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Litio, gas, terre rare : il tentativo Usa di riprendersi l’America Latina.

di Stefano Galieni

Image by Derrick Sherrill from Pixabay

La parola chiave è “litio”, un minerale raro, leggero, il cui uso abbraccia un vasto campo di settori: è utile per le batterie, è un ottimo conduttore, importante nel campo della ricerca militare, in quello del nucleare ma persino nel settore farmaceutico. Spesso poi, come accade in America Latina, nelle zone in cui è presente si trovano molti di quei minerali importanti per il dominio tecnologico del XXI secolo. Il termine utilizzato per i 17 elementi classificati come fondamentali è “terre rare”, aree presenti in tutto il pianeta ma solo in alcune zone presenti in Norvegia, nell’estremo est dell’Afghanistan, per fare esempi. Il litio e le terre rare sono un punto economico fondamentale, ma non l’unico per provare a capire cosa sta accadendo in alcune aree del mondo in cui  aumentano le tensioni politiche e militari. 


Facciamo un passo indietro, Nel dicembre scorso è stato eletto in Argentina come presidente, Javier Milei, definito dalla stampa mainstream come “anarco liberista”. Una contraddizione in termini, le proposte economiche e la gestione politica del Paese latino americano sembrano riprese di sana pianta da quelle dei famigerati “Chicago boys” del secolo scorso: meno tasse, meno Stato, si arrangi chi può che il libero mercato renderà felici tutti. Ovviamente ciò non è avvenuto e quello che si è instaurato in Argentina è un governo di estrema destra la cui prima scelta che è stata attuata è quella del rafforzamento dell’alleanza “strategica” tra Argentina e Stati Uniti in materia di Difesa, come risulta dall’incontro che si è tenuto ad inizio aprile, in Terra del Fuoco, a Ushuaia, tra il presidente Javier Milei e la comandante in capo del Comando Sud degli Stati Uniti Laura Richardson. “Il miglior modo di proteggere la nostra sovranità in un mondo globalizzato ma con conflitti crescenti è rafforzare l’alleanza strategica con gli Stati Uniti”, affermò Milei nel suo discorso di benvenuto.

L’incontro si è tenuto in tale inusuale località perché in quella zona è in corso la costruzione di una Base navale militare integrata con un centro logistico, legata ai programmi di ricerca e di dominio in Antartide, altra area strategica per il futuro imminente. L’incontro ha rappresentato un passo ulteriore nel rafforzamento della cooperazione militare bilaterale dopo la conferma dell’acquisto da parte di Buenos Aires di 24 caccia F-16 dalla Danimarca grazie alla gestione di Washington e il dono all’Aeronautica Militare argentina di un aereo da trasporto Hercules C-130H, del valore di circa 30 milioni di dollari. Sullo sfondo, come ha affermato la stessa Richardson in più occasioni, c’è anche la volontà degli Usa di contrastare la crescente presenza commerciale e militare cinese nella regione e preservare l’accesso a minerali e risorse strategiche come il petrolio e il litio.

L’Argentina confina anche con la Bolivia e la sede del Comando Sud delle forze Usa è in una zona di confine fra i due paesi, la regione boliviana interessata è quella di Tarija. Ma il piccolo paese delle Ande è praticamente circondato da basi statunitensi, difficile pensare che il tentato golpe dei giorni scorsi, non faccia parte di una strategia della tensione atta a scalzare la sinistra al potere, come si è fatto precedentemente in Ecuador. 

La Bolivia, dopo un periodo di grande crescita, dovuta soprattutto ai giacimenti naturali di gas, sta vivendo una crisi che alcuni economisti hanno definito di estrazionismo. Il governo, di sinistra, è costretto ad acquistare energia dai paesi confinanti rivendendola alla metà del prezzo al mercato interno con conseguente crollo delle riserve. Anche dal punto di vista politico i contrasti fra l’ex presidente Evo Morales e l’attuale, Luis Arce, potrebbero aver indebolito la situazione del Paese portando gli, oramai ex comandanti dell’Esercito e della Marina, Juan José Zúñiga e Juan Arnez Salvador, ad attaccare i palazzi governativi. In poche ore il tentativo è stato apparentemente debellato, i generali sono stati considerati i principali artefici del tentato golpe, ed arrestati.

Evo Morales, che difficilmente si potrà ricandidare, come vorrebbe, a presidente nel 2025 ha parlato di “golpe preannunciato”. Secondo quanto riportato dall’Agenzia Boliviana di Informazione (ABI), sono filtrati documenti dall’Ambasciata USA a La Paz, redatti dal Centro di Studi Geopolitici Multidisciplinari (CEGM), in cui si esplicita “un nuovo piano USA per realizzare la ricolonizzazione dell’America Latina”. Il piano mirerebbe a rendere ancora più forte la rottura all’interno del Movimiento al Socialismo, ora al governo, proponendo poi un candidato outsider con l’obiettivo di impadronirsi delle immense risorse naturali del paese, in particolare, appunto, il litio e le terre rare. Un progetto che prevederebbe la nascita di un governo servile e di destra, legato agli Usa.

Con una operazione di vero e proprio camuffamento, il piano sembra, a detta anche di Telesur, essere stato denominato “Simón Bolivar”, per attrarre consenso popolare. 
Secondo El Radar, uno degli attori principali di questo piano in Bolivia sarebbe Debra Hevia, che dal settembre 2023 è responsabile degli affari presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a La Paz. È trapelato anche che la Fondazione Nazionale per la Democrazia, l’Istituto per le Relazioni Internazionali, la DEA, la Fondazione Libertà e Democrazia, la Fundación Construir, la Comunidad Ciudadana, l’Alianza Informativa Latinoamericana, il Military Church Support Group – Centurian Project (Fort Bragg) sono le organizzazioni attraverso le quali il piano verrebbe finanziato. Di un’operazione come questa trarrebbero vantaggio gli Usa e l’Argentina, che, potenziando la sua capacità produttiva nel megagiacimento di gas di “Vaca Muerta” (nel sud del Paese), con una politica di eliminazione dei dazi per l’esportazione aumenterebbe il proprio potere nell’intero continente. Ma trarrebbero vantaggio politico soprattutto gli Usa, preoccupati che, per risolvere la crisi economia, la Bolivia riesca a nazionalizzare la propria produzione di litio, terre rare e gas entrando in partnership con la Cina. 

Il golpe per ora è fallito ma da La Paz devono correre presto ai ripari. Nel resto del continente, se si fa eccezione, in parte per il Cile, di Boric – con le sue contradizioni, il Brasile di Lula e, anche lì con tanti problemi il Venezuela di Maduro, la Colombia di “Pacto Historico”, guidata da Gustavo Petro, l’affacciarsi delle destre filo Usa è oggi in ascesa. L’instabilità domina la situazione in Perù, in Uruguay, dopo la sconfitta del 2019 del Fronte Amplio (sinistra), sono al governo, alleati, il Partito Blanco, quello Colorado e una forza di estrema destra, in Paraguay, l’imprenditore Abdo Benitez, figlio del segretario personale del dittatore Alfredo Stroessner, di cui si gloria di aver portato la bara alla sua morte nel 2006, è presidente di una destra ultraliberista. Il rischio di una involuzione a destra, sponsorizzata dagli Usa, simile a quella europea è molto forte. Il tentativo di golpe nella piccola Bolivia è solo un’avvisaglia.

FONTE: https://www.serviziopubblico.it/post/2394

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