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Brasile: il discorso di insediamento del Presidente Lula davanti al Parlamento

Pubblichiamo il discorso pronunciato da Lula nel Parlamento della capitale Brasília il 1° gennaio 2023, in occasione dell’insediamento del nuovo governo.

Per la terza volta mi presento a questo Parlamento Nazionale per ringraziare il popolo brasiliano per il voto di fiducia ricevuto. Rinnovo il mio giuramento di fedeltà alla Costituzione della Repubblica, insieme al Vice Presidente Geraldo Alckmin e ai ministri che lavoreranno con noi per il Brasile.

Se siamo qui oggi, è grazie alla consapevolezza politica della società brasiliana e al fronte democratico che abbiamo formato durante questa storica campagna elettorale.

La democrazia è stata la grande vincitrice di queste elezioni, riuscendo a prevalere sulla più grande mobilitazione di risorse pubbliche e private mai vista; le più violente minacce alla libertà di voto, la più abietta campagna di bugie e odio tramata per manipolare e mistificare l’elettorato.

Mai prima d’ora risorse pubbliche statali sono state così mal utilizzate a vantaggio di un progetto autoritario di potere. Mai la macchina pubblica è stata così sottratta ai controlli repubblicani. Gli elettori non sono mai stati così vincolati dal potere economico e dalle bugie diffuse su scala industriale.

Nonostante tutto, ha prevalso la decisione delle urne, grazie a un sistema elettorale riconosciuto a livello internazionale per la sua efficacia nel ricevere e contare i voti. L’atteggiamento coraggioso della Magistratura, in particolare del Tribunale Superiore Elettorale, è stato fondamentale per far prevalere la verità delle urne sulla violenza dei suoi detrattori.

Signore e signori parlamentari,

Tornando a questa seduta plenaria della Camera dei Deputati, dove ho partecipato all’Assemblea Costituente del 1988, ricordo con commozione gli scontri che qui abbiamo combattuto, democraticamente, per inscrivere nella Costituzione il più ampio insieme di diritti sociali, individuali e collettivi, a vantaggio della popolazione e della sovranità nazionale.

Vent’anni fa, quando sono stato eletto presidente per la prima volta, insieme al collega vicepresidente José Alencar, ho iniziato il mio discorso inaugurale con la parola “cambiamento”. Il cambiamento che intendevamo era semplicemente quello di attuare i precetti costituzionali. A cominciare dal diritto a una vita dignitosa, senza fame, con accesso al lavoro, alla salute e all’istruzione.

In quell’occasione ho affermato che la missione della mia vita si sarebbe compiuta quando ogni uomo e donna del Paese avesse potuto consumare tre pasti al giorno.

Dover ripetere oggi questo impegno – di fronte all’aumento della povertà e al ritorno della fame, che avevamo superato – è il sintomo più grave della devastazione che si è imposta al Paese in questi anni.

Oggi il nostro messaggio al Brasile è di speranza e di ricostruzione. Il grande edificio di diritti, sovranità e sviluppo che questa Nazione ha costruito dal 1988 è stato sistematicamente demolito negli ultimi anni. È per ricostruire questo edificio di diritti e valori nazionali che dirigeremo tutti i nostri sforzi.

Signore e signori,

Nel 2002 dicevamo che la speranza aveva vinto la paura, nel senso di aver superato i timori di fronte all’inedita elezione di un rappresentante della classe operaia a presiedere ai destini del Paese. In otto anni di governo abbiamo chiarito che tali timori erano infondati. Altrimenti non saremmo qui di nuovo.

È stato dimostrato che un rappresentante della classe operaia può di fatto dialogare con la società per promuovere la crescita economica in modo sostenibile e a beneficio di tutti, specialmente dei più bisognosi. Si è dimostrato che era davvero possibile governare questo Paese con la più ampia partecipazione sociale, includendo i lavoratori e i più poveri nelle decisioni di bilancio e di governo.

Durante questa campagna elettorale ho visto brillare la speranza negli occhi di un popolo sofferente, a causa della distruzione delle politiche pubbliche che promuovevano la cittadinanza, i diritti essenziali, la salute e l’istruzione. Ho visto il sogno di una Patria generosa, che offra opportunità ai suoi figli e figlie, in cui la solidarietà attiva sia più forte del cieco individualismo.

La diagnosi che abbiamo ricevuto dal Gabinetto per la Transizione di Governo è spaventosa. Hanno svuotato le risorse sanitarie. Hanno smantellato Istruzione, Cultura, Scienza e Tecnologia. Hanno distrutto la protezione dell’ambiente. Non hanno lasciato risorse per mense scolastiche, vaccinazioni, sicurezza pubblica, protezione forestale, assistenza sociale. Hanno disorganizzato il governo dell’economia, il finanziamento pubblico, il sostegno alle imprese, agli imprenditori e al commercio estero. Hanno sperperato aziende statali e banche pubbliche; hanno consegnato il patrimonio nazionale. Le risorse del paese sono state saccheggiate per soddisfare l’avidità dei redditieri e degli azionisti privati delle aziende pubbliche.

È su queste terribili rovine che prendo l’impegno, insieme al popolo brasiliano, di ricostruire il Paese e costruire di nuovo un Brasile di tutti e per tutti.

Signore e signori,

Di fronte al disastro di bilancio che abbiamo ricevuto, ho presentato al Congresso nazionale proposte che ci consentono di sostenere l’immenso strato di popolazione che ha bisogno dello Stato semplicemente per sopravvivere.

Ringrazio la Camera e il Senato per la loro sensibilità alle urgenze del popolo brasiliano. Prendo atto dell’atteggiamento estremamente responsabile della Corte Suprema Federale e della Corte Federale dei conti di fronte a situazioni che avrebbero potuto distorcere l’arminia dei tre poteri repubblicani.

L’ho fatto perché non sarebbe giusto né corretto chiedere pazienza a chi ha fame. Nessuna nazione è risorta né può sollevarsi dalla miseria della sua gente.

I diritti e gli interessi della popolazione, il rafforzamento della democrazia e la ripresa della sovranità nazionale saranno i pilastri del nostro governo.

Questo impegno inizia con la garanzia di un Programma Bolsa Família [è un programma di assistenza sociale realizzato dal Governo del Brasile, fornisce aiuti finanziari alle famiglie in stato di povertà. NdT] rinnovato, più forte e più equo, al servizio dei più bisognosi. Le nostre prime azioni mirano a salvare 33 milioni di persone dalla fame e salvare dalla povertà più di 100 milioni di uomini e donne brasiliani, che hanno sopportato il peso più duro del progetto di distruzione nazionale che oggi si conclude.

