Appena pubblicato il Rapporto finale della ricerca realizzata tra settembre 2024 e giugno 2025, in partenariato con Fiei, Fondazione Di Vittorio, Fondazione Ecap Zurigo, Spi-Cgil Firenze, Cedom – Uni Salerno e Futuridea Benevento, che verte sulla necessità di riconnessione della nuova emigrazione italiana con le aree e regioni di esodo, in particolare le aree interne del Paese in grave declino demografico e sociale
Pietro Lunetto, Laura Salsi del coordinamento Filef nazionale spiegano che il lavoro ha coinvolto una ventina di ricercatori e operatori sociali delle organizzazioni partner, in diverse regioni italiane e in diversi paesi esteri, concentrando l’attenzione sulle opportunità di “Valorizzazione della nuova emigrazione nello sviluppo locale e nelle relazioni internazionali del paese, quale contributo alla coesione territoriale, sociale ed economica regionale, nazionale e comunitaria”.
Il progetto è stato promosso da Filef nazionale e si è avvalso di un contributo concesso dalla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale (Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica) per progetti di studio, ricerca e analisi nel campo della politica estera e della promozione e sviluppo dei rapporti internazionali.
Il lavoro svolto ha consentito la raccolta ed elaborazione di una notevole serie di dati sull’evoluzione dell’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio; la parallela disamina di dati regionali e provinciali sui flussi di emigrazione interna ed esterna e sullo spopolamento di alcune aree del Paese (Campania, Basilicata, Toscana); una panoramica sulla composizione della nuova emigrazione e sulle dinamiche di rappresentanza che sta producendo in diversi paesi (Svizzera, Belgio, Spagna, Argentina, Brasile, Gran Bretagna, e nuove mete asiatiche) e sull’associazionismo italiano all’estero.
La parte conclusiva si concentra sulla obsolescenza dell’apparato legislativo nazionale e regionale rispetto alle novità degli ultimi decenni, sulle carenze di politiche e misure attive sia di accompagnamento ai progetti emigratori che a quelli di rientro.
“Sperando che il lavoro possa essere di interesse e di utilità per una comune riflessione, vi informiamo – concludono i coordinatori – che stiamo programmando una serie di presentazioni in alcune città in Italia e all’estero a partire dal prossimo mese di settembre di cui vi daremo notizia. La discussione pubblica che si è riavviata sul declino e lo spopolamento di molte aree del Paese può costituire un interessante contesto di approfondimento e di stimolo per una rinnovata mobilitazione in questo ambito”.

Indice del volume:
– Introduzione. (Pietro Lunetto)
– L’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio. (Mattia Vitiello)
– Desertificazione demografica tra emigrazione e invecchiamento nelle aree interne del mezzogiorno. (Grazia Moffa e Beatrice Fucci)
– Semi di futuro nei solchi dell’abbandono. (Beatrice Fucci)
– L’emigrazione di ritorno in Toscana. (Alberto Tassinari, Danila Calderoni, Caterina Rapetti)
– Forme di rappresentanza della nuova emigrazione italiana. Il caso della Svizzera. (Furio Bednarz)– Nuovi flussi migratori in Belgio. (Marco Grispigni)– Forme di rappresentanza della nuova emigrazione italiana nel mondo, Italiani in Asia. Una prima esplorazione. (Furio Bednarz)– Emigrazione italiana verso l’Argentina, il Brasile e la Spagna. (Adriana Bernardotti)– Madri e mogli italo-bangladesi a Londra. Appartenenze multiple, aspettative, ridisegnamenti. (Francesco Della Puppa e Valeria Tonioli)
– Indagine sulle esperienze associative degli italiani all’estero, (Beppe De Sario)
– Le leggi regionali per l’emigrazione, le misure per il rientro, le proposte del Cgie e della IV° Conferenza Stato-Regioni-Prov.Autonome-Cgie del 2021. (Massimo Angrisano, Nino Galante, Elisa Castellano, Furio Bednarz, Rodolfo Ricci)
– Conclusioni / Opportunità / Raccomandazioni
Qui il link per scaricare il Rapporto
Pubblichiamo di seguito alcuni passaggi dell’introduzione al Rapporto e della parte conclusiva.
