Per una politica economica alternativa di fronte alle risposte dell’estrema destra e all’offensiva di Trump. Intervista di Antoine Larrache della rivista Inprecor a Eric Toussaint
Antoine Larrache: Puoi farci un quadro della situazione economica dell’Unione europea rispetto al mercato mondiale?
Éric Toussaint: I paesi dell’Unione Europea, ai quali si può aggiungere la Gran Bretagna, sono in grande difficoltà. Innanzitutto, la crescita è vicina allo zero. Non siamo affatto degli adepti della crescita, ma dal punto di vista del capitalismo, avere una crescita vicina allo zero è un problema per i capitalisti europei. In secondo luogo, l’UE è in una posizione di inferiorità rispetto ai due grandi poli economici, la Cina e gli Stati Uniti. La prima ha un vantaggio tecnologico, ovvero nei suoi scambi commerciali con l’Europa è vincente perché può vendere i suoi prodotti a prezzi inferiori a quelli dei prodotti equivalenti realizzati nell’Unione Europea. È il caso di settori come i veicoli elettrici, i pannelli solari, le apparecchiature informatiche, ecc. L’UE è anche in una posizione di inferiorità tecnologica rispetto agli Stati Uniti nel campo dell’intelligenza artificiale e di altri servizi. D’altra parte, l’UE e il Regno Unito sono in una posizione di inferiorità rispetto alla potenza economica degli Stati Uniti, che utilizzano diversi mezzi, in particolare i dazi doganali. L’Europa accetta la leadership degli Stati Uniti sul piano politico e militare ed anche le sfide o le provocazioni di Trump sul piano commerciale ed economico. Lo ha dimostrato l’incontro tra Ursula von der Leyen e Donald Trump, avvenuto su un campo da golf scozzese di proprietà di quest’ultimo. E dal punto di vista dei contenuti, le concessioni che ha fatto a nome dell’Unione europea – come quelle fatte dal governo britannico durante gli incontri con Trump – indicano la stessa cosa.
L’Europa accetta la leadership politica e militare degli Stati Uniti e le provocazioni di Trump sul piano commerciale ed economico.
D’altra parte, è importante sottolineare che esiste un punto in comune tra la situazione degli Stati Uniti e quella dell’Europa rispetto alla Cina: gli Stati Uniti e l’Europa – l’Unione Europea, la Gran Bretagna – che erano favorevoli al libero scambio e all’OMC, sono diventati sostenitori del protezionismo di fronte alla concorrenza rappresentata dalla Cina. Tuttavia, l’Europa negozia accordi di libero scambio con i paesi del Sud, ad esempio dell’Africa o del Mercosur, sfruttando i vantaggi che è riuscita a conservare. L’UE combina quindi il protezionismo nei confronti della Cina e il libero scambio con i paesi che presentano uno svantaggio competitivo, in particolare tecnologico. Esiste un evidente legame tra l’accettazione della leadership americana da parte dell’Europa e l’impegno ad aumentare fino al 5% del prodotto interno lordo la spesa per gli armamenti. L’industria degli armamenti è la più “fiorente” in Europa. In alcune regioni industriali, le aziende produttrici di armi stanno effettuando nuovi investimenti, cosa che non avveniva da molto tempo nel settore metallurgico. Al contrario, in settori come quello dei veicoli elettrici, è decisamente in ritardo e la Cina sta guadagnando quote di mercato.
Gli Stati Uniti e l’Europa, che erano favorevoli al libero scambio e all’OMC, sono diventati sostenitori del protezionismo di fronte alla concorrenza rappresentata dalla Cina.
Antoine Larrache: L’Unione Europea e i paesi dominanti dell’Unione Europea sperano di giocare un ruolo nella concorrenza internazionale, cercando di mettersi al livello degli altri blocchi, o hanno già rinunciato?