Signore e signori,

Questo processo elettorale è stato caratterizzato anche dal contrasto tra diverse visioni del mondo. Il nostro, centrato sulla solidarietà e sulla partecipazione politica e sociale per la definizione democratica del destino del Paese. L’altro, nell’individualismo, nella negazione della politica, nella distruzione dello Stato in nome di presunte libertà individuali.

La libertà che abbiamo sempre difeso è quella di vivere con dignità, con pieni diritti di espressione, manifestazione e organizzazione.

La libertà che coloro che abbiamo battuto predicano è quella di opprimere i vulnerabili, massacrare l’avversario e imporre la legge del più forte al di sopra delle leggi della civiltà. Il nome di ciò è barbarie.

Ho capito, fin dall’inizio del percorso della campagna elettorale, che dovevo candidarmi con un fronte più ampio rispetto all’ambito politico in cui mi ero formato, mantenendo fermo il legame con le mie origini. Questo fronte è stato consolidato per impedire il ritorno dell’autoritarismo nel Paese.

Da oggi sarà nuovamente rispettata la Legge sull’accesso all’informazione, il Portale della Trasparenza svolgerà nuovamente il suo ruolo, saranno nuovamente esercitati i controlli repubblicani a difesa dell’interesse pubblico. Non abbiamo alcuno spirito di rivalsa contro chi ha cercato di soggiogare la Nazione ai propri disegni personali e ideologici, ma garantiremo lo stato di diritto. Chi ha sbagliato risponderà dei propri errori, con ampio diritto di difesa, entro le dovute vie legali. Il mandato che abbiamo ricevuto, contro oppositori ispirati dal fascismo, sarà difeso con i poteri che la Costituzione conferisce alla democrazia.

All’odio, risponderemo con amore. Alla menzogna, con la verità. Al terrore e alla violenza, risponderemo con la Legge e le sue più dure conseguenze.

Sotto i venti della ridemocratizzazione dopo il ventennio del golpe dei militari, affermammo: mai più dittatura! Oggi, dopo la terribile sfida vinta, dobbiamo dire: democrazia per sempre!

Per confermare queste parole, dovremo ricostruire la democrazia nel nostro Paese su basi solide. La democrazia sarà difesa dal popolo nella misura in cui garantisce a tutti i diritti sanciti dalla Costituzione.

Signore e signori,

Firmo oggi i provvedimenti per riorganizzare le strutture dell’Esecutivo, affinché consentano nuovamente al governo di funzionare in modo razionale, repubblicano e democratico. Salvare il ruolo delle istituzioni statali, delle banche pubbliche e delle aziende statali nello sviluppo del Paese. Pianificare investimenti pubblici e privati verso una crescita economica sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale.

Dialogando con i governatori dei 27 Stati della Federazione, definiremo le priorità per la ripresa dele opere pubbliche irresponsabilmente paralizzate, che nel Paese sono più di 14mila. Riprenderemo il Programma Minha Casa, Minha Vida [mira ad aiutare gli strati sociali più bassi ad acquisire la casa propria. NdT] e struttureremo un nuovo Programma di Accelerazione della Crescita [PAC, è un importante programma infrastrutturale del governo federale del Brasile. NdT] per generare posti di lavoro alla velocità nesessaria per il Paese. Cercheremo finanziamenti e cooperazione – a livello nazionale e internazionale – per gli investimenti, per potenziare ed espandere il mercato interno dei consumatori, per sviluppare il commercio, le esportazioni, i servizi, l’agricoltura e l’industria.

Le banche pubbliche, in particolare il BNDES [Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale è una banca di sviluppo strutturata come una società pubblica federale associata al Ministero dell’Economia del Brasile. L’obiettivo dichiarato è quello di fornire finanziamenti a lungo termine per gli sforzi che contribuiscono allo sviluppo del paese. NdT], e le aziende che promuovono la crescita e l’innovazione, come la Petrobras [è la compagnia pubblica brasiliana di ricerca, estrazione, raffinazione, trasporto e vendita di petrolio. NdT], giocheranno un ruolo fondamentale in questo nuovo ciclo. Allo stesso tempo, daremo impulso alle piccole e medie imprese, potenzialmente i maggiori generatori di posti di lavoro e reddito, all’imprenditorialità, al cooperativismo ed alla economia creativa.

La ruota dell’economia tornerà a girare e il consumo popolare giocherà un ruolo centrale in questo processo.

Riprenderemo la politica di valorizzazione permanente del salario minimo. E state pur certi che porremo fine, ancora una volta, alla vergognosa coda dell’INSS [Istituto di previdenza sociale brasiliano. NdT], un’altra ingiustizia ristabilita in questi tempi di distruzione. Apriremo un tavolo di dialogo, in modo tripartito – governo, sindacati e centrali d’impresa – su una nuova legislazione sul lavoro. Garantire la libertà di intraprendere, insieme alla protezione sociale, è una sfida importante nei tempi attuali.

Signore e signori,

Il Brasile è troppo grande per rinunciare al suo potenziale produttivo. Non ha senso importare carburanti, fertilizzanti, piattaforme petrolifere, microprocessori, aerei e satelliti. Disponiamo di capacità tecnica, capitale e mercato sufficienti per riprendere l’industrializzazione e offrire servizi a un livello competitivo.

Il Brasile può e deve essere in prima linea nell’economia globale.

Spetterà allo Stato articolare la transizione digitale e portare l’industria brasiliana nel 21° secolo, con una politica industriale che sostenga l’innovazione, stimoli la cooperazione pubblico-privata, rafforzi la scienza e la tecnologia e garantisca l’accesso a finanziamenti a costi adeguati.

Il futuro sarà di chi investe nell’industria della conoscenza, che sarà oggetto di una strategia nazionale, progettata in dialogo con il settore produttivo, i centri di ricerca e le università, insieme al Ministero della Scienza, Tecnologia e Innovazione, le banche pubbliche, le imprese statali e le agenzie di finanziamento della ricerca.

Nessun altro Paese ha le condizioni del Brasile per diventare una grande potenza ambientale, basata sulla creatività della bioeconomia e sulle attività basate sulla socio-biodiversità. Inizieremo la transizione energetica ed ecologica verso un’agricoltura e un’estrazione mineraria sostenibili, un’agricoltura familiare più forte e un’industria più verde.

