugo Mattei, Università di Torino; Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale; Serena Pellegrino, già vicepresidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati; Francesco Scacciati, Università di Torino; Andrea Surbone, scrittore; Pietro Terna, Università di Torino; Dario Togati, Università di Torino; Willem Tousijn, Università di Torino.
Tra prima ondata e seconda ondata e relativa gestione, mi sono fatto questa idea. Grazie soprattutto alle testimonianze che arrivano da altri paesi europei.
Nella prima fase noi, l’Italia, abbiamo fatto la chiusura cercando di emulare Cina e Corea. Che allora erano gli unici esempi si riferimento. Dovevamo farlo perché eravamo i primi in occidente ad essere aggrediti con “virulenza” e dunque quelli messi peggio. La scelta era, per forza di cose nostra, una scelta nazionale, obbligata.
La cosa ha funzionato abbastanza bene.
La Cina, l’estremo oriente in generale, inclusi Giappone, Vietnam, ecc., ma anche (a conferma che non tutto l’occidente è uguale) l’Australia e la Nuova Zelanda, ha tenuto duro sul quel modello di contenimento anche dopo la fine della prima ondata, intervenendo duramente in ogni occasione di recrudescenza della diffusione del virus. Per loro anche la scelta era ed è obbligata, poiché sono o isole o isolate dal contesto territoriale della grande comunità occidentale. E forse anche perché hanno un concetto di modernità differente da quello, totalmente ideologico, delle raffinate classi dirigenti di tramontana. Continua a leggere →
Premessa: quest’intervista è stata condotta mentre stava scoppiando la pandemia del Coronavirus. Quindi è stato aggiunto un post scriptum redatto dall’intervistato in guisa di aggiornamento.
* * * *
D.: Riguardo alla crisi economica derivante dalla diffusione su scala internazionale della pandemia si stanno facendo molti paragoni storici: con il 1929, con il 2008…e così via. Secondo te hanno senso?
R.: No. Perché questi si possono fare solo ex-post, attraverso le analisi comparate per vedere le differenze. Per esempio, la crisi del decennio1929-1939, che si risolse con la “bella” guerra che portò la piena occupazione negli USA, mentre Hitler col suo banchiere Schacht, inventore dei buoni speciali che funzionavano da moneta parallela permettendo il riarmo senza dare nell’occhio, raggiunsela piena occupazione già nella seconda metà degli anni trenta.
Il paragone si può fare con le crisi precedenti, quelle di fine ‘800, quella tra il 1870 e il 1875, su cui Paolo Sylos Labini scrisse un fantastico saggio, il migliore che abbia mai letto, eppure il mondo universitario del pianeta l’ho girato obtorto collo in lungo ed in largo per 45 anni ormai, senza essermi imbattuto in uno di ugual spessore. Il saggio si intitola “Alcuni aspetti dello sviluppo economico di un paese capitalistico oggi progredito (l’Inghilterra)” e venne pubblicato nella collezione di saggi di Paolo Sylos Labini stesso intitolata Problemi dello sviluppo economico, uscita nel 1970 presso la casa editrice Laterza. Sylos Labini svolse un’analisi comparata ta la crisi del 1870-75 e quella del 1930 sia per la Gran Bretagna che per gli Stati Uniti.Continua a leggere →
Lettera all’ANPI Nazionale e Provinciale di Torino.
L’oggetto di questa mia lettera non vuole essere provocatorio. E’ davvero la domanda che mi sto ponendo e vi pongo!
Sono una donna di 67 anni,insegnante, mediamente acculturata, mediamente informata, mediamente attiva nella vita sociale e politica della mia città e del mio paese; mi sono sempre posta con curiosità e senza pregiudizi verso le tante voci e opinioni delle varie componenti sociali (partiti, movimenti, ecc.).
Unico mio pregiudizio, inteso nel vero senso etimologico della parola, é l’antifascismo: lo spartiacque che segna il confine per ogni confronto democratico, la discussione ed il dialogo, sono possibili soltanto nel momento in cui vengono condivise le regole etico-morali della società, regole che l’ideologia fascista non contempla, mettendo in essere politiche di sopraffazione razziale, territoriale, sessuale…..non devo certo spiegarlo a delle persone informate e schierate come voi.