Éric Toussaint: Credo che siano consapevoli della loro inferiorità e cerchino solo di limitare i danni. Inoltre, questo aumenta la loro volontà di sfruttare i vantaggi che ancora hanno rispetto ai paesi del sud, tecnologicamente arretrati e ricchi di materie prime. Ma anche in questo caso, ad esempio nel continente africano, i paesi europei sono in netto ritardo rispetto alla Cina. E c’è anche una nuova offensiva degli Stati Uniti, che anche in questo caso stanno prendendo il sopravvento sui capitalisti europei per quanto riguarda le risorse naturali. Lo si vede con l’accordo stipulato tra il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo sotto l’egida di Trump nell’agosto 2025,[1] che garantisce agli Stati Uniti l’accesso alle risorse naturali del Congo orientale, o con l’accordo stipulato tra Zelensky e Trump sulle risorse naturali nell’aprile 2025. Gli europei “aiutano” il governo Zelensky a colpi di debito, sperando poi di monetizzare alcune riduzioni del debito dell’Ucraina in cambio di un maggiore accesso ai terreni coltivabili e alle risorse naturali dell’Ucraina, ma Trump li ha battuti sul tempo.
Antoine Larrache: Pensi che questa forte inferiorità sia uno dei fattori che alimentano l’ascesa dell’estrema destra? Una parte delle classi dominanti sta rinunciando all’Unione europea per cercare un maggiore protezionismo?
Éric Toussaint: L’ascesa dell’estrema destra è quasi generalizzata in tutto il mondo, in condizioni diverse da quelle europee, quindi la spiegazione fondamentale dell’ascesa dell’estrema destra non deriva da una specificità della situazione dell’Unione europea. Ma è chiaro che è per far fronte al declino economico degli Stati Uniti che abbiamo assistito a un aumento delle proposte di estrema destra e al protezionismo esacerbato di Trump e del suo slogan Make America Great Again (MAGA) dall’altra parte dell’Atlantico. In Europa, invece, l’ascesa dell’estrema destra si basa sulla precarietà delle condizioni di lavoro e sul deterioramento delle condizioni di vita, erroneamente attribuito ai migranti. Anche la delusione e il disorientamento causati dalla politica della sinistra tradizionale costituiscono una leva per l’estrema destra, che si presenta come una rottura radicale.
Antoine Larrache: L’estrema destra in Europa era tradizionalmente contraria all’Unione Europea. Pensi che questo stia cambiando?
Éric Toussaint: Ha già cambiato. È molto chiaro nel caso di Marine Le Pen, che era contraria all’euro ed è diventata favorevole alla moneta unica, in particolare per ottenere il sostegno del grande capitale francese. Il settore del grande capitale francese che fornisce un sostegno diretto al Rassemblement National non lo avrebbe fatto se Marine Le Pen avesse mantenuto una posizione anti-euro. E Meloni ha fatto esattamente la stessa scelta.
La maggior parte dei partiti di estrema destra europei ha abbandonato la propria opposizione all’Unione europea. Mantengono le critiche chiedendo un inasprimento delle politiche inumane in materia di migrazione, ma fondamentalmente si orientano verso il sostegno all’Unione europea. È in questo contesto che il gruppo di Meloni ha stretto un patto con Ursula von der Leyen, in cambio di un posto di vicepresidente esecutivo della Commissione europea e di tre presidenze di commissione. Questo è estremamente importante perché le tre commissioni che il gruppo parlamentare europeo di Meloni ha ottenuto sono quelle dell’agricoltura, del bilancio e delle petizioni. Di conseguenza, le petizioni che provengono dalle popolazioni europee, i tentativi di ottenere un referendum, ad esempio, saranno gestiti da una commissione presieduta dall’estrema destra.
Meloni ha concluso un accordo con Ursula von der Leyen in cambio di una carica di vicepresidente esecutivo della Commissione europea e di tre presidenze di commissione.
Nell’Unione europea, dalla Seconda guerra mondiale, è una cosa senza precedenti. La nuova legislatura iniziata nel giugno 2024 rappresenta una svolta che accentua fortemente la svolta a destra della Commissione europea . [2]
Antoine Larrache: Quindi, secondo te, c’è un tentativo di fondere gli interessi di una parte importante della borghesia dell’Unione europea con il programma dell’estrema destra.
Éric Toussaint: Sì, dipende dai paesi, ma nel complesso questa è la tendenza, assolutamente.
Antoine Larrache: Questo spiega le grandi difficoltà dell’ala Renew di Macron, più orientata al liberalismo classico.
