FRANCIA-GERMANIA, IL DIVORZIO

di Sandro De Toni

La guerra in Ucraina sta ponendo fine anche all’Unione europea così come l’abbiamo conosciuta in questi ultimi decenni, cioè un’Unione co-diretta dal duo franco-tedesco. Uno dei sintomi – peraltro poco avvertito dai commentatori italiani – è rappresentato dalle divergenze sempre più marcate tra Parigi e Berlino. I terreni di scontro sono essenzialmente tre: l’adesione dell’Ucraina alla Nato, la “Difesa europea” e la riforma del Patto di stabilità.
A segnalare il raffreddamento dei rapporti tra le due capitali, l’annullamento della visita del Presidente francese prevista per il 2 luglio scorso a Berlino per celebrare il sessantesimo anniversario del Trattato dell’Eliseo, il Patto di amicizia franco-tedesco. Una visita rinviata ufficialmente a causa delle rivolte delle banlieue.

A Bratislava, in Slovacchia, il 31 maggio scorso, Macron aveva ammesso di “aver fatto un’affermazione severa dichiarando, nel dicembre del 2019, la morte cerebrale della Nato; Vladimir Putin l’ha risvegliata con il peggiore degli elettrochoc”. Si stenta a riconoscere il Presidente che all’inizio del conflitto, fino a qualche mese fa, chiamava Putin un giorno sì e l’altro pure per convincerlo a sedersi al tavolo delle trattative. Un Presidente che nel corso del suo viaggio a Mosca e Kiev del 7-8 febbraio 2022, suggeriva una sorta di “finlandizzazione” dell’Ucraina con uno statuto di neutralità.

Parigi ha poi capovolto la sua posizione sull’adesione dell’Ucraina al Patto atlantico diventando uno dei suo maggiori sponsor. I motivi sono due, uno tattico, l’altro strategico. Parigi si avvicina tatticamente ai paesi dell’est europeo e ai paesi baltici, cercando di conquistare la leadership nella futura UE che la vede insieme, per l’appunto alla Polonia, come il paese con le forze armate più forti. Approfittando della confusione strategica che regna in Germania, orfana di una pluridecennale ostpolitik che garantiva materie prime e risorse energetiche a basso costo e pressata dagli Usa a ridimensionare i suoi rapporti commerciali con la Cina, Parigi si accredita presso le capitali dell’est europeo come garante del permanere di una politica europea antirussa. Sempre nella capitale slovacca ha avuto modo di chiarire di non credere “che ci sia un Europa occidentale ed un Europa orientale, una vecchia Europa e una nuova Europa. Sarebbe perpetuare una frontiera artificiale imposta per decenni dall’Unione sovietica”. Per rendere più credibile il suo avvicinamento alle preoccupazioni dei paesi dell’est europeo Macron ha annunciato la fornitura all’Ucraina di missili Scalp a medio raggio (300 km) che possono perforare le difese dei bunker.

In una prospettiva a medio termine, conclusa temporaneamente la guerra in Ucraina con una tregua sul modello coreano, rimarrebbe il problema di fornire garanzie a Kiev nel caso di una ripresa dell’aggressione russa. I dirigenti francesi hanno parecchi dubbi sul futuro impegno statunitense sul suolo europeo che prevedono sarà rivolto invece con sempre maggior attenzione all’indopacifico. Vincolare gli Usa con l’adesione dell’Ucraina alla Nato e con il dispositivo dell’articolo 5 del Trattato di difesa del Nordatlantico, fornirebbe una garanzia non solo agli ucraini ma anche agli altri europei. Gli Stati uniti condividerebbero così con i paesi del vecchio continente il fardello della probabile futura ripresa della guerra.

Il voltafaccia di Macron ha irritato non poco Berlino. Olaf Scholz teme invece che questo passo possa condurre ad un’escalation bellica e punta a ristabilire nei prossimi anni un rapporto meno conflittuale con la Federazione russa per salvaguardare gli interessi del proprio apparato produttivo.

Anche l’ipotesi di una “Difesa europea” (all’interno della Nato, beninteso) fa litigare i due ex-comprimari: la Germania si riarma ma con apparati bellici statunitensi, mentre Parigi punta le sue carte sui consorzi industriali europei. Il caso degli F-16 acquistati dalla Germania invece di puntare su un aereo di fabbricazione europea è emblematico.

Infine, mentre la Francia, insieme a Italia e Spagna, vuole riformare i criteri pro-ciclici del Patto di stabilità europeo abbandonando almeno parzialmente le politiche di austerità, Berlino vuole sostanzialmente mantenerle.

La domanda da porsi è se può continuare ad esistere un’Unione europea con una Germania declassata ad un ruolo subalterno. Difficile da credere.


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