di Sandro De Toni

“O la va o la spacca” si è probabilmente detto Emmanuel Macron sciogliendo l’Assemblea nazionale la sera stessa in cui i risultati delle europee ridicolizzavano la sua maggioranza inchiodata ad un misero 14,6% con la destra di Marine Le Pen giunta al 31,4%. Giocando sempre con lo stesso schema, “me o il caos”, il Presidente, il cui mandato scade nel 2027, sta cercando di utilizzare la crescita del Rassemblement national (RN) come una sorta di polizza di assicurazione sulla sua vita politica e di radunare a suo favore il “Fronte repubblicano”.
Lo scioglimento della Camera dei deputati avviene infatti nel momento peggiore per una Gauche divisa da mesi di polemiche furibonde al suo interno. Come in una partita a poker Macron gioca al rialzo ma questa volta gli avversari sembrano volere vedere le sue carte. La sua mossa, oltre a produrre lo sgomento tra le sue truppe, ha avuto come conseguenza l’immediata unità delle due destre estreme e l’accordo lampo delle sinistre per affrontare unite le elezioni legislative fin dal primo turno il 30 giugno prossimo.
Se all’alleanza tra il RN e Reconquête di Eric Zemmour che il 9 giugno scorso hanno totalizzato il 37% dei suffragi, si unisse anche solo una parte dei gollisti (Les Républicains – LR) insieme supererebbero il 40% alle legislative. La prospettiva della presa di Matignon, il Palazzo Chigi francese, da parte di Le Pen e del suo delfino, Jordan Bardella, ha indotto le forze di sinistra a trovare un accordo unitario in appena quattro ore; d’altronde le liste devono essere depositate entro le ore 18 didomenica 16 giugno.
Hanno anche inciso gli appelli di centinaia di personalità ed intellettuali, dei sindacati, delle organizzazioni studentesche e femministe, di singoli dirigenti di tutti i partiti e le manifestazioni di piazza spontanee in tutte le grandi città francesi da Parigi a Marsiglia, da Bordeaux a Nantes, che scandivano la parola d’ordine del Fronte popolare. Si, proprio quello di Léon Blum del 1936.
I socialisti di oggi sono ovviamente molto diversi da quelli di allora e si presentano divisi tra chi vuole creare un’entente centrista con la “maggioranza” macroniana, chi un’alleanza di sinistra ma che escluda LFI e chi, pur ridiscutendo l’accordo programmatico stilato in occasione delle legislative del 2022 al tempo della Nupes (Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale), ritiene imprescindibile il suo apporto. Il buon risultato degli insoumis alle europee (il 10%) non molto distante dai socialisti di Raphael Glucksmann (13,8%) ha ridimensionato le velleità della destra socialista.
Bisogna anche considerare che socialisti e verdi sono sempre stati sovra rappresentati alle elezioni europee dove partecipa soprattutto il ceto medio urbano, mentre LFI ha i suoi punti di forza tra i giovani e nelle periferie cittadine dove vivono le seconde e le terze generazioni degli emigrati maghrebini e subsahariani che prevedibilmente si mobiliteranno in suo favore contro il razzismo della destra e l’islamofobia. Adesso il confronto si sposta sul programma, sui 577 nomi da presentare nei collegi dislocati tra la Francia metropolitana ed i territori d’oltremare, dove vivono peraltro più di due milioni di cittadini, e sul nome del candidato a Premier.
Alla fine, una ventina tra partiti e associazioni hanno sottoscritto l’accordo unitario della sinistra, mentre i sindacati hanno convocato una grande manifestazione contro l’estrema destra per questo week-end.
Il confronto sul programma e sul nome del candidato Premier Glucksmann, sottolineando di essere arrivato primo a sinistra alle europee, ha già messo le mani avanti: “non rifaremo la Nupes; ci vuole un orientamento chiaro: sostegno incrollabile alla resistenza ucraina e rispetto totale delle sue frontiere, progredire nella costruzione dell’UE, difesa europea comune, transizione ecologica”.
Ha anche proposto, senza consultare gli altri partiti, l’ex-segretario del sindacato moderato CFDT, Laurent Berger, come candidato a Primo ministro, escludendo la candidatura di Jean-Luc Mélenchon.
Tutt’altra musica non solo da parte della LFI ma per fortuna anche al tavolo degli stati maggiori della sinistra che non hanno fatto menzione di nessuna candidatura a Primo ministro rinviando tale scelta a un secondo tempo e hanno delineato 10-15 proposte sia pure sommarie di un programma comune dopo una discussione che ha coinvolto anche i sindacati, le associazioni, la società civile.
Il comunicato finale dell’incontro di lunedì sera parla di “un programma di rottura sociale ed ecologica percostruire un’alternativa ad Emmanuel Macron e combattere il progetto razzista dell’estrema destra”. Si ritorna a parlare di pensione a 60 anni, dell’aumento del salario minimo e delle retribuzioni, dell’annullamento della riforma dell’indennità di disoccupazione e della legge sull’immigrazione approvata con i voti della destra, di tariffe regolamentate per l’elettricità, della biforcazione ecologica e così via.
Se il Presidente della Repubblica voleva furbescamente approfittare delle divisioni della Gauche, sembra avere ottenuto l’effetto opposto. Questo accordo a sinistra fa saltare lo schema binario di Macron ed introduce un sia pure difficile gioco a tre.














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