Éric Toussaint: Sono d’accordo con te e, del resto, se guardiamo i risultati elettorali, il gruppo Renew di Macron, a livello europeo, ha subito una sconfitta molto importante nel giugno 2024 perdendo 21 eurodeputati, passando da 98 seggi a 77 . Tuttavia, Macron e altri partiti membri del suo gruppo al PE stavano già chiaramente orientandosi verso concessioni all’estrema destra. I gruppi parlamentari che hanno registrato i progressi maggiori sono quelli di estrema destra. Il gruppo di Marine Le Pen ha guadagnato 35 eurodeputati, in particolare grazie all’apporto del partito di Viktor Orban. Il gruppo parlamentare di Meloni ha guadagnato 9 parlamentari.
I gruppi parlamentari che hanno registrato i progressi maggiori nelle elezioni europee del giugno 2024 sono quelli di estrema destra.
Il primo gruppo parlamentare europeo rimane il Partito Popolare Europeo (il PP spagnolo, la CDU-CSU in Germania, di Ursula von der Leyen…) con 188 parlamentari, seguito dal gruppo socialista con 136 parlamentari. Ma se si sommano i tre gruppi parlamentari di estrema destra nel Parlamento europeo eletto nel giugno 2024 (ECR, il gruppo attorno a Meloni al PE che conta 78 parlamentari, il gruppo dei Patrioti per l’Europa di Marine Le Pen e Victor Orban che ne ha 84 e il gruppo dell’Europa delle Nazioni Sovrane formato attorno all’AFD tedesca che ne ha 25 ), l’estrema destra si colloca al secondo posto nel Parlamento europeo con 187 parlamentari, con solo un europarlamentare in meno rispetto al gruppo del Partito Popolare . E molto più indietro ci sono il gruppo Renew di Macron con 77 seggi e il gruppo dei Verdi che ha perso 17 parlamentari passando da 70 a 53 seggi nel PE. Ricordiamo che i Verdi sostengono Von der Leyen.
La Commissione europea, che sta virando sempre più a destra, è sostenuta dal gruppo socialista, da Renew e dai Verdi, entrambi in fase di indebolimento. Come ho appena detto, i Verdi hanno perso 17 seggi nelle ultime elezioni europee. Il movimento italiano Cinque Stelle, dopo le elezioni del giugno 2024, ha chiesto di entrare a far parte del loro gruppo, ma gli è stato negato l’ingresso perché i Cinque Stelle ha rifiutato la loro richiesta di pronunciarsi a favore della NATO. Il movimento Cinque Stelle ha quindi aderito e rafforzato il gruppo della cosiddetta sinistra radicale (The Left), che conta 46 parlamentari, con LFI in Francia, Podemos, EHBildu, Sumar nello Stato spagnolo, il Blocco di Sinistra e il PC in Portogallo, il PTB in Belgio, il Sinn Fein in Irlanda, Syriza in Grecia, ecc. [3]
In Belgio, il grande capitale ha trovato nella persona del primo ministro Bart de Wever, che guida un partito, la Nieuw-Vlaamse Alliantie (Nuova Alleanza Fiamminga, N-VA), membro del gruppo di Meloni, quindi dell’estrema destra, colui che porterà avanti gli attacchi del Capitale contro il Lavoro. Aggiungiamo che in questa parte del Belgio, le Fiandre, alle elezioni europee, è stato il Vlaams-Belang a ottenere il maggior numero di voti davanti alla N-VA… Il Vlaams-Belang (VB) è neofascista e fa parte del gruppo di Marine Le Pen e Victor Orban. Quindi due partiti di estrema destra sono in testa nella parte fiamminga e uno dei due guida il governo federale. Si vede quindi chiaramente in che direzione si sta orientando il grande capitale. Nella parte francofona del Belgio, il principale partito della destra tradizionale, il movimento riformatore (MR), membro di RENEW a livello europeo, ha adottato un orientamento molto vicino all’estrema destra, il che gli permette di occupare il terreno di quest’ultima.
Effettivamente se si considerano i diversi paesi si vede che l’orientamento del grande capitale consiste chiaramente di ridurre o spazio dei settori che rappresentano una opzione di destra tradizionale a favore della estrema destra di queste formazioni politiche o al rafforzamento delle formazioni indipendenti come RN, Vox, Chega o VB che sono decisamente ancora più a destra di queste formazioni tradizionali.
Antoine Larrache: E se dovessi riassumere in pochi punti il programma dell’estrema destra a livello europeo?