Introduzione
(Pietro Lunetto 1 )
Questa pubblicazione è il risultato della ricerca su: “Valorizzazione della nuova emigrazione nello sviluppo locale e nelle relazioni internazionali del paese, quale contributo alla coesione territoriale, sociale ed economica regionale, nazionale e comunitaria” promossa da Filef nazionale e realizzata anche grazie al contributo concesso dall’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale per progetti di studio, ricerca e analisi nel campo della politica estera e della promozione e sviluppo dei rapporti internazionali.
Si tratta di un tema che ha impegnato la rete associativa della Filef fin dalla sua nascita, negli anni ‘60 del ‘900. Le analisi proposte allora da Carlo Levi e Paolo Cinanni indicavano come il fenomeno emigratorio italiano avesse consentito da una parte un miglioramento relativo delle condizioni di vita di milioni di italiani, ma allo stesso tempo avesse comportato un oggettivo impoverimento per le regioni di esodo che si trovavano a corto di risorse di lavoro per il loro sviluppo. In queste analisi, concentrate sui primi due cicli emigratori dall’Italia (quello di fine ‘800/primo ‘900 e di quello del secondo dopoguerra), la comparazione tra tassi di attività e occupazionali, tra i livelli consumo e di crescita del Pil che si registravano in Italia e nei paesi di immigrazione, mostrava uno scarto percentuale notevole e persistente lungo tutto il ‘900: le diverse capacità di valorizzare adeguatamente o meno il fattore lavoro, manuale o intellettuale che fosse, comportava una sostanziale differenza nelle performance di sviluppo tra i paesi di immigrazione e quelli di emigrazione, come l’Italia.2
Dalla fine del secondo ciclo emigratorio del dopoguerra esauritosi negli anni ‘70, questo tipo di approccio analitico è man mano scomparso dal quadro di riferimento di studiosi e di operatori, salvo poi ricomparire, in forme peraltro poco rigorose, quando, dopo la crisi del 2007-2008, centinaia di migliaia di persone dal sud Europa hanno ripreso gli antichi percorsi di emigrazione verso il centro-nord del continente, ma anche verso l’Australia o le nuove mete asiatiche dei PVS in rapido sviluppo.
Oggi, la carenza di lavoratori in diversi settori produttivi o di servizio, ivi inclusi servizi avanzati o essenziali come quelli sanitari, emerge di nuovo con evidenza. I dati ci dicono che negli ultimi 20 anni hanno lasciato il Paese mezzo milione di laureati.
La situazione diventa ancora più complessa a fronte di un tasso di decremento demografico che vede l’Italia ai primi posti al mondo. E questa congiunzione tra nuova emigrazione e decrescita demografica si registra per la prima volta fin dall’Unità d’Italia. Se il trend è generalizzato a livello nazionale, alcune aree del Paese ne risentono in misura ancora maggiore, in particolare nelle aree interne del meridione ma anche del centro-nord, già afflitte, per la loro posizione geografica e per i processi di emigrazione interna, da processi di spopolamento e di marginalizzazione.
La ricerca si è concentrata proprio su questi contesti e sulle vie di possibile, parziale recupero di saperi e competenze in uscita dal paese, prendendo in considerazione alcune caratteristiche della nuova emigrazione in diversi paesi (Svizzera, Belgio, Spagna, Regno Unito, Argentina, Brasile e Pvs asiatici) e al contempo la situazione di alcune regioni italiane (Toscana, Campania, Basilicata), sia attraverso una consistente raccolta di dati, sia attraverso indagini mirate e la raccolta di testimonianze dirette, oltre ad un sondaggio sull’associazionismo in emigrazione che ha prodotto risultati interessanti.
Infine è stata realizzata una ricerca sull’evoluzione della legislazione regionale per l’emigrazione, sulle misure di incentivo al rientro e di “attrattività” del Paese e a quanto prodotto negli ultimi anni in termini di indicazioni e proposte dalle organizzazioni di rappresentanza sociale dell’emigrazione (associazionismo, Cgie) e alla risposta istituzionale (IV° Conferenza Stato-Regioni-Prov.Autonome-Cgie).
