di Silvana Cappuccio*
21 milioni di persone, ovvero 3 su 1000, sono vittime del lavoro forzato nel mondo. Di queste, 880.000, cioè 1,8 per 1000, si trovano nell’Unione Europea (UE). Le donne costituiscono la maggioranza (58%). Questo è il quadro sul lavoro forzato contenuto nell’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la cui parte riguardante l’UE è stata presentata ieri all’Europarlamento.

In quella sede, si è sottolineato il bisogno di indirizzare gli sforzi verso una migliore identificazione dei casi di lavoro forzato e al loro perseguimento, insieme a quello dei crimini correlati come la tratta di persone.

I dati sono impressionanti, soprattutto se si pensa che si tratta di stime per difetto, data l’enorme difficoltà di accesso a dati attendibili, e si constata la tendenza in netto aumento in rapporto alle precedenti stime. Si tratta per il 70% di casi di sfruttamento per lavoro, soprattutto nell’agricoltura, nel lavoro domestico, nell’industria manifatturiera e nelle costruzioni, dove i lavoratori vengono tratti in inganno da situazioni ricattatorie mascherate da offerte di lavoro apparentemente “normali”. Le vittime di sfruttamento sessuale provengono maggiormente dalla UE, dall’Europa centrale e del Sud-Est, dall’Africa, e, in percentuale minore, dall’America latina e dall’Asia.

Il tasso di prevalenza, ovvero il numero di lavoratori forzati per 1.000 abitanti, è più elevato in Europa centrale e sud-orientale e nella Comunità di stati Indipendenti (CSI), che registrano un rapporto di 4,2 per 1000 abitanti. Segue l’Africa, con il 4 per mille. In termini assoluti, la regione Asia-Pacifico conta il maggior numero di lavoratori forzati al mondo, 11,7 milioni (56%); al secondo posto l’Africa con 3,7 milioni (18%), seguita dall’America Latina con 1,8 milioni (9%).

Negli ultimi anni, gli Stati membri della UE si sono progressivamente dotati di un approccio più globale alla tratta di persone e al lavoro forzato per sfruttamento sessuale. L’OIL ha lavorato insieme ai governi di Francia, Germania, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito e Romania per condurre delle ricerche sui meccanismi di reclutamento, le truffe e gli abusi nei settori più vulnerabili alla tratta di persone.

Sul piano globale, le statistiche permettono anche di valutare il numero di persone che si trovano intrappolate nel lavoro forzato a seguito di una migrazione. Sono 9,1 milioni (44% del totale) le vittime che si sono spostate sia all’interno del proprio paese o al di là dei confini. La maggior parte, 11,8 milioni (56%), è sottoposto al lavoro forzato nella regione di origine o di residenza.

I movimenti transfrontalieri sono molto spesso associati allo sfruttamento sessuale forzato. Al contrario, la maggioranza dei lavoratori forzati in altre attività, e quasi tutti quelli sottoposti al lavoro forzato dallo Stato, non si è allontanata dalla regione di origine.

Un altro dato allarmante riguarda l’età delle vittime, poiché 5,5 milioni di lavoratori costretti al lavoro forzato (pari al 26%) hanno meno di 18 anni.

* CGIL – Politiche globali

Scarica il rapporto in inglese.


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