di Paolo Cinanni
Nel corso della storia dell’umanità, il fenomeno migratorio rappresenta sempre un fattore di progresso per i paesi d’immigrazione, che si adegua man mano alle esigenze dello sviluppo delle forze produttive.
Dalla primitiva emigrazione coloniale, si passa alle ferme caratteristiche dell’emigrazione operaia più recente, sino ai nostri giorni, in cui l’immigrazione viene man mano adeguandosi al nuovo processo di decentramento produttivo, assumendo anch’essa forme nuove.
La primitiva emigrazione di coloni era diretta verso paesi e regioni scarsamente popolate, per la messa in coltura di nuove terre e per la trasformazione progressiva delle colture estensive in colture intensive specializzate, con la promozione di un nuovo mercato, che crea le premesse medesime per lo sviluppo dei primi processi d’industrializzazione.
A cominciare dal Nord-America, negli ultimi decenni del secolo scorso, la primitiva immigrazione viene perciò stesso trasformandosi: grandi masse di forza-lavoro, e fra queste i lavoratori immigrati, vengono concentrati nei grandi agglomerati urbani ove si sviluppa la grande produzione industriale. L’immigrato si trasforma, quindi, da contadino in operaio, concorrendo – col suo contributo aggiuntivo di lavoro produttivo – allo sviluppo accelerato dell’economia del paese ospite, fornendo al capitale stesso un supervalore crescente, che ne accelera la riproduzione e l’espansione del suo potere sui mercati mondiali.
Questa supremazia economica e finanziaria del capitale dei paesi industrializzati sui mercati mondiali si trasforma presto in potere politico e dominio imperialistico sugli altri paesi del mondo. Continua a leggere
di Gabriele Giorgi
Tra prima ondata e seconda ondata e relativa gestione, mi sono fatto questa idea. Grazie soprattutto alle testimonianze che arrivano da altri paesi europei.
Nella prima fase noi, l’Italia, abbiamo fatto la chiusura cercando di emulare Cina e Corea. Che allora erano gli unici esempi si riferimento. Dovevamo farlo perché eravamo i primi in occidente ad essere aggrediti con “virulenza” e dunque quelli messi peggio. La scelta era, per forza di cose nostra, una scelta nazionale, obbligata.
La cosa ha funzionato abbastanza bene.
La Cina, l’estremo oriente in generale, inclusi Giappone, Vietnam, ecc., ma anche (a conferma che non tutto l’occidente è uguale) l’Australia e la Nuova Zelanda, ha tenuto duro sul quel modello di contenimento anche dopo la fine della prima ondata, intervenendo duramente in ogni occasione di recrudescenza della diffusione del virus. Per loro anche la scelta era ed è obbligata, poiché sono o isole o isolate dal contesto territoriale della grande comunità occidentale. E forse anche perché hanno un concetto di modernità differente da quello, totalmente ideologico, delle raffinate classi dirigenti di tramontana. Continua a leggere
(di Alessandro Visalli)
8 marzo 2020, ore 18.00, Napoli, Italia.
Una professoressa dei miei due figli potrebbe essere contagiata, o almeno lo teme. Un suo compagno ha un caso nel palazzo di casa e un altro, di un’altra classe, risulta positivo. Ma in Campania quasi un giorno fa risultavano meno di novanta casi.
Nel mondo cento paesi risultano[1] contagiati, in Cina si è arrivato al picco di circa ottantamila casi ma ora è in fortissimo calo, in Corea del Sud ci sono oltre settemila casi, in Italia più di seimila probabilmente, l’Iran ha quattromisettecento casi, seguono la Germania con seicentotrentanove casi, la Francia con seicentotredici, il Giappone con quattrocento, la Spagna con trecentosettanta, la Svizzera con duecento, gli Stati Uniti con duecentotredici casi, il Regno Unito con centosessanta, e via dicendo. In tutto circa centomila casi nel mondo e tremilacinquecento morti. Continua a leggere
Una stazione di Wuhan il 22 gennaio (Xiaolu Chu/Getty Images)
di Francesco Maringiò
Mentre l’isteria dei media mainstream ha speculato sulla gestione dell’emergenza da parte del governo cinese, Pechino ha approntato una strategia in due mosse per aggredire la diffusione del virus. Cosa può imparare l’occidente da questa emergenza. Continua a leggere
di Angelo Baracca
Si stanno accavallando le considerazioni più svariate sull’attuale epidemia da coronavirus, pareri discordanti di specialisti, valutazioni politiche diverse: non solo il cittadino comune riceve una gran confusione, ma anche una persona con qualche base scientifica stenta molto ad orientarsi. Io sono un fisico di formazione e nonostante i miei interessi generali non sono in alcun modo un esperto in questo campo, ma sono debitore al Dott. Ernesto Burgio di informazioni e commenti basilari per questo articolo (dei cui contenuti peraltro egli non ha alcuna responsabilità). Continua a leggere