Il nostro obiettivo è raggiungere deforestazione zero in Amazzonia e zero emissioni di gas che alimentano l’effetto serra nella matrice elettrica, oltre ad incoraggiare il riutilizzo dei pascoli degradati. Il Brasile non ha bisogno di disboscare per mantenere ed espandere la sua frontiera agricola strategica.

Incoraggeremo sicuramente la prosperità nel settore rurale. La libertà e l’opportunità di creare, piantare e raccogliere continueranno ad essere il nostro obiettivo. Quello che non possiamo ammettere è che ci sia un ambiente rurale senza legge. Non tollereremo la violenza contro le piccole proprietà agricole, la deforestazione e il degrado ambientale, che hanno già fatto tanto male al Paese.

Questo è uno dei motivi, non l’unico, per la creazione del Ministero dei Popoli Indigeni. Nessuno conosce meglio le nostre foreste o è più capace di difenderle di chi è qui da tempo immemorabile. Ogni terra indigena delimitata è una nuova area di protezione ambientale. A questi uomini e donne brasiliani dobbiamo rispetto e con loro abbiamo un debito storico.

Aboliremo tutte le ingiustizie commesse contro i popoli nativi. Cari amici e amiche,

Una nazione non si misura solo con le statistiche, per quanto impressionanti possano essere. Proprio come un essere umano, una nazione si esprime veramente attraverso l’anima della sua gente. L’anima del Brasile risiede nella diversità senza pari della nostra gente e delle nostre manifestazioni culturali.

Stiamo rifondando il Ministero della Cultura, con l’ambizione di riprendere più intensamente le politiche di incentivazione e di accesso ai beni culturali, interrotte dall’oscurantismo negli ultimi anni.

Una politica culturale democratica non può temere critiche o eleggere favoriti. Che tutti i fiori sboccino e tutti i frutti della nostra creatività siano raccolti, che tutti ne godano, senza censure o discriminazioni.

È inaccettabile che neri e mulatti continuino ad essere la maggioranza povera e oppressa di un paese costruito con il sudore e il sangue dei loro antenati africani. Abbiamo creato il Ministero per la promozione dell’uguaglianza razziale per ampliare la politica delle quote nelle università e nel servizio pubblico, oltre a riprendere le politiche pubbliche rivolte alle persone di colore nella sanità, nell’istruzione e nella cultura.

È inammissibile che le donne ricevano meno degli uomini, svolgendo la stessa funzione; o che non siano riconosciute in un mondo politico sessista. Che siano molestate impunemente nelle strade e sul lavoro. Che siano vittime di violenze dentro e fuori casa. Stiamo rifondando, quindi, anche il Ministero delle Donne per abbattere questo secolare castello di disuguaglianze e pregiudizi.

Non ci sarà vera giustizia in un paese in cui un solo essere umano subisca un torto. Spetterà al Ministero dei Diritti Umani garantire e agire affinché ogni cittadino abbia i propri diritti rispettati, nell’accesso ai servizi pubblici e privati, nella protezione contro i pregiudizi o davanti all’autorità pubblica. La cittadinanza è l’altro nome della democrazia.

Il Ministero della Giustizia e della Pubblica Sicurezza agirà per armonizzare i poteri e gli organismi federali al fine di promuovere la pace dove è più urgente, nelle comunità povere, tra le famiglie vulnerabili, dove agiscono la criminalità organizzata, le milizie e la violenza, da qualsiasi parte venga.

Stiamo revocando i decreti criminali che ampliavano l’accesso ad armi e munizioni e che hanno causato tanta insicurezza e tanti danni alle famiglie brasiliane. Il Brasile non vuole e non ha bisogno di armi nelle mani del popolo. Il Brasile ha bisogno di sicurezza, il Brasile ha bisogno di libri, istruzione e cultura per poter essere un paese più giusto. Sotto la protezione di Dio, questo mandato riafferma che in Brasile la fede può essere presente in tutte le abitazioni, nei vari templi, chiese e culti. In questo Paese tutti potranno esercitare liberamente la propria religiosità.

Signore e signori,

Il periodo che si chiude è stato segnato da una delle più grandi tragedie della storia. La pandemia di covid-19. In nessun altro paese il numero di vittime è stato così alto in proporzione alla popolazione come in Brasile. Uno dei Paesi meglio preparati ad affrontare le emergenze sanitarie, grazie alla competenza del nostro Sistema Sanitario Unificato [Pubblico. NdT] e alla competenza delle nostre persone nella vaccinazione. Questo paradosso si spiega solo con l’atteggiamento criminale di un governo negazionista, oscurantista, insensibile alla vita.

La responsabilità di questo genocidio va indagata e non deve restare impunita. Sta a noi, in questo momento, essere solidali con i parenti, i genitori, gli orfani, i fratelli e le sorelle di quasi 700mila vittime della pandemia. Il Sistema Sanitario Unificato è probabilmente la più democratica delle istituzioni create dalla Costituzione del 1988. Per questo da allora è sicuramente la più perseguitata ed è stata anche la più danneggiata da una stupidità chiamata “tetto di spesa” [legge inserita nella Costituzione che fissa limiti specifici per le spese pubbliche sociali primarie. NdT] che dovremo revocare.

Ricomporremo il budget sanitario per garantire l’assistenza di base, la farmacia popolare, promuovere l’accesso alla medicina specialistica. Ricomporremo il budget dell’istruzione, investiremo in più università nell’istruzione tecnica, nell’universalizzazione dell’accesso a internet, nell’espansione degli asili nido e nell’insegnamento pubblico a tempo pieno. Questo è l’investimento che porterà veramente allo sviluppo del Paese.

Il modello che proponiamo, approvato nelle urne, richiede un impegno di responsabilità, credibilità e prevedibilità. E non ci arrenderemo. È stato con realismo di bilancio, fiscale e monetario, ricercando la stabilità, controllando l’inflazione e rispettando i contratti che abbiamo governato questo Paese. Non possiamo fare diversamente. Ora abbiamo l’obbligo di fare meglio di quello che abbiamo fatto precedentemente.