Éric Toussaint: Credo che non siano ancora riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune, ma si collocano ampiamente sulla scia di Trump. Per quanto riguarda la Russia, ad esempio, sono favorevoli a negoziare con Putin concedendogli importanti concessioni, e quindi non hanno esattamente la stessa logica della posizione dominante della Commissione europea nel conflitto tra Ucraina e Russia. C’è anche la volontà di attuare misure protezionistiche più significative. I partiti di estrema destra cercano di riprodurre ciò che Trump sta facendo con MAGA: esigere che le aziende europee rimpatrino parte della loro produzione sul territorio europeo. In questo caso, ci saranno sicuramente tensioni tra i partiti dei diversi paesi, perché le dinamiche nazionali porteranno a volerle rimpatriare sul proprio territorio, privilegiando l’interesse nazionale e non una visione comune europea.
Un punto di accordo fondamentale tra i vari partiti di estrema destra e l’orientamento della Commissione è la politica di sgravi fiscali concessi ai grandi patrimoni e alle grandi imprese, nonché il forte aumento della spesa per gli armamenti.
Il programma economico e politico dell’estrema destra europea è quindi in linea con quello applicato da Trump negli Stati Uniti e a livello internazionale. Lo stesso vale per la questione dell’immigrazione: l’estrema destra plaude alla brutalità della politica attuata da Trump e vorrebbe che la Commissione e i governi nazionali che già conducono una politica disumana la inasprissero ulteriormente. Un importante punto di accordo tra i diversi partiti di estrema destra, l’orientamento della Commissione e quello della maggior parte dei governi europei è la politica di agevolazioni fiscali per i più ricchi e le grandi imprese, nonché il forte aumento della spesa per gli armamenti.
Antoine Larrache: Stiamo assistendo a un crollo dei servizi pubblici e della protezione sociale, nonché a un aumento del debito. Come vedi l’evoluzione di queste questioni?
Éric Toussaint: È chiaro che c’è un forte aumento sia del debito pubblico che di quello delle grandi imprese private. Anche l’indebitamento delle classi popolari è aumentato, vista la pressione al ribasso dei redditi reali, sia che si tratti di salari che di indennità o assegni sociali. La perdita di potere d’acquisto è compensata con un maggiore ricorso all’indebitamento da parte delle famiglie delle classi popolari. Per quanto riguarda il debito pubblico degli Stati, negli ultimi 40 anni le autorità pubbliche hanno risposto a diversi periodi di crisi del capitale aumentando il debito pubblico. Negli anni ’80 del secolo scorso, il debito pubblico è aumentato notevolmente in risposta alla grande crisi economica della fine degli anni ’70. L’indebitamento è aumentato in particolare con una politica di tassi di interesse elevati a favore del grande capitale finanziario, in un contesto in cui i governi vendevano il loro debito pubblico sui mercati finanziari.
Successivamente, negli anni 2000, la risposta alla crisi bancaria del 2008 è consistita nel moltiplicare i salvataggi bancari di grande entità, che hanno aumentato notevolmente il debito pubblico. Successivamente, c’è stato il cosiddetto quantitative easing (allentamento quantitativo), avviato dall’altra parte dell’Atlantico dalla Federal Reserve degli Stati Uniti (già nel 2008) e seguito dalla Banca Centrale Europea durante la presidenza del francese Jean-Claude Trichet e amplificato dal suo successore Mario Draghi a partire dal 2012. Il quantitative easing ha comportato un’iniezione massiccia, ancora più consistente di prima, di liquidità nel settore finanziario, con tassi di interesse molto bassi e un aumento del debito pubblico. Le grandi banche private ne hanno tratto vantaggio perché prendevano in prestito allo zero per cento dalla banca centrale e prestavano questo denaro agli Stati, dato che gli Stati non hanno il diritto di prendere in prestito direttamente dalla Banca Centrale. Le banche private prestavano al 2 o 3% alle economie dominanti e, ai paesi periferici, al 4, 5 o 6%, realizzando così profitti considerevoli.

Poi abbiamo subito un altro shock con la pandemia di coronavirus nel 2020. In quel caso, il debito pubblico è aumentato perché gli Stati non hanno voluto far pagare il conto al grande settore farmaceutico e ai GAFAM che hanno approfittato del confinamento e della pandemia. Invece di tassare i super profitti, i governi hanno preferito ricorrere al debito seguendo il motto “a qualsiasi costo”. Il debito pubblico ha quindi continuato a crescere.