Riprendo qui solo alcune considerazioni tralasciando quanto già pubblicato su Médiapart il 24 febbraio scorso. Dall’inizio dell’allarme per l’epidemia e/o pandemia (secondo le diverse interpretazioni), sono stati pubblicati molti articoli. Fra i tanti quelli che mi sembra meritino attenzione riguardano senza dubbio la critica alla gestione dell’evento per scatenare paura, paranoia, allarmismo a volte esasperato, se non uno stato d’eccezione: oramai una tendenza abituale della governance liberista che sfrutta a tale scopo ogni emergenza reale o gonfiata (e questo vale anche per i terremoti in Italia da quello dell’Irpinia sino a quello più recente). Si approda così a ciò che gli amici di Cultures&Conflits chiamano lo stato d’urgenza permanente, che autorizza ogni libero arbitrio e – aggiungerei – rende ancor più facile la pratica dell’anamorfosi dello Stato di diritto democratico mostrando così come la democrazia sia approdata all’eterogenesi cioè alla distopia[1]. Continua a leggere
Alla drammatizzazione del virus da parte dell’industria dei media in cerca di sensazionalismi e ad opera di un ceto politico delegittimato e terrorizzato che prova a pararsi il culo – e in solidarietà antitetico-polare con il turbosciacallaggio scientifico dei filosofi indipendenti, delle destre e di Salvini in particolare – risponde prontamente la sinistra libertaria di ispirazione più o meno foucaultiana, la quale vede esperimenti biopolitici anche dove di tali esperimenti non sussiste il bisogno e che non rinuncerebbe alla libertà di spritz nemmeno sotto un bombardamento a Beirut, così che tutto ciò che minaccia di turbare il suo godimento consumeristico diventa “stato d’eccezione” e ogni vacca sfuma nel nero. Continua a leggere
Una settimana fa, scrivemmo un post sul fatto dei tempi, lasciando lì una domanda di accompagno allo svolgersi dei fatti: in che misura quanto sta succedendo cambierà la mentalità e poi le forme sociali, se le cambierà? Mi pare la domanda sia e sarà, a lungo, attuale. Vediamo allora, se qualcosa sta cambiando, cosa sta cambiando. Continua a leggere
di Andrea Zhok
Sono ancora in molti a ritenere che la reazione italiana al coronavirus sia stata esagerata.
Ora, visto che siamo su FB e non in un consesso di esperti, dico la mia, solo a titolo di opinione personale.
Ecco, la mia impressione è che in Italia, e in verità ovunque in Occidente, lungi dal sopravvalutare la situazione, la si stia sottovalutando di molto. Continua a leggere
di Paolo Desogus
Non posso negare di aver tenuto verso il coronavirus un tutto sommato atteggiamento scettico e forse anche superficiale, sebbene ne sapessi poco. Le ragioni erano dovute più che altro al modo in cui la stampa ha inizialmente presentato il fenomeno, servendosi del solito canovaccio della paura e della spettacolarizzazione. Vi ricordate le prime pagine di Libero, “Prove tecniche di strage”? O l’ossessivo conteggio dei decessi e dei malati lanciato da Repubblica? O ancora gli approfondimenti televisivi in cui tra gli esperti venivano chiamati Fabio Volo e Cacciari? Non posso negarlo: facevo, e tuttora faccio, davvero fatica a raccapezzarmi tra il sensazionalismo, l’esasperazione emotiva e l’assenza di professionalità giornalistica. Continua a leggere
di Simona Ciaramitaro
Nella linea di confine fra stagnazione e recessione si è insinuato il Convid-19. Una circostanza che emerge chiaramente dalla nota dell’Area delle politiche di sviluppo della Cgil, nella quale si analizzano i dati statistici dell’andamento economico nello scorso anno e nei primi mesi di quello in corso, per illustrare poi le proposte del sindacato. Pochi giorni fa, ricorda il documento, l’Istat ha confermato la frenata dell’economia italiana negli ultimi tre mesi del 2019 (0,3 punti percentuali di Pil rispetto al trimestre precedente), quando ancora il virus e le misure preventive alla sua diffusione non avevano fatto la loro comparsa. L’anno che ci siamo lasciati alle spalle resta positivo, ma i numeri non fanno ben sperare: la variazione del prodotto interno lordo ha registrato una crescita modesta rispetto al 2019, pari a 0,3 per cento, ma il trascinamento negativo nell’anno in corso vale una variazione acquisita di -0,2 punti di Pil.
Su questo quadro si innesta il Coronavirus ed è l’Ocse la prima istituzione internazionale a fornire dati. Nell’Interim Economic Outlook si definisce l’epidemia come “il più grande pericolo dalla crisi finanziaria” e le previsioni di crescita globale, di tutte le principali economie del mondo, vengono ridimensionate, passando dal 2,9 per cento stimato a novembre 2019 al 2,4 di marzo 2020. Il peso del diffondersi del virus varia naturalmente nello scacchiere mondiale. Per l’Italia le revisioni al ribasso delle stime di crescita dell’economia predicono la stagnazione per l’anno in corso, con una variazione del Pil pari a zero, -0,4 per cento rispetto alle previsioni di autunno. Questo significa una flessione del Prodotto interno lordo almeno nel primo trimestre di quest’anno ed è noto che con due trimestri congiunturali di segno negativo si entra tecnicamente in recessione.