Vorrei esprimere tutto l’orrore che ho provato nel vedere radunati nelle piazze italiane, il giorno 2 Agosto (giorno della strage di Bologna), fascisti e loro sodali pluri-condannati, assassini condannati, i quali rivendicavano la loro estraneità alla strage (la pista nera è ormai conclamata a tutti i livelli processuali).
Ma ciò che mi ha addolorato è stata l’ assenza totale di opposizione, come se fosse legittimata la loro presenza, non mi risulta nessuna contestazione formale, nessuna richiesta di revoca dei loro assembramenti, mi sbaglio forse? E’ passata anche tra di noi la mistificazione che vorrebbe parificare fascismo e comunismo falsificando anche le verità storiche ?
Per contro assisto incredula alla repressione più feroce verso coloro che ancora tentano di affermare i valori fondanti della nostra vita democratica: tutti giovani ragazzi, ricchi di ideali, di entusiasmo, di volontà ferrea nel contrastare l’onda fascista. Continua a leggere →
FIEI, Filef, Ist. F.Santi, FCLIS, organizzano il secondo incontro con i rappresentanti dei Comitati per il NO e del C.G.I.E. e gli italiani all’estero.
Venerdì 28 Agosto, dalle ore 15:30 alle 17:30
Intervengono:
Alfiero Grandi (vice presidente del Comitato per il No al taglio del Parlamento), Marco Plutino (Portavoce nazionale Comitato Democratici per il NO), Michele Schiavone (segretario generale del C.G.I.E.), Armando Spataro (ex Magistrato), Sen. Francesco Giacobbe, Sen. Claudio Micheloni.
Partecipano esponenti degli italiani all’estero dall’Europa, Asia, Australia e Americhe:
Maurella Carbone – Francoforte – GERMANIA
Guglielmo Zanetta – ITALIA
Antonella Dolci – Stoccolma – SVEZIA
Silvana Mangione – New York – USA
Silvano Garnerone
Alfredo Llana – B.Aires – ARGENTINA
Francesco Patrignani
Giangi Cretti – Zurigo – SVIZZERA
Massimo Angrisano – Napoli – ITALIA
Roberto Amabile – Dortmund – GERMANIA
Maria Rosa Arona – B.Aires – ARGENTINA
Antonio Galante – Firenze – ITALIA
Micaela Bracco – B.Aires – ARGENTINA
Eleonora Medda – Bruxelles – BELGIO
Renato Palermo – Montevideo – URUGUAY
Rino Giuliani – Roma – ITALIA
Roberto Galtieri – Bruxelles – BELGIO
Enrico Musella – Nizza – FRANCIA
Matteo Forciniti – Montevideo – URUGUAY
Alejandro Francomano – Montevideo – URUGUAY
Rosanna Maccarone – FRANCIA
Omar Bassalti – SINGAPORE
Gloria Bastos Rodriguez – URUGUAY
Andrea Verde – Berlino – GERMANIA
Silvia Terribili – Amsterdam – OLANDA
Ennio Di Marcantonio – Caracas – VENEZUELA
Pietro Lunetto – Bruxelles – BELGIO
Rodolfo Ricci – ITALIA
Nel 1981 presentammo la proposta di legge n. 2990* mirata a riconoscere agli immigrati regolari tutti diritti e i doveri attribuiti agli emigranti italiani soprattutto in Europa.
Certo, oggi, il contesto politico nazionale e internazionale è mutato, tuttavia i valori restano. L’immigrazione è necessaria, ma va regolata, accolta nella legalità e nella solidarietà.
In Italia siamo di fronte a un grave dilemma politico. Da un lato, l’ex compagno Salvini avrà tenuto a mente la citata proposta di legge e oggi, nella veste di leader della Lega nord (non più secessionista?), la usa a suo vantaggio elettorale, dopo averla depurata del suo carattere umanitario e solidaristico.
