Reportage da Selidovo sul fronte caldo del Donbass

di Vittorio Nicola Rangeloni (da Facebook, 19/11/2024)

Pochi giorni fa ho raggiunto Selidovo, cittadina sulla quale, da poco tempo, è tornato a sventolare il tricolore russo. La visita è stata breve per ragioni di sicurezza, ma emotivamente intensa. L’esercito ucraino ha lasciato Selidovo abbastanza rapidamente, senza ingaggiare battaglie ad oltranza come ad Avdeevka, Ugledar o Bakhmut.

Oggi, poco per volta, il fronte prosegue ad allontanarsi. I soldati ucraini continuano comunque a colpire la città, i droni kamikaze sorvolano le strade pronti a colpire qualsiasi cosa si muova, senza distinzioni. Nella cittadina sono rimasti numerosi civili, vivono nel freddo e nella paura dovuta ai bombardamenti caotici. Laddove la gente ha bisogno, nonostante gli enormi rischi, c’è Yurij Mezinov. Yurij è un volontario che in questi anni ha salvato diverse centinaia di vite evacuando la popolazione dalle prime linee.

Siamo partiti verso Selidovo con questa missione. Lungo la strada monitorata costantemente dall’esercito di Kiev, ho perso velocemente il conto delle auto distrutte dai droni kamikaze. “Questa è recente, ieri non c’era”, commentava periodicamente Yurij. Anche lui è stato più volte bersagliato da questi dannati strumenti di morte. Nel centro di Selidovo abbiamo presto incontrato le persone che dovevamo portare in salvo. Le stradine vanno attraversate di corsa, meglio non dare nell’occhio. Più volte abbiamo incrociato persone che puntavano il dito verso il cielo, mettendo in guardia dalla presenza di sguardi minacciosi provenienti dal cielo. Ma a questo ci pensava costantemente di rilevatore di droni e le continue raffiche di fucile in sottofondo.

Mentre aspettavo le tre persone (ed un pappagallo) da evacuare di fronte al portone di una palazzina, ho iniziato a chiacchierare con uno dei soldati che si occupano di prestare assistenza ai civili. Non credevo alle mie orecchie! Si trattava di un soldato ucraino che, una volta finito in prigionia, ha espresso il desiderio di poter combattere al fianco dei russi “per difendere gli interessi dell’Ucraina”. “Avevo giurato fedeltà al mio popolo ed al mio Paese e non la rinnego. Qui sono convinto di stare dalla parte giusta”, ha affermato il soldato del battaglione Krivonos, finito in guerra contro la sua volontà. “Vivevo in Italia da sei anni e quando sono tornato in Ucraina per aggiornare il visto e rinnovare il passaporto, al posto dei documenti mi hanno richiamato alle armi”. Avrei voluto approfondire la chiacchierata, ma con l’arrivo dei civili siamo ripartiti di corsa verso l’auto di Yurij. Il rilevatore di droni squillava di continuo. Per 15 chilometri il silenzio veniva macchiato solo dalle preghiere dei passeggeri seduti dietro. Poi, finalmente, il pianto liberatorio ed i racconti delle proprie esperienze. La strada piena di crateri ed il buio hanno influito negativamente sulla qualità delle riprese. Ma i contenuti, le emozioni, parlano da sé.

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