Rimandando alla lettura dei diversi contributi e alle conclusioni tratte da un gruppo di ricerca composto da alcune/i tra i maggiori conoscitori dell’emigrazione italiana, ci preme qui sottolineare la centralità di questa problematica su cui intendiamo concentrarci nei prossimi mesi. Questo lavoro è iniziato nell’ottobre scorso con un convegno organizzato in collaborazione con la Filef Basilicata a Matera e ha trovato un primo punto di sintesi nel maggio scorso con un seminario organizzato dal Cedom a Salerno. Nei prossimi mesi diffonderemo in altre realtà locali, in Italia e all’estero, i risultati di questa indagine, nella consapevolezza che il contributo di conoscenza e di attenzione su questi temi possa essere importante per il futuro di molte realtà regionali e locali e per l’Italia nel suo complesso.
Un ringraziamento particolare va al Prof. Enrico Pugliese per i suoi preziosi suggerimenti in fase di progettazione, ai partner che hanno condiviso con noi questo impegnativo percorso (Fiei, Fondazione Ecap-Svizzera, Fondazione Di Vittorio, Futuridea-Benevento, Cedom-Salerno e Spi-Cgil Firenze) e alla Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale (UAPSDS) del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che ha sostenuto il progetto di ricerca.
Dedichiamo questa pubblicazione alla memoria del Prof. Francesco Calvanese, recentemente scomparso, che ci ha accompagnato per tanti anni in questo approccio di indagine glocal al mondo delle migrazioni.
1Coordinatore nazionale Filef
2“Emigrazione: Oggi come allora. Scritti di Paolo Cinanni” – Mincione Edizioni, 2021
Conclusioni / Opportunità / Raccomandazioni
La serie di rilevazioni statistiche elaborate nei diversi studi evidenzia una “rinnovata” natura strutturale del fenomeno emigratorio italiano che ormai riguarda anche la componente dei nuovi cittadini, precedentemente immigrati e naturalizzati in Italia e che, da diversi anni, percorrono analoghe traiettorie migratorie, in particolare in Europa, insieme agli italiani.
(Vedi: “Madri e mogli italo-bangladesi a Londra. Appartenenze multiple, aspettative, ridisegnamenti”.- di Francesco Della Puppa e Valeria Tonioli)
In particolare emerge che la ripartenza di nuova emigrazione dall’Italia in corrispondenza con la crisi globale del 2007-2008 è proseguita per tutto il quindicennio successivo, con una crescita costante in numeri assoluti che si è interrotta solo provvisoriamente in concomitanza con la pandemia da Covid-19, per poi superare, nel 2024, la soglia dei 190 mila espatri. Si tratta dunque di un “terzo ciclo” nella lunga storia dell’emigrazione italiana, come lo hanno definito Enrico Pugliese e Mattia Vitiello nel loro recente libro “Storia sociale dell’emigrazione italiana dall’Unità ad oggi” – il Mulino, 2024.
Appare confermato da diverse ricerche comparate con i dati di istituti di rilevazione esteri che l’entità effettiva della nuova emigrazione italiana è notevolmente più ampia di quella evidenziata dalle sole cancellazioni di residenza, attestandosi, mediamente, sul doppio delle cancellazioni stesse, almeno per i maggiori paesi di emigrazione che sono quelli europei.
(Vedi Figura 15 e 16 – Cancellazioni degli italiani dall’Italia per la Germania e svizzera (Istat) e ingressi di cittadini italiani in Germania e svizzera (Destatis e OFS). 2002 – 2023, “L’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio”, di Mattia Vitiello)
Alla base del fenomeno vi sono ragioni prettamente economiche relative ai differenziali di crescita interna con quelli di altri paesi (in particolare del centro-nord Europa), con l’Italia che si situa in una posizione di retroguardia rispetto alla velocità e alla qualità del loro sviluppo.
La particolare caratteristica di “crocevia migratorio” suggerisce una particolare variante della catena che lega tra loro paesi centrali, semiperiferici, periferici, ultraperiferici: da ciascuna di tali aree si sviluppano generalmente flussi emigratori in direzione dei paesi centrali, mentre quelli intermedi sono coinvolti contemporaneamente da flussi in entrata e anche consistenti flussi in uscita.
I questo senso, una conferma del legame della nuova emigrazione italiana con la insufficiente “qualità della crescita” è evidenziata dai tassi di scolarizzazione interna ai flussi molto elevata (laureati, ricercatori, ecc.) per tutto il periodo preso in considerazione, fino a percentuali particolarmente significative nel 2023, che, per alcune delle regioni più sviluppate del paese supera abbondantemente il 30% del totale dei flussi, avvicinandosi al 40% per il Lazio e la Lombardia (32% Toscana, 32,1% Piemonte, 32,7% Emilia-Romagna, 33,4% Liguria, 35,3% Veneto, 36,9% Friuli-Venezia Giulia, 38% Lombardia, 38,8% Lazio).