Dall’altro lato, gli “eredi” del Pci l’avranno dimenticata lasciandosi fagocitare da una lettura equivoca, distorta della crisi del mondo, da una visione destabilizzante del dramma delle migrazioni che non può essere affrontato nella logica degli interessi delle oligarchie finanziarie. I sedicenti “eredi” del Pci ragionano sulla complessa materia (anche da posizioni di governo) come se l’Italia e l’Europa si trovassero nel migliore dei mondi possibili quando, invece, sono vittime delle disuguaglianze, delle pretese del neoliberismo dominante.
Due “opposti estremismi” (razzismo e buonismo) cui contrapporre una terza via possibile, da costruire nell’ambito di una vera politica di cooperazione Nord-Sud, nella legalità e nella solidarietà.Continua a leggere →
“I molti inni che sentiamo in favore dell’accordo sul Recovery Fund sono in fondo sospiri di sollievo perché a questo giro quella crisi è stata evitata. Ma le caratteristiche stesse di questo accordo, e l’insensata decisione di non abolire bensì unicamente a sospendere i trattati prociclici ed economicamente depressivi posti in essere durante la crisi precedente (a cominciare dal fiscal compact), sono la migliore garanzia che presto o tardi si tornerà a ballare”
Raggiunto, dopo quattro giorni di lavori in Consiglio europeo, l’accordo sul Recovery Fund. Di cosa si tratta e, in realtà, cosa si è raggiunto e a cosa si allude quando si parla di successo e volta storica? Ѐ davvero la panacea per risolvere i problemi legati alla più grave crisi economica dal dopoguerra, come fosse un novello piano Marshall? A mal pensare in tal caso non si fa peccato, perché le tenaglie di nuovi tagli per le riforme che si dovranno mettere in atto con il Recovery Plan sono una realtà legata alle condizionalità per ottenere i fondi. Inoltre è già appurato che la maggior parte dei fondi saranno a debito e che il futuro dell’economia e dei rapporti con l’Ue, non sostenuti dal principio di solidarietà fra gli Stati membri, non saranno un pranzo di gala. Su queste tematiche risponde, nell’intervista a seguire, il professor Vladimiro Giacchè, illustre economista, saggista e filosofo. Presidente del Centro Europa ricerche a Roma. Autore di molti saggi illuminanti sugli intricati snodi irrisolvibili e irriformabili dell’Ue e sulla gabbia, in cui siamo reclusi, dei Trattati che hanno smantellato le Costituzioni e si sostanziano a favore delle politiche neoliberiste in atto.
1. Si discute in Europa di Recovery Fund come possibile strumento per fronteggiare la grave crisi economica e sociale avviata dall’emergenza Covid-19 e uno dei motivi del contendere è la riluttanza dei cosiddetti paesi “frugali” a concedere prestiti a fondo perduto ad alcuni paesi mediterranei, considerati troppo spendaccioni. L’Italia guida la classifica di questi paesi, da mettere “sotto osservazione” secondo quanto dichiarato più volte dal premier olandese Rutte e dal premier austriaco Kurz.
Con l’accordo del 21 luglio viene definito, dopo un serrato confronto, il programma che segna la nuova politica fiscale europea, con 750 miliardi di fondi, ma con una riduzione dei sussidi a fondo perduto: saranno 390 i miliardi anziché 500, il resto in prestiti. L’accordo prevede anche una riduzione del bilancio dell’Unione per il 2021-2027 che viene rifinanziato per 1.074 miliardi: una cifra contenuta rispetto al budget 2014-2020 e alle proposte che erano in discussione prima della pandemia.
Per quanto riguarda l’Italia, grazie ai nuovi criteri di allocazione delle risorse, al nostro Paese spetterà un ammontare di fondi superiore a quello previsto a fine maggio: 209 miliardi di euro, circa 82 di sussidi a fondo perduto e 127 di prestiti (rispetto ai circa 90 inizialmente previsti). Il piano di spesa prevede l’impegno del 70% delle risorse nel biennio 2021-2022 e il restante 30% entro la fine del 2023. I prestiti dovranno essere rimborsati un anno prima rispetto alla bozza della Commissione, tra il 2027 e il 2058. Continua a leggere →
Scalfire il muro di menzogne sparso a proposito del Recovery Fund è difficile, ma non impossibile. Occorre tempo, pazienza, attenzione. E c’è il forte “rischio” che a breve sia la realtà ad imporsi, bruciando il velo delle stupidaggini ripetute soprattutto da ministri, opinionisti un tanto al chilo, mezzibusti senza spina dorsale né professionalità.