Signore e signori,

Gli occhi del mondo erano puntati sul Brasile in queste elezioni. Il mondo si aspetta che il Brasile diventi ancora una volta un leader nell’affrontare la crisi climatica e un esempio di Paese socialmente e ambientalmente responsabile, capace di promuovere la crescita economica con distribuzione del reddito, combattere la fame e la povertà, con un processo democratico.

Il nostro protagonismo si materializzerà attraverso la ripresa dell’integrazione sudamericana, a partire dal Mercosur, dalla rivitalizzazione dell’Unasur e altre istanze di articolazione sovrane nella regione. Su questa base potremo ricostruire il dialogo fiero e attivo con gli Stati Uniti, la Comunità Europea, la Cina, i Paesi dell’Est e gli altri attori mondiali; rafforzando i BRICS, la cooperazione con i Paesi africani e rompendo l’isolamento in cui era relegato il Paese.

Il Brasile deve essere padrone di se stesso, padrone del proprio destino. Deve tornare ad essere un paese sovrano. Siamo responsabili della maggior parte dell’Amazzonia e di vasti biomi, grandi falde acquifere, giacimenti minerari, petrolio e fonti di energia pulita. Con sovranità e responsabilità saremo rispettati per condividere questa grandezza con l’umanità – in solidarietà, mai con subordinazione.

La rilevanza delle elezioni in Brasile si riferisce, infine, alle minacce che il modello democratico ha dovuto affrontare. In tutto il pianeta si sta articolando un’ondata di estremismo autoritario che diffonde odio e bugie attraverso mezzi tecnologici non soggetti a controlli trasparenti.

Difendiamo la piena libertà di espressione, consapevoli che è urgente creare istanze democratiche per l’accesso a informazioni affidabili e la responsabilizzazione dei mezzi con i quali vengono inoculati i veleni dell’odio e della

menzogna. Questa è una sfida di civiltà, allo stesso modo del superamento delle guerre, della crisi climatica, della fame e delle disuguaglianze nel pianeta.

Riaffermo, per il Brasile e per il mondo, la convinzione che la Politica, nella sua accezione più alta – e nonostante tutti i suoi limiti – sia la via migliore per il dialogo tra interessi divergenti, per la costruzione pacifica del consenso. Negare la politica, svalutarla e criminalizzarla è il percorso delle tirannie.

La mia missione più importante, da oggi, sarà quella di onorare la fiducia ricevuta e rispondere alle speranze di un popolo sofferente, che non ha mai perso la fiducia nel futuro e nella capacità di superare le sfide. Con la forza del popolo e la benedizione di Dio, dovremo ricostruire questo paese.

Viva la democrazia!
Lunga vita al popolo brasiliano! Grazie a tutti e tutte.

Traduzione in italiano a cura di Alessandro Vigilante

FONTE: http://www.rifondazione.it/esteri/index.php/2023/01/02/brasile-il-discorso-di-insediamento-del-presidente-lula-davanti-al-parlamento/

Brasile al ballottaggio

di Marco Consolo

Lo scorso 2 ottobre si sono tenute in Brasile le elezioni presidenziali. Per il suo impatto interno ed internazionale, si è trattata di una delle elezioni più importanti, in una delle principali economie mondiali, con un’influenza decisiva sulla regione e non solo.

Il candidato presidenziale della sinistra e del progressismo, Luiz Inácio Lula da Silva, ha vinto il primo turno con il 48,43%, con oltre 57 milioni di voti, ma insufficienti per superare la soglia del 50% necessaria per vincere la presidenza al primo turno senza ballottaggio.

A differenza della lettura interessata data da alcuni media, non si è trattato di un vittoria di stretta misura, dato che Lula ha ricevuto oltre 6 milioni di voti in più rispetto al presidente in carica di estrema destra Jair Bolsonaro, arrivato secondo con il 43,20%.

Il 30 ottobre si terrà il ballottaggio e la partecipazione potrebbe essere inferiore a quella degli oltre 118 milioni di elettori del primo turno, su più di  156 milioni di persone con diritto a voto.

L’elezione presidenziale si è svolta parallelamente a quelle legislative federali, per il rinnovo dei governatori dei 26 Stati e del distretto federale; di tutti i membri della Camera dei Deputati (composta da 513 seggi) e di un terzo del Senato (27 degli 81 membri). Molti di questi, non avendo raggiunto la vittoria al primo turno con maggioranza semplice, andranno al ballottaggio.

Nonostante il sistema politico brasiliano sia presidenziale, il peso del parlamento rimane centrale per poter governare. Tra gli Stati che contribuiscono con il maggior numero di deputati al Congresso al primo posto c’è  lo strategico Stato di San Paolo, capitale economica del Paese, con 46 milioni di abitanti equivalente al 22,16% degli elettori (70 deputati nazionali). Seguono Minas Gerais, con il 10,41% dell’elettorato (50 deputati nazionali), e Rio de Janeiro, lo Stato da cui proviene Bolsonaro, con l’8,2% dell’elettorato (46 deputati).

Il voto ci consegna un Paese diviso a metà, non solo geograficamente: un nord e un nord-est che puntano sulla sinistra di Lula e un sud e un sud-est che danno il loro voto all’estrema destra di Jair Bolsonaro. Al primo turno, le forze della coalizione di Lula hanno vinto in 14 Stati e Bolsonaro e la destra in 12 più Brasilia, il distretto federale, bilancio da aggiornare dopo il ballottaggio.

Mentre la distribuzione del voto nei singoli Stati è andata sostanzialmente come previsto, viceversa i sondaggi sembrano aver sottovalutato la forza del bolsonarismo e le sue radici nel Paese. O non aver tenuto conto della variabile diffidenza verso tutto ciò che odori a media della sua base elettorale. E nonostante la disastrosa gestione di questi quattro anni, Bolsonaro ha ottenuto voti simili nei primi turni del 2018 e del 2022 (46% contro 43%).

Una delle spiegazioni del suo risultato potrebbe essere l’ aumento elettorale di Auxilio Brasil (un programma di assistenza economica per le persone a basso reddito) negli ultimi mesi, con un impatto su una parte significativa dell’elettorato. A questo si potrebbe accompagnare il buon andamento dell’economia nelle ultime settimane, oltre al logorio che il PT ha subito a causa di alcuni scandali di corruzione del passato.

Ma non c’è dubbio che il bolsonarismo ha intenzione di vincere a tutti i costi e mantiene una importante forza in buona parte dell’elettorato brasiliano. Cerchiamo di capire alcuni perché.