Poi c’è stato lo shock causato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022, l’aumento dei prezzi dell’energia, gli effetti delle sanzioni europee contro la Russia, quindi l’aumento della bolletta energetica e, per le famiglie, gli effetti sui prezzi dei generi alimentari. Si è quindi verificato un ulteriore aumento del debito pubblico perché, ancora una volta, i governi si sono rifiutati di applicare ulteriori tasse alle imprese private che realizzavano profitti eccezionali nei settori dell’energia, della grande distribuzione, degli armamenti, ecc. L’aumento della spesa pubblica a favore delle grandi imprese e dei più ricchi è stato finanziato ricorrendo al debito pubblico, che costituisce una fonte permanente di reddito per le stesse grandi imprese, poiché queste acquistano titoli di debito.
Infine, la Fed statunitense, la BCE e la Banca d’Inghilterra, a partire da febbraio-marzo 2022, decidono di abbandonare il quantitative easing e passare al quantitative tightening (restringimento quantitativo), ovvero un aumento dei tassi di interesse, una riduzione dell’immissione di liquidità sui mercati finanziari e una contrazione del bilancio di queste banche centrali. Si assiste quindi a un aumento dei tassi di interesse: in Europa si è passati dallo 0% al 4,5% nel 2023, poi c’è stato un calo e nel novembre 2025 il tasso di riferimento della BCE si attesta al 2%. Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha aumentato il suo tasso, che era ancora allo 0% all’inizio del 2022, al 4,75% nel 2024. Recentemente c’è stato un leggero calo e ora siamo a poco meno del 4%. L’aumento dei tassi di interesse a partire dal 2022 ha avuto un effetto molto importante sul costo del rifinanziamento del debito pubblico. L’onere dei rimborsi del debito pubblico è aumentato notevolmente. Ciò ha aggravato il deficit pubblico, dato che i governi continuano a fare regali ai capitalisti.
Il discorso secondo cui il debito pubblico ha raggiunto livelli record e sta diventando insostenibile per il bilancio viene nuovamente utilizzato in modo sistematico dai governi che sono in realtà responsabili dell’aumento del debito. Hanno aumentato il debito pubblico perché si sono rifiutati di far pagare i costi delle crisi provocate dal capitalismo alle grandi imprese che ne hanno tratto profitto e ai grandi azionisti che hanno continuato ad arricchirsi. Ho parlato delle grandi aziende farmaceutiche, delle GAFAM, ma ci sono anche le aziende di produzione e distribuzione di energia, le aziende del settore alimentare e della distribuzione, le banche, le aziende produttrici di armi che hanno realizzato profitti enormi. Quindi, in assenza di un aumento delle tasse sulle grandi aziende e mantenendo i regali ai più ricchi, i poteri pubblici hanno aumentato il debito pubblico.
Il discorso secondo cui il debito pubblico è insostenibile per il bilancio viene nuovamente utilizzato in modo sistematico dai governi.
Nel 2025, la Francia ha raggiunto un debito pubblico pari al 114% del prodotto interno lordo, l’Italia al 138%, la Grecia al 152%, il Belgio al 107%, la Spagna al 103% e gli altri paesi sono generalmente al di sotto del 100%. La grande maggioranza dei paesi dell’Unione europea è nettamente al di sopra del 60% del PIL previsto dal trattato di Maastricht. Mettiamo in discussione la validità del confronto tra il debito pubblico e il PIL, ma poiché questo rapporto è utilizzato dai governi e dai trattati che regolano l’UE, costituisce un mezzo di misurazione, per quanto imperfetto.
Ciò che è certo è che, contrariamente a quanto afferma la destra, l’aumento del debito pubblico non è causato da un eccesso di spesa sociale o salariale nel settore pubblico o da investimenti pubblici nella lotta contro il cambiamento climatico. L’aumento del debito pubblico è il risultato di due fattori: 1). una politica di aumento delle spese illegittime, come gli aiuti pubblici alle grandi imprese e un aumento degli appalti pubblici alle industrie degli armamenti, alle grandi aziende farmaceutiche (durante la pandemia),… 2). una politica di entrate pubbliche insufficienti a causa del rifiuto di tassare i ricchi e i loro (super) profitti.