Ma se a sollevare gli stessi dubbi, all’interno di un discorsetto edificante e fasullo, è addirittura Mario Monti (ex Commissario europeo, ex presidente del consiglio, ex leader di un partitino personale fallito, membro stabile del Bilderberg Group, establishment “europeista” duro e puro, ecc), allora qualche problema deve esistere davvero.
Le cronache parlamentari sulla nuova legge elettorale dicono che la discussione è ancora ferma. Forse il gruppo dirigente del Pd inizia a comprendere l’errore fatto di avere capovolto la posizione precedente (contraria) sul taglio del Parlamento pur di fare l’accordo di governo con il M5Stelle, ottenendo la contropartita di ulteriori modifiche della Costituzione e di una nuova legge elettorale. L’impegno di votare il taglio del Parlamento è stato rispettato, mentre quelli richiesti – a torto o a ragione – come contropartita sono ancora nella nebbia. Il percorso parlamentare conferma che se il governo dovesse cadere prima del semestre bianco è probabile che si voterebbe con la legge fatta approvare malignamente da Calderoli, che adatta il “rosatellum” ai nuovi numeri del Parlamento. Continua a leggere →
La debolezza politica della socialdemocrazia nordica e il dumping fiscale come politica economica
di Anna Maria Romano, CGIL Toscana, Vice-Presidente di UNI-Europa Finance, esperta di problemi finanziari di CTS OpenCorporation
Perché un paese piccolo come l’Olanda può criticare tanto la gestione interna di paesi come Italia, Spagna e Portogallo? È davvero una critica basata su una propria efficienza amministrativa e su una politica economica efficace?
A queste domande possiamo dare risposte in chiave puramente politica, oppure provare a riflettere con un esercizio più complesso, che entra dentro gli interessi reali in gioco. E quindi, follow the money: segui i soldi. Per capire cosa è realmente accaduto dietro la trattativa sul Recovery Fund, i posizionamenti tra paesi “frugali” e Italia&C bisogna ragionare su numeri, più che sulle questioni apparentemente di filosofia politica che sono state messe in campo. E le prime cifre da analizzare sono quelle relative alle politiche fiscali. Perché in questo modo diventa chiaro l’interesse di un paese come l’Olanda a mantenere una diseguaglianza tra paesi europei e a trasferire sul piano politico un interesse puramente economico. Continua a leggere →
L’ A.N.P.I. AL FIANCO DELLE STUDENTESSE E DEGLI STUDENTI ANTIFASCISTI DI TORINO
Esprimiamo solidarietà a tutte le studentesse e gli studenti che oggi 23 luglio 2020 sono stati colpiti da misure repressive e restrittive della loro libertà, in seguito ai fatti avvenuti il 13 febbraio 2020 al Campus Einaudi dell’Università di Torino: a questi giovani sono stati inflitti arresti domiciliari, obblighi di firma e divieto di dimora solo perché antifascisti. Continua a leggere →
Questo sostiene l’ex ministro dell’economia Carlo Calenda e con qualche ragione. Egli dice una cosa che nessuno dice: con questa operazione lo Stato ha comprato, per altro con soldi dei risparmiatori postali italiani, una società ch’era già sua.
La dieta vegetale rispetto alle infezioni. Intervista a Luciana Baroni, nutrizionista
Che le epidemie siano zoonosi dovrebbe essere una motivazione sufficiente rivoluzionare il nostro rapporto con gli animali selvatici e allevati, e a dirottare scelte e risorse verso una dieta vegetale sana, anche per uscire dal macello globale degli allevamenti intensivi e su grande scala, indispensabili quando il consumo di prodotti animali è elevato. Si aggiunga il nesso diretto fra circolazione del virus e situazione ambientali e lavorative problematiche come i macelli e le industrie di trasformazione della carne (un grande problema anche sanitario fin dai tempi di The Jungle, il libro denuncia sui mattatoi di Chicago scritto da Upton Sinclair oltre cento anni fa). Continua a leggere →
di Francesco Piccioni – Mauro Del Corno * (da Contropiano.org)
Il “senso comune” che attraversa questo Paese da tempi immemorabili è fatto di piccoli pilastri che pretendono di essere verità inconfutabili, autentiche “tavole della legge”. Anche se la realtà empirica che vorrebbero descrivere ci mostra costantemente il contrario.