(Vedi Tabella 4 – Incidenza laureati sul totale delle cancellazioni per regione (valori percentuali). 2011 – 2023 – “L’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio”, di Mattia Vitiello)
Anche la ripartizione dei flussi per province indica una prevalenza in numero assoluto di quelli originatesi dai capoluoghi di regione o dalle realtà metropolitane del centro-nord. Mentre più variegato e composito risulta essere l’ordine delle percentuali di espatrio rispetto alla popolazione residente tra province del nord, del centro e del sud, segnale questo di una ulteriore differenziazione interna nella struttura economica dei territori provinciali e probabilmente anche di una maggiore o minore propensione territoriale (storica, geografica o culturale) all’emigrazione.
(Vedi Tabella 3 – Cittadini italiani cancellati per l’estero e tasso emigratorio per province. Anno 2023 – “L’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio”, di Mattia Vitiello)
In generale si può dunque affermare che ci si trova di fronte ad un significativo e preoccupante gap tra potenzialità in termini di competenze disponibili e qualità della crescita a partire dalle regioni più avanzate (in termini assoluti) e con variegate situazioni a livello provinciale. Mentre il dato relativamente inferiore di espatrii che si registra nelle regioni meridionali è spiegabile con i paralleli flussi di emigrazione interna da sud a nord del Paese che contribuisce anche fortemente alle dinamiche di spopolamento del meridione.
In mancanza di più adeguate politiche di coesione (europee, nazionali, regionali) la dinamica dei flussi migratori – interni e verso l’estero – segue direttrici ovvie: dalle aree, territori, paesi a minor capacità di valorizzazione individuale, verso quelle a maggiore capacità.
(Vedi Tabelle 6 e 7 – principali paesi di destinazione. 2002-2023 – “L’emigrazione italiana nell’ultimo ventennio”, di Mattia Vitiello)
Ciò vale per il contesto europeo, per quello nazionale e anche per quello interno alle realtà regionali caratterizzate da spostamenti dalle aree interne verso quelle metropolitane.
Dal punto di vista demografico (e della coesione sociale ed economica locale) i dati rilevati mostrano un aggravamento della tendenza alla riduzione di popolazione nazionale e riguardano i flussi nel loro insieme, ivi compresa la parte “proletaria” della nuova emigrazione che continua ad essere quella maggioritaria. Significativa da questo punto di vista anche la composizione per sesso dei nuovi flussi che mostra una tendenziale parità tra componente maschile e femminile, con la crescita continua di quest’ultima.
Gli effetti dei nuovi flussi sulle realtà locali non sono invece immediatamente ricavabili dai numeri assoluti o dal tasso emigratorio percentuale: realtà locali già da anni in declino possono essere colpiti dai nuovi flussi in modo molto più accentuato di quanto indichino i soli numeri di espatrio.
Ciò vale in generale per i territori del centro-sud, in particolare per le loro aree interne caratterizzate da flussi emigratori paralleli sia verso l’estero che verso il centro-nord e anche verso le rispettive aree metropolitane.
(Vedi: “Desertificazione demografica tra emigrazione e invecchiamento nelle aree interne del mezzogiorno”, di Grazia Moffa e Beatrice Fucci)
Desta impressionante che regioni come il Molise o la Calabria abbiano registrato, tra il 2009 e il 2023, una diminuzione del 9,68% e l’8,50% delle rispettive popolazioni residenti. Mentre alcune delle regioni a maggior tasso di nuova emigrazione verso l’estero (Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna, Veneto) registrano tassi molto contenuti di riduzione delle popolazioni (poco più dell’1%) e un’altra fascia intermedia ne perde invece intorno al 5% (Piemonte, Liguria, Puglia, Sicilia e Sardegna), a conferma dei differenziati flussi interregionali sud-nord, delle correnti di immigrazione dall’estero, che, pur in presenza di un tasso naturale in contrazione, produce effetti diversi. Dalla comparazione dei dati regionali sembra essere confermato il persistente declino di attrattività del nord-ovest (Piemonte e Liguria) che non pare avvantaggiarsi particolarmente dai nuovi flussi in arrivo.