La destra, che cercava un argomento per compiere un nuovo passo avanti nelle politiche di austerità e negli attacchi contro le conquiste ottenute dopo la Seconda guerra mondiale, sfrutta questa situazione per affermare che è necessario aumentare i tagli alla spesa sociale e agli investimenti pubblici, in particolare quelli legati alla lotta contro il cambiamento climatico e la crisi ecologica. Ne approfittano anche per ridurre la spesa per gli aiuti allo sviluppo. Non ci facevamo illusioni su come vengono gestiti gli aiuti allo sviluppo, ma ci rendiamo conto che ridurli non è nell’interesse dei popoli del Sud: quando Trump chiude definitivamente US Aid, ciò ha effetti disastrosi sulle condizioni di salute di milioni di persone che in Africa ricevevano, ad esempio, cure per combattere l’AIDS.
Antoine Larrache: Secondo te c’è il pericolo di una rottura sul piano economico, cioè di un collasso degli Stati, che diventerebbero incapaci di pagare il debito?
Nel 2021 ha avuto grande risonanza un appello internazionale in favore della cancellazione dei debiti pubblici detenuti dalla BCE.
Éric Toussaint: C’è una drammatizzazione della questione del debito che dobbiamo denunciare. Non siamo di fronte alla prospettiva di un collasso o di un’incapacità di rimborso. Ciò che servirebbe dal punto di vista della sinistra è un governo che dichiarasse, sulla base di una verifica del debito con la partecipazione dei cittadini, che una parte del debito pubblico è illegittimo o addirittura odioso, e che è necessario procedere a cancellazioni molto significative dello stesso. Sarebbe auspicabile che un governo di sinistra che applica una politica favorevole alla popolazione e realizza un enorme investimento pubblico nella lotta contro la crisi ecologica prendesse una decisione del genere. Ad esempio, la Banca centrale europea detiene ancora circa 3.600 miliardi di euro di titoli di debito pubblico dei paesi della zona euro, pari a poco meno del 20% del debito pubblico di ciascun paese. Se la BCE cancellasse questi crediti, ci sarebbe una riduzione di circa venti punti percentuali e l’argomento a favore delle politiche di austerità verrebbe meno.[4] Infatti, fintanto che la BCE è creditrice di una parte significativa del debito, può esercitare pressioni sui governi progressisti che vorrebbero attuare una politica anti-austerità. Ricordiamo che nel 2021 un appello internazionale a favore della cancellazione dei debiti pubblici detenuti dalla BCE ha avuto un’importante risonanza:
[TRIBUNA] «Cancellare i debiti pubblici detenuti dalla BCE per riprendere in mano il nostro destino», 5 febbraio 2021
Nel dicembre 2021, un appello internazionale è tornato sullo stesso argomento: «Appello: perché cancellare i crediti detenuti dalla Banca centrale europe «Appel : Pourquoi annuler les créances détenues par la Banque centrale européenne sur les pays de la zone euro ?», CADTM, 7 décembre 2021, signé Éric Toussaint , Sonia Mitralias , CADTM Europe , Paul Murphy , Miguel Urbán Crespo , Andrej Hunko , Cristina Quintavalla , Manon Aubry , Leïla Chaibi, etc.
Si tratta di una questione estremamente importante quando si parla di alternative. Ma ci sono anche i debiti richiesti dal grande capitale che acquista titoli di debito pubblico e in questo caso i governi progressisti che venissero eletti dovrebbero adottare misure di cancellazione/ripudio. Ora, se la destra rimane al potere, utilizzerà l’argomento dell’ammontare del debito pubblico per attuare politiche di austerità più severe. Questo non risolverà in alcun modo i problemi economici dell’Unione europea, ma aumenterà la capacità offensiva del grande capitale contro il lavoro. Non risolverà i problemi economici strutturali dell’Unione europea, ma nella battaglia tra capitale e lavoro, il capitale guadagnerà punti grazie agli attacchi condotti in nome della necessità di operare tagli per ripagare il debito pubblico. La questione del debito pubblico è quindi un elemento centrale. E su questo punto, rispetto a una parte della sinistra che sostiene che non ci sia alcun problema di debito pubblico, penso che la sinistra radicale debba dire che questa risposta è troppo semplicistica, che esiste davvero un problema di debito pubblico perché una parte di esso è illegittima.
La questione del debito pubblico è quindi un elemento centrale.