Possiamo prendere le parole quotidianamente sparate dal presidente di Confindustria o dall’ultimo fantaccino di redazione di quasiasi giornalone mainstream, non fa molta differenza. Si tratta sempre di frasette fatte, affermazioni “autoevidenti”, senza mai uno straccio di argomentazione e men che mai di dimstrazione.
“Solo le imprese creano lavoro” è forse la più frequente. Così come “la produttività del lavoro italiano è troppo bassa”, o anche “il privato è più efficiente del pubblico”. Per non dire dell’eterno “le tasse sono troppe e troppo alte”, che giustificherebbero così l’immensa evasione fiscale che solo le imprese o comunque i possidenti possono permettersi (impossibile non pagare le tasse con la sola busta paga…). Continua a leggere →
Cosa riemerge, cosa torna a galla, con una evidenza indiscutibile, da questi mesi di pandemia e di morte ?
Cosa torna a galla sul piano sociale, politico, economico, e cosa torna a galla nell’ambito della coscienza delle persone, cosa cambia nella psicologia sociale?
Si tratta di questioni fondamentali che potrebbero riconfigurare completamente l’immaginario collettivo e resettare il software che ha diretto il movimento della macchina sistemica degli ultimi 40 anni, il software T.I.N.A., per intenderci, e forse ben oltre.
Le evidenze che tornano a galla sono potenzialmente in grado di costituire elementi basilari della riprogettazione delle società, in particolare negli spazi centrali del sistema, i cosiddetti paesi avanzati. E da questo punto di vista, costituiscono molecole di nuove organicità non soltanto possibili, ma necessarie, indispensabili. Non è solo un auspicio, ma è anche una evidenza, appunto.
Ciò che segue è un provvisorio elenco di ciò che è riemerso e che è ampiamente visibile; bisogna solo fare un piccolo sforzo per registrarne la visione; per memorizzarla stabilmente e organizzarla, per diffonderla, per farla germogliare. Ma soprattutto bisogna evitare di lasciarsi irretire nella narrazione mediatica del potere di propaganda che mira a relegarle (le percezioni tornate a galla) nel regno dell’onirico, a inquinarle in modo che esse vengano autocancellate, a spostare l’attenzione nel campo del complotto, o a mobilitare la gente nel recupero di un’età dell’oro che non è mai esistita e non esisteva prima della pandemia, ma anche, forse, nella riproduzione di conflitti inquadrati nel precedente scenario: tutta la propaganda è orientata ad un ritorno indietro, a quando si era liberi da mascherine e guanti, liberi di viaggiare inquinando, liberi di consumare inutilmente e di produrre istericamente: se riescono a convincerci che la guerra da combattere è questa, è la reazione a vincere. Continua a leggere →
Intorno al Covid-19 si susseguono da mesi colpi di scena, rivelazioni e successive rettifiche. Grande è la confusione sotto il cielo. Ma non siamo ai tempi di Mao e quindi la situazione non è affatto eccellente. Cerchiamo di collegare alcuni puntini.
