di Massimo Demontis (Berlino)
Tra pochi giorni si apre in Germania la nuova stagione delle vertenze contrattuali. E potrebbe diventare una stagione di trattative roventi se, come dicono i sindacati, non saranno accolte le loro richieste. I due maggiori sindacati tedeschi, IG Metall, il sindacato dei metalmeccanici, e Ver.di, unione di diverse organizzazioni che copre centinaia di comparti, dal pubblico al privato, dai servizi all’elettronica, chiedono un aumento del 6,5% di salari e stipendi e l’assunzione a tempo indeterminato degli apprendisti.
Dopo lunghi anni di crescita moderata o addirittura di crescita zero delle retribuzioni, è un segnale deciso e inequivocabile quello che inviano i due più rappresentativi, e potenti, sindacati tedeschi – insieme contano oltre 4 milioni di iscritti- chiedendo all’industria privata e al settore pubblico forti aumenti delle retribuzioni.
Una richiesta spropositata secondo gli industriali, che per controbattere alle richieste sindacali si rifanno da un lato a dati economici congiunturali, sostenendo che una crescita dei salari così marcata non rispecchia l’andamento reale dell’economia in un anno in cui probabilmente ci sarà una diminuzione delle esportazioni e un indebolimento del quadro economico, dall’altro ai dati sull’inflazione, attualmente del 2,3 per cento circa. Anche i Comuni e tutti gli enti pubblici statali criticano le richieste sindacali giudicandole avulse dalla realtà perché le casse del settore pubblico, colpite negli ultimi anni dai tagli del governo per far quadrare il bilancio dello stato, sarebbero vuote.
Intervistato da ARD, il primo canale televisivo pubblico tedesco, Frank Bsirske, leader del sindacato Ver.di, ha dichiarato che i “dipendenti del settore pubblico hanno bisogno di retribuzioni nettamente più alte anche perché l’andamento dei salari nei due anni passati non ha coperto il tasso d’inflazione con una perdita del salario reale dello 0,6 per cento”. Per Bsirske l’aumento richiesto è un “segno non solo di equità sociale,ma anche di raziocinio economico” se si pensa alla recessione che avvolge l’Europa. Insomma, per i sindacati gli aumenti non farebbero altro che far bene all’economia dando un impulso alla domanda interna.
Anche per il sindacato dei metalmeccanici ci sono i margini per aumenti salariali del 6,5 per cento. Berthold Huber, leader dell’IG Metall, con un tono piuttosto battagliero ha mandato a dire agli industriali che la richiesta per i datori di lavoro “non solo è finanziabile, ma è anche economicamente dovuta”. L’aumento salariale, dice Huber, “garantirebbe ai dipendenti una quota partecipativa corretta allo sviluppo economico”.
La confindustria tedesca ha attaccato l’IG Metall accusandolo di “leggerezza” e giudicandone le richieste come eccessive e pericolose in ragione del ristagno economico.
“Una richiesta di queste dimensioni per noi non è immaginabile”, ha affermato Martin Kannegiesser leader degli industriali del metallo. Secondo Kannegiesser, ” numeri alla mano, è motivabile un aumento del 3 per cento. Il restante 3,5 non ha alcun solido fondamento”.
Difficile se non impossibile capire quale sia il ristagno economico di cui parlano gli industriali considerando che l’economia tedesca l’anno scroso è cresciuta del 3 per cento e che ancora oggi la gran parte delle industrie quasi non riescono a evadere gli ordinativi come vorrebbero.
La decisione delle più grandi case automobilistiche tedesche, Volkswagen, Mercedes e Audi, grazie ai successi ottenuti nei mercati mondiali, di pagare ai propri dipendenti premi mai ottenuti sinora, tra i 5.000 e i 10.000 euro, sembrerebbe dare ragione ai sindacati e allo loro richieste.













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