Sì, l’ammontare del debito pubblico non è drammatico, ma è molto importante e ingiustificato. È necessario ridurre radicalmente questo debito pubblico. Non accelerando i rimborsi, al contrario, rifiutando in larga misura i rimborsi e facendo pagare al grande capitale – che ne ha sistematicamente approfittato – il costo di queste cancellazioni del debito per liberare le risorse necessarie a un altro tipo di politica e a un altro modello di sviluppo umano, rispettoso degli equilibri ecologici.
Antoine Larrache: Quali grandi misure economiche?
Éric Toussaint: Penso che un programma di sinistra debba innanzitutto partire dall’esperienza vissuta dalle popolazioni. È quindi necessario creare posti di lavoro di qualità, socialmente utili e molto meglio retribuiti rispetto ad oggi, con condizioni di lavoro migliori. È necessaria una riduzione radicale dell’orario di lavoro, con assunzioni compensative e un aumento del reddito reale. È necessaria una politica fiscale completamente diversa, con una riduzione radicale, e persino l’abolizione dell’IVA su una serie di servizi di base – a cominciare dall’acqua e dall’elettricità –, un aumento radicale delle imposte sul reddito e sul patrimonio dei più ricchi.
È anche una risposta, attraverso le entrate, a una parte della questione sollevata dal debito pubblico.
Un programma di giustizia fiscale non dovrebbe servire a ripagare debiti illegittimi. Ma qui c’è una grande differenza rispetto a un programma socialdemocratico: un programma di giustizia fiscale non dovrebbe servire a ripagare debiti illegittimi. Se si aumentano le entrate, è per aumentare le spese legittime, gli investimenti pubblici per migliorare le condizioni di vita in relazione alla lotta contro la crisi ecologica. Sono quindi necessari ingenti investimenti nei trasporti pubblici, nell’uscita dal nucleare e in tutta una serie di progetti che consentano anche di creare posti di lavoro qualificati. È necessario aumentare la spesa nei servizi pubblici, con la creazione di posti di lavoro su larga scala, in particolare nel settore sanitario. Non dobbiamo dimenticare ciò che è accaduto durante la pandemia di coronavirus, che ha portato a una presa di coscienza dell’importanza della sanità pubblica e del fatto che le grandi aziende farmaceutiche private non rispondono affatto alle esigenze della popolazione. È necessario, attraverso l’espropriazione e la socializzazione, trasferire al settore pubblico i grandi settori dell’economia. Il settore energetico deve essere espropriato e deve quindi diventare un settore pubblico.
È indispensabile, attraverso l’espropriazione e la socializzazione, trasferire al settore pubblico i grandi settori dell’economia.
È necessario abrogare una serie di trattati leonini che l’Unione europea ha imposto ai paesi del Sud – trattati che, in nome del libero commercio, sfavoriscono i paesi del Sud – e introdurre quindi un altro tipo di commercio. Il rapporto del Nord, ad esempio dell’Unione europea, con i popoli del Sud deve assolutamente cambiare, in particolare la politica migratoria. Gli aiuti allo sviluppo devono essere sostituiti da risarcimenti da versare ai popoli del Sud e dalla restituzione dei beni acquisiti illecitamente dal Nord a spese delle popolazioni del Sud. C’è anche la questione dell’industria degli armamenti: la sinistra deve lottare contro l’aumento delle spese militari e affermare che anche il settore degli armamenti deve essere trasferito al settore pubblico ed essere estremamente regolamentato, per andare verso il disarmo, il che richiede negoziati internazionali. Questi sono elementi fondamentali di un programma di sinistra.
NOTE:
[1] Éric Toussaint, «L’accaparramento delle risorse naturali dell’Ucraina e della Repubblica Democratica del Congo orientale. L’imperialismo all’offensiva”, CADTM, pubblicato il 15 maggio 2025, https://www.cadtm.org/L-accaparement-des-ressources-naturelles-de-l-Ukraine-et-de-l-est-de-la
[2] Il gruppo ECR ha ottenuto che uno dei suoi membri, Raffaele Fitto (Italia) del partito di Meloni (Fratelli d’Italia), fosse nominato vicepresidente esecutivo della Commissione europea (mandato della Commissione «von der Leyen II», entrata in carica il 1° dicembre 2024) con delega alla «Coesione e riforme».