Un passo indietro

Queste elezioni sono state precedute da una serie di eventi intrecciatisi in modo convulso nell’ultimo decennio, in una sequenza che vale la pena ripercorrere. Innanzitutto, la rivolta del 2013, espressione anche del forte malessere verso l’intero sistema politico, capitalizzata dalla destra contro il governo di Dilma Roussef (PT). Subito dopo, nel 2014, ci sono state elezioni in cui il candidato dell’establishment, Aécio Neves del PSDB, è arrivato a poca distanza da Dilma, poi rieletta. Dopo la svolta ortodossa in politica economica della presidente Rousseff, nel 2016 riesce il colpo di Stato istituzionale con il suo impeachment, che ha insediato il suo vice Michel Temer, tra gli artefici del golpe istituzionale. Ironicamente, Temer è oggi in galera accusato di corruzione. 

Immediatamente dopo, è partito l’attacco mediatico e soprattutto giudiziario, con cui Lula è stato messo in prigione per 580 giorni con false accuse. Grazie alla esclusione forzata dell’ex-presidente,  la destra ha portato al governo un settore reazionario con Jair Bolsonaro. Un caso da manuale di “lawfare”, ovvero della guerra giudiziaria con cui sbarazzarsi degli avversari politici, molto di moda in America Latina e non solo.

Tutti questi eventi hanno segnato momenti drammatici della storia recente del Paese, rendendo queste elezioni le più importanti dalle prime elezioni democratiche della transizione del 1989. Un vero e proprio spartiacque per la politica brasiliana.

Le tre B (Bibbia, buoi e pallottole)

Il blocco sociale della destra è amplio e variegato.

Il vicepresidente della formula presidenziale di Bolsonaro è il generale Walter Souza Braga Netto, alla testa di un settore di estrema destra con un’importante capillarità sociale e una base organizzata e mobilitata, con una aperta ostilità reazionaria agli accordi della transizione democratica e della Costituzione post-dittatura del 1988. Una caratteristica che la differenzia dalla “destra democratica” che si è contesa il governo fino al 2018. Il generale è la punta dell’iceberg di una presenza dei militari al governo decisamente massiccia ed ingombrante.

La principale base politica di questa alleanza si trova nelle cosiddette “tre B”, ovvero  Bibbia, Buoi e Pallottole (balas),  espressione dei poteri forti, con una grande capacità di finanziamento, che cercano di imporre la loro agenda reazionaria.

Il gruppo della Bibbia è un’alleanza che ha il sostegno dei principali mercanti pentecostali di fede religiosa del Paese. La sua figura più conosciuta è il multimilionario Edir Macedo, proprietario della Chiesa Universale del Regno di Dio, con più di 5.000 templi nel Paese, molti nelle zone popolari in cui la sinistra non mette piede da tempo. Molto attento alla comunicazione di massa, Macedo è anche proprietario del gruppo mediatico Record, il secondo più grande del Paese dopo la onnipotente TVGlobo, con cui se la batte negli indici di ascolto. Questo schieramento ha un proprio partito, chiamato Partito Repubblicano Brasiliano, nato da una scissione nel Partito Liberale (con cui Bolsonaro ha vinto le elezioni nel 2018), in prima fila per la loro aperta contrarietà reazionaria agli accordi della transizione democratica e della Costituzione post-dittatura del 1988.

Nel gigante Brasile, non poteva mancare il gruppo dei Buoi, ovvero del settore agroalimentare e degli sconfinati latifondi, in uno dei Paesi con la più alta concentrazione di proprietà terriera al mondo. Secondo l’ultimo censimento agricolo del 2017, circa l’1% dei latifondisti controlla quasi il 50% della superficie rurale. In questo contesto, l’espansione della frontiera agroalimentare è uno dei principali obiettivi del capitale, a scapito dell’ambiente ed in particolare della foresta amazzonica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto nazionale di ricerca spaziale [1](Inpe), nei primi sei mesi dell’anno la perdita dell’Amazzonia brasiliana ha battuto un nuovo record con la deforestazione di 3.987 chilometri quadrati di foresta. L’area distrutta è più grande dell’80% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Da ultimo, il gruppo delle Pallottole (balas), formato da deputati sostenuti dall’industria bellica, dall’associazione dei tiratori e dall’associazione della polizia civile e militare. Tra i principali finanziatori c’è l’impresa Taurus Armas S.A., con sede nella città di São Leopoldo, nello stato di Rio Grande do Sul. D’altra parte, l’industria degli armamenti ha vissuto il suo miglior momento con il governo Bolsonaro, e il numero di licenze di porto d’armi è passato da 117.000 a circa 700.000, quasi il doppio del numero di agenti di polizia del Paese, che è di circa 400.000 unità. Dalla “chiamata alle armi” del 2019 ad oggi, il Paese ha registrato più di 441,3 mila armi, mentre nei 21 anni dal 1997 al 2019 ne erano state registrate 120,4 mila. In un Paese dilaniato dalla violenza (lo scorso anno vi sono stati 47.503 omicidi, con una media di 130 al giorno),  le minacce e il clima di odio fomentato da Bolsonaro e dai suoi alleati hanno creato un contesto di crescente violenza politica contro i sostenitori di Lula (con diversi omicidi), con attacchi a dirigenti della sinistra e ad eventi a favore di Lula.

Questa “santa alleanza” dell’estrema destra è ispirata da settori ultraliberisti, di cui la figura principale è Paulo Guedes, uno dei fondatori del Millennium Institute [2], un’influente “think tank” dell’ortodossia del mercato uber alles. Guedes è il rappresentante genuino delle tendenze più estreme, con un curriculum che è tutto un programma.  Nel 1974 entra nel Dipartimento di Economia dell’Università di Chicago di Milton Friedman, pensatoio strategico del neoliberismo su scala globale. Negli anni ’80, l’allora direttore del bilancio della dittatura di Pinochet, Jorge Selume, lo invita in Cile, il laboratorio principale dell’applicazione delle politiche neo-liberiste. Chiamato a verificare da vicino le politiche che  avevano implementato nel Paese i Chicago Boys, suoi colleghi universitari. Nel governo Bolsonaro, con le spalle coperte dai poteri finanziari internazionali di cui è espressione, Guedes è stato una specie di super-ministro dell’Economia, riunendo i dicasteri delle Finanze, della Pianificazione, del Bilancio e Gestione e dell’Industria, del Commercio estero e dei Servizi, fino ad alcune aree del Ministero del Lavoro.