Necessitano quindi politiche “antivirus” per affrontare l’impatto negativo tanto sul fronte della domanda quanto su quello dell’offerta. Occorrono politiche espansive, si sostiene nella nota dell’Area delle politiche di sviluppo della Cgil, come ci suggeriscono l’esperienza della Grande crisi e l’austerità. L’intervento dovrebbe corrispondere a un punto di Pil, vale a dire quasi 18 miliardi di euro nel breve periodo, per avere così riflessi positivi anche in quello medio e lungo. Il sindacato ha chiesto al governo una serie di interventi di politica economica che usino come leve investimenti e occupazione. Per la Cgil è necessario puntare sui settori anticiclici, uno su tutti quello dell’edilizia, utilizzando gli strumenti per mobilitare il risparmio privato, compresi Social bond, Green bond ed Eurobond.
In primo piano, tra le proposte, anche le misure a tutela dei diritti: l’estensione degli ammortizzatori sociali e le forme di sostegno al reddito, a partire da quelle fiscali e ponendo il blocco dei licenziamenti alle aziende come condizione di accesso alle risorse. E ancora, occorre aumentare l’occupazione pubblica con un Piano straordinario che preveda anche la parità di genere e il potenziamento dei settori della ricerca, dell’istruzione e della sanità, come anche non è più procrastinabile affrontare il tema delle politiche industriali attraverso un nuovo intervento pubblico.
Non ultimo, sottolinea la nota del sindacato di Corso d’Italia, bensì essenziale il ruolo dell’Europa. Un confronto del nostro Paese con le istituzioni comunitarie dovrà puntare all’adozione almeno della golden rule (lo scomputo del calcolo del deficit, ndr) per gli investimenti nel campo del sociale e del “green” e alla sospensione del Fiscal compact, anche con la revisione dell’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione.
FONTE: https://www.rassegna.it/
In Lombardia è emergenza sanitaria, dal punto di vista strutturale. Nelle zone rosse, ad esempio, diversi medici sono in quarantena e, quindi, mancano i supporti necessari per gestire l’espansione dell’epidemia, che continua a circolare, a far registrare vittime e nuovi contagi. Per questo, oggi, nella conferenza stampa quotidiana in cui si fa il punto sullo stato della malattia in Lombardia, la giunta regionale della Lega si è detta disponibile ad accettare l’aiuto dei medici ong.
di Lanfranco Caminiti
Benché l’invito delle persone più autorevoli, quelle che con l’atteggiamento, le parole, persino la postura, ti dicono di non farti prendere dal panico, di non dare retta a sprovveduti che pontificano dai social, ma di affidarsi ai medici, agli esperti, ai tecnici, alla scienza – questa del coronavirus è la conclamata impotenza della scienza. La scienza non è mai pronta per l’emergenza, per l’improvviso esplodere di una eccezionalità – la scienza ha bisogno di tempo, per la ricerca, e ha bisogno di tempo, per scoprire un rimedio, perché deve verificare, incrociare, aspettare, riverificare, riaspettare. Se tutto va bene, fra diciotto mesi avremo il vaccino contro il virus – forse neanche in tempo per quelle vaccinazioni di massa dell’autunno inoltrato (il vaccino ormai porta l’inverno, come l’arrivo della rondine faceva primavera) che sono diventate consuetudine. Continua a leggere
di Vittorio Stano
Dall’ ultimo rapporto OCSE-PISA 2018 emerge una fotografia impietosa sulle performances degli studenti italiani. Il PISA (Programme for International Student Assessment) monitora lo stato di salute dei giovani studenti a livello internazionale. L’ obiettivo è quello di misurare le competenze dei ragazzi di 15 anni in tre macromaterie: lettura, scienze e matematica.
Gli studenti italiani in lettura ottengono un punteggio di 476, inferiore alla media OCSE (487 punti), collocandosi al 30° posto (su 79 paesi partecipanti). Le province cinesi Pechino-Shanghai-Jangsu-Zhejiang e Singapore ottengono un punteggio da 591 a 569. Continua a leggere
Chi scrive lavora (con altre tremila persone1) su CMS, un esperimento del CERN che insieme ad ATLAS ha appena annunciato la scoperta del bosone Higgs. O per essere veramente pignoli, di qualcosa-che-gli-somiglia-tanto-tanto-ma-tra-qualche-mese-ne-sapremo-di-più. Se penso all’importanza storica di questo risultato mi vengono i brividi. A qualche giorno di distanza dall’annuncio ufficiale me la sono sentita di fare due considerazioni in pubblico, ma ci tengo a precisare che quanto segue rappresenta solo il mio personale punto di vista Continua a leggere