1. Oms: «Il contagio da parte di asintomatici è molto raro»…anzi «non sappiamo». Maria Van Kerkhove, direttrice del team tecnico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la risposta al coronavirus (1), lunedì 8 giugno osa affermare: «Ci sono casi di persone infettate che sono asintomatiche, ma i paesi che stanno monitorando in modo dettagliato i contatti non stanno trovando da questi casi una trasmissione secondaria». Gli «esperti di salute pubblica» insorgono, capitanati dall’Harvard Global Health Institute. E così l’Oms aggiusta il tiro il giorno dopo: «La maggioranza dei casi di trasmissione che conosciamo si verifica, con le droplets, da parte di chi ha sintomi. Ma ci sono persone che non sviluppano sintomi, e non abbiamo ancora risposta sulla questione di quanti infettati non abbiano sintomi». Alcune ricerche stimano la probabilità di infezioni da asintomatici (e più spesso pre-sintomatici) con modelli probabilistici, senza documentare direttamente la trasmissione. Comunque la frase rivelatrice dell’esperta dell’Oms è: «Per ogni risposta che troviamo alle domande, ne sorgono altre dieci». La risposta è sempre: dipende (dalle circostanze): un luogo chiuso affollato e in una zona ad alta carica virale è un caso specifico, non generalizzabile (vedi ai punti 10 e 12). Continua a leggere →
Nelle diverse occasioni di uscita dalle crisi che hanno sconvolto l’Italia fin dalla sua unità, l’emigrazione è stata una delle variabili centrali: nel senso – molto negativo – di usarla come un decongestionante, come una sorta di antinfiammatorio, agevolandola e addirittura di incentivandola in modo mirato. E’ avvenuto alla fine dell’800 e all’inizio del ‘900 e, ancora in modo esplicito, nel secondo dopoguerra, quando si invitarono le masse inoccupate e contadine a “imparare una lingua e andare all’estero”.
Forse in pochi lo ricordano, ma anche a ridosso del nostro presente, la cosa si è di nuovo ripetuta, solo 8 anni fa, con il messaggio lanciato ai giovani italiani da Mario Monti, in sede di investitura a Presidente del Consiglio, “a prepararsi ad una nuova mobilità nazionale ed internazionale”. Cosa che anche questa volta è puntualmente avvenuta, portando all’estero, nell’arco di un decennio quasi 2 milioni di persone e un altro milione dal sud al nord. Continua a leggere →
CHE DIO CE LA MANDI BUONA E CON POCO VENTO (SENZA NON SEMBRA ORMAI POSSIBILE)
di Aldo Zanchetta
In un mondo globalizzato truffe globalizzate. Oggi è tempo di pensare in grande, no? Anche nelle truffe, no? Sulla storia dei vaccini come unico, necessario e urgente rimedio a un virus che ancora non conosciamo bene (lo dicono scienziati credibili) sento odore di bruciato. Sulla necessità assoluta dei vaccini si sta costruendo una narrazione sospetta. Continua a leggere →
Ci indigniamo perché la Cina vìola i diritti di Hong Kong e delle minoranze, inorridiamo per il razzismo in Usa ma per i palestinesi sotto casa nostra non alziamo un sopracciglio. L’annessione della Cisgiordania è un atto illegale contro ogni accordo e convenzione internazionale ma qui nessuno dice niente. Continua a leggere →
Se si hanno chiari i termini della lotta di classe, si sa che la sfacciataggine delle classi dominanti aumenta quanto più diminuisce il potere di chi dovrebbe contrapporglisi. Indignarsi serve a poco se non ci si organizza per cambiare le cose. Smascherare l’ipocrisia delle corporazioni mediatiche che servono il potere di quelle economiche è tuttavia un compito da prendere molto sul serio, a fronte dell’importanza crescente che i media hanno assunto nei conflitti di nuovo tipo. Continua a leggere →
(Photo by Miguel MEDINA / AFP) (Photo credit should read MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)
Giuliano Battiston intervista Marco d’Eramo
Diffida degli annunci di palingenesi sociale, Marco d’Eramo, saggista e autore de Il selfie del mondo. Indagine sull’età del turismo. L’idea che dopo la pandemia il mondo dovrà necessariamente cambiare, e in meglio, gli appare ingenua. Così anche l’idea che la pandemia possa trasformare un’economia intrinsecamente espansiva come quella turistica, riconducendola dentro parametri di sostenibilità sociale ed ecologica. La bolla dell’overtourism si è sgonfiata, ma tornerà presto a crescere. Presto torneremo a consumare il pianeta, le città globali quanto gli angoli più sperduti. Perché “anche chi si estasia per il canto degli uccellini in città sbava per andare in aereo, riprendere l’automobile e lasciare dietro di sé tracce chimiche”. E “il più grande esperimento di ingegneria sociale della storia” – quello in cui siamo immersi a causa della pandemia – “verrà presto dimenticato”. Continua a leggere →