In linea con una tendenza internazionale, Bolsonaro si pone quindi come sintesi del crollo della destra tradizionale e dell’emergere di un’estrema destra fortemente ostile al consenso democratico della transizione, con settori tecnocratici neo-liberisti e Forze Armate in posizione di peso. Nel caso brasiliano, è un percorso che viene sin dalle elezioni del 2018, con un forte travaso di elettori dai partiti tradizionali della destra, verso Bolsonaro: il PMDB ha perso 31 seggi e il PSDB 18, mentre Bolsonaro è passato da 2 seggi a 52.

Segnali chiari del fatto che una sua possibile sconfitta elettorale, per quanto significativa, non sarà la fine del bolsonarismo. Basti pensare che, nonostante il pesante bilancio di quattro anni, ha ancora un numero considerevole di voti, mantiene una base sociale mobilitata che ha un’importante capillarità sociale, una forte coesione ideologica e volontà di militanza: uno zoccolo duro che porta con sé un cupo spirito di scissione. In questi mesi, Bolsonaro ha cercato di mantenere la capacità di mobilitazione della sua base e favorire scenari di violenza politica (direttamente o indirettamente) per mantenere la sua forza d’iniziativa e rimanere al centro della scena politica. A tal fine, ha una base fedele nella polizia militare, fortemente disciplinata e corporativa. C’è da rilevare che negli ultimi giorni della campagna e dopo il risultato del primo turno, gli spin-doctors devono avergli consigliato di moderare i toni ed il lupo è diventato anche agnello.

Il bolsonarismo fa parte dell’emergere di forze di estrema destra che nell’ultimo decennio hanno conquistato ampli spazi a livello globale. Negli Stati Uniti, Trump mantiene un’enorme forza e capacità di leadership ed è in campagna elettorale con buone possibilità. Lo scorso aprile, in Francia, l’estrema destra guidata da Marine Le Pen è arrivata al ballottaggio per le presidenziali. Insieme all’Ungheria di Orban ed alla Polonia di Morawiecki, nel nostro Paese “Fratelli d’Italia”, guidato da Giorgia Meloni, è riuscito a conquistare la maggioranza elettorale. E gli esempi potrebbero continuare.

L’ascesa dell’ultradestra è una conseguenza della crisi capitalistica globale, con l’emergere di una risposta autoritaria e reazionaria a un sistema politico ed economico in decadenza. Un sistema che ha fallito, ma di cui ripetono ossessivamente le ricette, senza neanche troppo “maquillage”. Quel blocco sociale e quelle forze politiche trovano la strada spianata dalla debolezza della sinistra nell’offrire alternative radicali alle rovine del presente. Senza una vera alternativa sistemica, in questi chiaroscuri è difficile fermarne l’avanzata.

La formula Lula-Alckim e la sua coalizione

Con il voto, Lula è tornato prepotentemente alla ribalta politica dopo aver trascorso 580 giorni in carcere per condanne definitivamente annullate dal Supremo Tribunale Federale nel 2021. Dal 1985, quando in Brasile è tornata la democrazia, il Partito dei Lavoratori (PT) ha disputato la presidenza per otto volte, vincendo in quattro occasioni, anche grazie al sostegno delle altre principali forze della sinistra. E quest’anno per la prima volta nelle elezioni presidenziali, uno sfidante sconfigge  un candidato in carica.

La coalizione che ha appoggiato l’ex presidente Lula (PT) è tra le più ampie mai avute dalla fine della dittatura. Ne fanno parte dieci partiti, tra i quali il Partito dei Lavoratori (PT), il Partito Verde (PV), il Partito Comunista del Brasile (PCdoB), il Partito  Socialismo e Libertà (PSOL) ed altri. Insieme alle forze politiche, l’appoggio c’è stato anche dai principali movimenti sociali, dal Movimento Sem Terra (MST), al Movimento dos Trabalhadores Sem-Teto (MTST), dal Movimento de Trabalhadores por Direitos (MTD) al Levante Popular da Juventude, oltre alle principali centrali sindacali del Paese.

Come si sa, la formula presidenziale di Lula è integrata da Geraldo Alckmin, del Partito Socialista Brasiliano (PSB), come candidato vicepresidente. Alckmin, che ha fatto storcere il naso a diversi dirigenti della sinistra, rappresenta un tassello non secondario per un eventuale governo, visti i suoi rapporti politici e con settori imprenditoriali. Un candidato che si rivolge a un elettorato di centro-destra, con il quale il PT ha scarsi rapporti.

Ma al di là dell’ingegneria elettorale, il punto vero sono le rispettive alleanze sociali, visto che, a  differenza del 2018, un settore non marginale della borghesia brasiliana ha appoggiato la formula presidenziale Lula-Alckim. E’ quindi cambiata la strategia di alcuni grandi gruppi economici, gli stessi che hanno organizzato e finanziato il colpo di Stato del 2016. Grazie a quel golpe istituzionale, come moneta di scambio, il governo Temer aveva migliorato le condizioni di accumulazione del capitale: nel suo breve periodo, Temer ha realizzato una triplice riforma strutturale fortemente regressiva (lavoro, previdenza sociale e fisco) ed approvato una legge che limita la spesa sociale dello Stato per 20 anni.

Una strategia del capitale e della destra che ha avuto il suo culmine con la posteriore carcerazione di Lula e che contava con l’appoggio degli Stati Uniti.

Tuttavia, l’arrivo di Bolsonaro al governo non solo non ha permesso di superare la crisi, ma l’ha addirittura aggravata. Durante il suo mandato, 28.000 imprese hanno chiuso, l’inflazione è cresciuta, il credito per gli investimenti produttivi è diventato più caro, mentre la conflittualità sociale è aumentata.

Sicuramente il momento più drammatico è stata la gestione di Bolsonaro della pandemia di Covid-19, con un atteggiamento a dir poco antiscientifico, che ha provocato quasi 700.000 morti. Per mesi abbiamo visto le dolorose immagini di migliaia di corpi senza vita. Per il capitale la cattiva immagine del Paese, che ha minato seriamente la sua credibilità, ha reso più difficili gli affari con l’estero. Con Lula, il Brasile era tra i Paesi più influenti del mondo ed alla fine del suo mandato, l’ex operaio metalmeccanico aveva un indice di gradimento dell’83%. Quell’immagine si è presto liquefatta ed il Brasile è tornato ad essere un attore secondario, visto con diffidenza sul piano internazionale.