(Vedi Figura 1: Variazione della popolazione italiana residente dal 2009 al 2023 – “Desertificazione demografica tra emigrazione e invecchiamento nelle aree interne del mezzogiorno”, di Grazia Moffa e Beatrice Fucci)
All’interno di questo quadro, le cosiddette aree interne e i piccoli comuni tra i 3.000 e i 5.000 abitanti costituiscono i territori a maggior rischio di desertificazione da tutti i punti di vista (demografico, sociale, economico, ambientale) e stando ai dati, le strategie nazionali e comunitarie per le aree interne sembrano aver prodotto al momento risultati molto parziali: nelle province interne di Basilicata e Campania sono in netta prevalenza i piccoli comuni che continuano a perdere popolazione, fino a percentuali estreme del 30% ed oltre nel periodo compreso tra il 2009 e il 2023.
(Vedi: “Desertificazione demografica tra emigrazione e invecchiamento nelle aree interne del mezzogiorno”, di Grazia Moffa e Beatrice Fucci)
Il quadro che emerge dai dati indicati è dunque quello di una tendenza strutturale abbastanza critica, rispetto alla quale le politiche ad oggi adottate a diversi livelli non hanno mostrato una stabilizzazione o elementi di inversione significativi.
Se ne dovrebbe dedurre la necessità di sperimentarne di nuove magari evitando il discutibile assunto che sia possibile modificare trends strutturali in un regime di accentuata libera concorrenza dei fattori produttivi, cioè in uno spazio comunitario e in uno nazionale che sono stati progressivamente lasciati alle dinamiche di mercato nell’ultimo trentennio o che hanno anche registrato forti sollecitazioni a prendere atto definitivamente degli elementi di squilibrio anche sul piano legislativo interno (Autonomia differenziata), forse anche per renderli compatibili con i più ampi e, per alcuni, più cogenti contesti di squilibrio tra altre aree a livello continentale (ad esempio tra il nord Italia e altre aree centro europee).
Per intenderci, la potenza dei fattori strutturali non pare essere adeguatamente contrastata da misure tecniche e estemporanee di “attrazione o ri-attrazione dei talenti o di investitori” che si collocano giocoforza all’interno delle competizione internazionale sulle “risorse umane” e che sono dunque definite e finalizzate a specifici target di popolazione e a specifici settori produttivi, non necessariamente delle aree più deboli.
(Vedi: ‘Misure e progetti di incentivo al rientro’: in “Le leggi regionali per l’emigrazione, le misure per il rientro, le proposte del Cgie e della IV° Conferenza Stato-Regioni-Prov.Autonome-Cgie del 2021”)
Debbono invece essere sperimentati approcci sistemici (locali, regionali, nazionali) che però implicano una forte capacità di visione e di orientamento pubblico e una connessa molteplicità di misure volte a ricondurre all’interno di una dimensione di circolarità ciò che attualmente appare essere connotato da unidirezionalità: se la propensione all’emigrazione non può essere immediatamente contrastata per le ragioni sopra indicate, è tuttavia possibile mantenere, con i soggetti e le collettività in mobilità, relazioni e connessioni tali che possano essere in prospettiva, almeno parzialmente, re-integrate al destino dei territori di partenza.
(Vedi: “Semi di futuro nei solchi dell’abbandono”, di Beatrice Fucci)
Nell’economia del presente lavoro di ricerca appare possibile l’introduzione di elementi di novità rispetto al potenziale ruolo di agenti di sviluppo delle aree di partenza che possono ricoprire gli emigrati che rientrano o anche quelli che, dall’estero, sono aggregabili e coinvolgibili in specifici e condivisi progetti di scopo.
Una delle condizioni principali affinché ciò sia possibile è il riconoscimento e la valorizzazione (sociale, culturale, economica) dei soggetti in mobilità come attori (individuali e collettivi), cioè potenzialmente ri-partecipanti al destino dei territori di origine.
L’altra condizione prioritaria è che gli attori istituzionali siano disponibili a procedere in tale direzione attivando tutte le misure amministrative, finanziarie e di progettualità territoriale necessarie.
In questa prospettiva, riportiamo alcuni degli elementi emersi dai diversi contributi di ricerca. (…)














Lascia un commento