Johan Van Overtveldt (membro del gruppo ECR di Meloni al Parlamento europeo e del partito N-VA in Belgio) è stato eletto presidente della commissione “Bilancio” (BUDG). Veronika Vrecionová (ECR, Repubblica Ceca) è stata eletta presidente della commissione “Agricoltura e sviluppo rurale” (AGRI). Bogdan Rzońca (ECR, Polonia) è stato eletto presidente della commissione “Petizioni” (PETI) del Parlamento.
Éric Toussaint, « Versione 2.0: un’Europa che vira a destra e all’estrema destra », CADTM, pubblicato il 27 luglio 2024, https://www.cadtm.org/Version-2-0-Une-Europe-qui-vire-a-droite-et-a-l-extreme-droite Per avere una panoramica sull’evoluzione della composizione del Parlamento europeo dopo le elezioni del 2019 e quelle del 2024, consultare: https://results.elections.europa.eu/fr/outils/outil-de-comparaison/ (consultato il 26 ottobre 2025)
[3]A quanto pare, Renew avrebbe solo 75 eletti nell’ottobre 2025, due eletti lo avrebbero lasciato, vedi la composizione del gruppo Renew al PE https://www.europarl.europa.eu/meps/fr/search/advanced?name=&euPoliticalGroupBodyRefNum=7035&countryCode=&bodyType=ALL (consultato il 26 ottobre 2025) L’ECR avrebbe guadagnato un membro dal giugno 2024 e conterebbe 79 deputati europei nell’ottobre 2025, vedi https://www.europarl.europa.eu/meps/fr/search/advanced?name=&euPoliticalGroupBodyRefNum=7037&countryCode=&bodyType=ALL (consultato il 26 ottobre 2025) Anche il gruppo dei Patrioti per l’Europa di Marine Le Pen e Victor Orban avrebbe guadagnato un seggio in più tra le elezioni del giugno 2024 e il momento in cui questa intervista è stata pubblicata nell’ottobre 2025. Il gruppo avrebbe 85 membri nel Parlamento europeo, cfr. https://www.europarl.europa.eu/meps/fr/search/advanced?name=&euPoliticalGroupBodyRefNum=7150&countryCode=&bodyType=ALL (consultato il 26 ottobre 2025) Il gruppo Europa delle Nazioni Sovrane formato attorno all’AFD tedesca sarebbe passato da 25 a 27 eurodeputati tra giugno 2024 e il momento in cui viene pubblicata questa intervista: https://www.europarl.europa.eu/meps/fr/search/advanced?name=&euPoliticalGroupBodyRefNum=7151&countryCode=&b (consultato il 26 ottobre 2025) Secondo una ricerca effettuata sul sito del PE il 26 ottobre 2025, la somma dei seggi dei 3 gruppi di estrema destra raggiungerebbe 191, ovvero 3 in più rispetto al gruppo del Partito Popolare Europeo che ne conta 188.
[4]Voir https://www.ecb.europa.eu/mopo/implement/app/html/index.en.html#pspp et https://www.ecb.europa.eu/mopo/implement/pepp/html/index.en.html
Per saperne di più sull’azione della Fed e della BCE tra il 2008 e il 2012:
Éric Toussaint «Banques contre Peuples : les dessous d’un match truqué !» (Banche contro popoli: i retroscena di una partita truccata!), CADTM pubblicato il 24 dicembre 2012
Sull’azione della BCE nel periodo 2012-2014: «Super Mario Draghi 2.0 per i banchieri» CADTM, pubblicato il 6 settembre 2014
Sull’azione delle banche centrali dal 2008 al 2019: Éric Toussaint, «La crisi della politica delle banche centrali nella crisi globale», Rivista Les Possibles, pubblicato lunedì 20 gennaio 2020
Sull’abbandono del Quantitative easing (QE) e il passaggio al Quantitative tightening (QT) nel 2022: Vedi Maxime Perriot – Éric Toussaint, Video di 28 minuti: «Le banche centrali aumentano i tassi di interesse di riferimento, con quali effetti?», CADTM, pubblicato l’8 giugno 2023
Leggi: Fátima Martín, «La BCE riconosce l’impatto dell’aumento della spesa militare sul debito: “Questo peserà sulle finanze pubbliche”», CADTM, pubblicato il 12 settembre 2025














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