Un panorama che ha messo a disagio sia i ceti medi, che la borghesia brasiliana e, poco a poco, la base di appoggio del governo Bolsonaro si è ristretta.

Il vento è cambiato dopo il fallimento della cosidetta “terza via”, con una candidatura che non fosse né Bolsonaro, né Lula: gli imprenditori hanno bussato alla porta dell’ex presidente e la nomina di Geraldo Alckmin ha funzionato da garanzia per questi settori. Così Lula ha chiuso la campagna con una cena a cui hanno partecipato un centinaio tra i più potenti uomini d’affari del Paese. In sostanza, la lista guidata dal PT si è costituita come un amplio “fronte democratico”, ma ha dovuto incorporare contraddizioni e controversie, che in caso di vittoria di Lula, presenteranno il conto.

Piove, governo ladro…

La situazione economica è stato uno dei temi rilevanti della campagna. Il Paese è sull’orlo di una recessione economica con indici socio-economici allarmanti, una delle principali preoccupazioni degli elettori.

Sebbene l’inflazione sia rallentata nelle ultime settimane, rimane ancora alta e colpisce soprattutto i settori più impoveriti della popolazione. Dopo aver raggiunto il tasso di inflazione al 12% (il peggiore dal 1994), oggi è al 7,96% e negli ultimi mesi, il governo ha mantenuto una dura politica monetaria nel tentativo di frenare l’aumento dei prezzi.

Dalla “fine” della pandemia, il governo Bolsonaro ha approvato dodici aumenti consecutivi del tasso di interesse, portandolo al 13,75%. Si tratta di uno dei cicli di politica monetaria più aggressivi al mondo. A fine giugno ha anche ridotto le imposte su carburante, elettricità, comunicazioni e trasporti pubblici, per abbassare il costo di questi beni, ancorandoli come ammortizzatori dell’intera economia.

Ma i risultati di queste politiche sono stati scarsi. Se è vero che le misure economiche hanno portato a una riduzione dell’inflazione, quest’ultima rimane alta e il suo controllo comporta un costo fiscale molto elevato. Così, lo straordinario aumento del tasso di interesse si è tradotto in un violento trasferimento di reddito al settore finanziario, incoronato come uno dei settori più redditizi. Lo shock ortodosso ha portato a proiezioni di crescita per quest’anno di un misero 1%, una delle peggiori performance della regione. Allo stesso tempo, il taglio delle tasse ha fatto perdere allo Stato una delle sue fonti di reddito, aumentando il deficit fiscale primario.

Come sempre, le misure hanno una diretta relazione con la vita quotidiana dei settori popolari. Nel giugno di quest’anno, la Rete brasiliana di ricerca sulla sovranità e la sicurezza alimentare (Penssan) [3] ha pubblicato un rapporto che sottolinea come circa 125 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare. Detto in altri termini, il 60% della popolazione fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, mentre 33 milioni di persone soffrono quotidianamente la fame: un declino a livelli paragonabili solo alla crisi che colpì il Paese nel 1993.

Questo spiega perché uno degli assi centrali della campagna elettorale di Lula è stato quello di porre fine alla fame (“Chi ha fame non può aspettare”), rivendicando con forza le politiche dei suoi governi che avevano portato il Brasile fuori dalla mappa della fame delle Nazioni Unite.

Verso il ballottaggio

Per il ballottaggio, è consigliabile mantenere cautela anche rispetto ai sondaggi. Non solo perché l’esultanza di chi non ha ancora vinto è una cattiva consigliera, ma anche perché alcune variabili possono avere un effetto distorsivo sui sondaggi. Il che potrebbe rendere difficile la costruzione di campioni rappresentativi, come affermato di recente da Steve Bannon [4], ideologo della nuova destra radicale populista e stratega dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, oltre che della campagna elettorale di Bolsonaro.

La ricostruzione di un nuovo ciclo di governi progressisti sarà strettamente legata alla capacità dei settori popolari di ricostruire un nuovo ciclo di mobilitazione di massa. Per questo, la sconfitta del bolsonarismo in campo elettorale gioca un ruolo molto importante e potrebbe aprire la possibilità per migliorare le condizioni di vita, ma sarà la capacità delle forze di sinistra e dei movimenti popolari a costruire un orizzonte di possibilità con cui tornare a sognare.

Spetta solo al popolo brasiliano scegliere il suo prossimo presidente. Ma da qui al ballottaggio del 30 ottobre, tutti devono tenere gli occhi aperti sulle minacce poste da Bolsonaro alla democrazia brasiliana, all’uso della violenza politica e delle notizie false per influenzare i risultati delle elezioni ed a qualsiasi tentativo di impedire il trasferimento pacifico del governo in caso di vittoria di Lula.

FONTE: https://marcoconsolo.altervista.org/brasile-al-ballottaggio/

Scandalo: Pubblicato in Brasile il contratto sottoscritto con Pfizer per l’acquisto del vaccino

Il Ministero della Salute brasiliano ha pubblicato sul suo sito web il contratto con il laboratorio Pfizer per l’acquisto di vaccini contro il Covid-19, nonostante la clausola di riservatezza. Avvertito, il Ministero ha rimosso il file dalla pagina. Per legge, lo Stato brasiliano a tutti i livelli deve pubblicare i contratti che firma. Il contratto afferma che il vaccino non ha ancora superato la fase 3, che Pfizer non sa quando lo consegnerà, che non può essere penalizzato se non rispetta le scadenze annunciate, che non sarà responsabile di eventuali effetti negativi dei vaccini sui pazienti, che qualsiasi controversia legale deve essere risolta nei tribunali di New York e che per questo lo Stato deve rinunciare all’immunità sovrana di tutte le sue agenzie, compresa la Banca Centrale, nel caso in cui abbia una sentenza di condanna.

Mercoledì 7 aprile, Folha de São Paulo ha riferito che il Ministero della Salute ha violato la clausola di riservatezza del contratto firmato il 18 marzo 2021 tra lo Stato brasiliano e Pfizer. Il Ministero ha ritirato la pubblicazione, ma il contratto è stato pubblicato da Apolinário Passos, uno sviluppatore che ha creato una piattaforma virtuale dove è possibile seguire la quantità di vaccini applicati, disponibili, in produzione, contratto, in negoziazione e dosi promesse. Come riportato dalla giornalista Monica Bergamo, Folha ha avuto accesso a una e-mail inviata da Pfizer a Passos per scaricare una copia del contratto dal suo sito web. Il contratto è ancora disponibile su Internet.

