di Franco Trapani
Io non rifarei la storia secondo dietrologia dal compromesso storico in poi. Sufficit questo richiamo, per capirci. D’altra parte, la situazione attuale, di blocco invisibile delle istituzioni repubblicane e la paralisi della democrazia e della società in questo paese, merita interventi alti e sostanziosi. Alti e sostanziosi, cioè, ben oltre le attuali possibilità politiche della destra e della sinistra, in grado di indicare una via, che non sia quella, ignoranda, dei grillini (dal rumoroso flop da temere paurosamente, spia dei tempi e conseguenza di tutto un passato, promessa a breve di ulteriore regressione).
Si può dire con dimostrata attinenza al vero che la fase di liberismo dal compromesso storico ad oggi e per l’immediato futuro è come la Scolastica? Manca, è vero, la sua quarta fase di dissolvimento, manca un nuovo Bacone. Non si avverte altro, mentre le destre liberiste, razziste e schiaviste infieriscono, che il solito verso della superata sinistra, che per istinto vitale cerca di venire alla luce nel lungo travaglio dell’impantanata SEL.
In questo desolato paesaggio di regressione e barbarie, quasi tutti soffrono ed il tentativo di involgersi nel personale-privato, consumando, se si può, qualche frutto di mercato, diventa sempre più forte, in ciò disertando l’impegno a nuove ricerche.
Non possiamo attendere un nuovo umanesimo: sarebbe un inganno mostruoso ed, in ogni caso, del tutto parziale. Infatti quell’umanesimo che diceva con Francesco Petrarca…
<<mi alzo a mezzanotte ed esco di casa all’alba; tuttavia in campagna sono come a casa, studio, penso, leggo scrivo […]. Qui in quest’angusta valletta, raduno intorno a me da ogni luogo e da ogni tempo tutti i miei amici presenti e passati (non soltanto quelli che conobbi familiarmente, ma anche gli altri morti parecchi secoli prima di me e conosciuti solo attraverso gli studi letterari) […]: assai più desideroso di conversare con questi che non con gli uomini, che si illudono di vivere soltanto perché, respirando nell’aria fredda, si accorgono che il loro alito lascia di sé non so che di rancido vestigio. Così vado errando placido e tranquillo… >> [laddove “errando” (v. s.), vuol dire camminando senza una meta precisa, ma anche sbagliando. N. d. r.]. E proseguiva il poeta:
<<Abbandoniamo la città senza l’intenzione di tornarvi […]. Bisogna sradicare i motivi di preoccupazione e tagliare i ponti […]. Affrettiamoci, lasciamo la città ai mercanti ed agli avvocati, ai sensali agli usurai ai notai, ai medici ai profumieri ai macellai ai cuochi ai salcicciai ai fabbri ai tesorieri […] ai musicanti ai ciarlatani agli architetti, ai mezzani ai ladri agli scioperati che con l’olfatto sempre all’erta captano l’odore del mercato: e questa è l’unica loro felicità.>>
Ed aggiunge con alterigia[1]:
<<non sono della nostra razza…>>.
Quell’umanesimo fatto di <<otium protetto e sereno>>, infatti, lasciò il campo ad un Rinascimento artisticamente di valore, socialmente feroce per le masse, di grandissimo sfarzo per le più alte ed intoccabili caste del papato e dell’impero. Insomma di quelle forme di potere assoluto che i tempi sembrano annunciare.
La domanda è: ci vuole sì una nuova cultura e ci vorrebbe, già da tempo, una nuova filosofia: siamo in grave ritardo. Mentre la Storia non batte ciglio, l’uomo comune perde presto la speranza ed intravede come soluzione alla disperazione e alla depressione che l’attanaglia, il suicidio e l’omicidio. Chi ci aiuterà a cercare? La sola buona volontà stavolta certamente non basta.
[1] Le citazioni petrarchesche provengono da Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, nel testo L’uomo medievale a cura di Jacques, Le Goff, RM-MI, Laterza, 1993, cap. V L’intellettuale, alle pp. 229-230.













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