Consegna di vaccini che non sappiamo se e chissà quando funzioneranno

Nel contratto firmato dallo Stato brasiliano e Pfizer, il laboratorio assume che farà “sforzi commercialmente ragionevoli” per consegnare i vaccini. Secondo il contratto stesso, questo tipo di sforzi sono fatti per raggiungere “un obiettivo simile al suo interesse commerciale in circostanze simili e considerando i relativi rischi, incertezze, limiti e sfide dello sviluppo, produzione, commercializzazione e distribuzione di un nuovo prodotto vaccinale di Covdi-19, considerando i seguenti fattori: problemi di sicurezza ed efficacia reali e potenziali, novità, profilo del prodotto, posizione di esclusività, l’attuale (in quel momento) ambiente competitivo per tale prodotto, l’ambiente normativo e stato del prodotto”, tra gli altri, così come la capacità di produrlo e ottenere i prodotti necessari per esso. Questo significa che Pfizer non sa quando consegnerà nella situazione attuale e che una variabile da considerare al momento della consegna è se hanno l’esclusività del prodotto sul mercato.

Inoltre, Pfizer ha chiesto che lo Stato brasiliano riconosca e sia d’accordo con gli sforzi del laboratorio per sviluppare e produrre il vaccino, così come che al momento della firma del contratto “le parti riconoscano che il prodotto ha concluso gli studi clinici di fase 2b/3 e che, nonostante gli sforzi di Pfizer nella ricerca, sviluppo e produzione, il prodotto potrebbe non avere successo a causa di sfide o fallimenti tecnici e clinici”. Il contratto è stato firmato nel marzo 2021 e Pfizer riconosce che non aveva superato la fase 3, mentre vari media nel mondo hanno riportato il contrario dal novembre dello scorso anno.

Di fronte alla tragedia che il mondo sta vivendo, la Pfizer ha chiesto a un paese in cui sono già morte più persone per il coronavirus che le 349.784 persone morte per l’HIV in 40 anni di serie storica, di non poter perseguire il laboratorio o nessuno dei suoi partner per qualsiasi fallimento o effetto avverso che il vaccino possa causare.

Ordini di acquisto

Il contratto che il governo brasiliano ha firmato con Pfizer stabilisce che cinque giorni dopo la firma dell’accordo, lo Stato doveva effettuare un ordine irrevocabile di acquisto per 100.001.070 dosi, al valore di 10 dollari ciascuna. Il Brasile ha dovuto versare un anticipo del 20% per 200.002.140 dollari dieci giorni dopo la firma del contratto. Il contratto totale è di 1.000.010.700 dollari. Pfizer dichiara che emetterà una fattura 60 giorni prima della data di consegna prevista, che potrebbe non essere soddisfatta. Il Brasile deve pagare dieci giorni prima della consegna del lotto il totale da ricevere o 30 giorni dopo l’emissione della fattura, quello che viene prima. In altre parole, un grande affare finanziario. “In nessuna circostanza la Pfizer sarà soggetta o responsabile di alcuna penale per il ritardo nella consegna”, afferma il contratto.

Su registrazioni e regolamenti legali

“Prima della consegna la Pfizer si conformerà a tutte le condizioni (entro i termini previsti) definite nell’autorizzazione; Tuttavia, l’acquirente dovrà concedere, o ottenere per conto di Pfizer, tutte le deroghe, esenzioni, eccezioni e rinunce ai requisiti specifici del paese per il prodotto concessi o consentiti dall’autorità governativa (compresi, tra l’altro, la serializzazione, i test di qualità o di laboratorio applicabili e/o la presentazione di informazioni sulla commercializzazione e il modulo di approvazione), requisiti che, in assenza di esenzione, eccezione o rinuncia, impediranno a Pfizer di consegnare e rilasciare il prodotto in Brasile (…). Pfizer sarà pienamente responsabile della definizione dei siti di produzione e di test e condurrà i test in conformità con l’autorizzazione. Pfizer non accetterà richieste di test locali o richieste di protocolli di rilascio dei lotti o ordini di campioni di record in questo contratto”. Citiamo un ampio paragrafo del contratto per mostrare come la Pfizer non permette nemmeno alcun tipo di valutazione del prodotto da parte delle autorità locali, anche se il Brasile produce vaccini come il Coronavac.

Indennizzo e rinuncia all’immunità sovrana

Al punto 8 del contratto, che si riferisce alle indennità, Pfizer richiede all’acquirente di liberarlo, così come BioNTech e ciascuna delle parti, dal dover pagare qualsiasi tipo di indennità per qualsiasi questione che coinvolga la ricerca, lo sviluppo, la produzione, la distribuzione o l’applicazione del vaccino. Pfizer presume di stipulare un’assicurazione solo per coprire il normale funzionamento della sua attività, ma che in nessun caso il laboratorio sarà responsabile di eventuali conseguenze dell’applicazione del vaccino.

Nel caso in cui sorga una qualsiasi controversia tra Pfizer e lo Stato controparte, in questo caso lo Stato brasiliano, Pfizer chiede che le controversie legali siano risolte nei tribunali di New York e che lo “Stato brasiliano rinunci espressamente e irrevocabilmente a qualsiasi diritto di immunità che esso o i suoi beni possano avere o acquisire in futuro (a titolo di immunità sovrana o qualsiasi altra forma di immunità), compresi i beni controllati da qualsiasi agenzia, autarchia, Banca centrale o autorità monetaria del Brasile, in relazione a qualsiasi arbitrato o qualsiasi altro procedimento giudiziario istituito per approvare o applicare qualsiasi decisione arbitrale, lodo o sentenza, o qualsiasi composizione in relazione a qualsiasi arbitrato, sia in Brasile che in qualsiasi altra giurisdizione straniera, compresa, senza limitazione, l’immunità dalla citazione in giudizio, l’immunità dalla giurisdizione, o l’immunità dalla sentenza resa da una corte o tribunale, l’immunità dall’esecuzione e l’immunità dal sequestro di qualsiasi dei suoi beni”.

Traduzione in Italiano: Emi-News

FONTE: https://infobaires24.com.ar/escandalo-se-conocio-el-contrato-que-pfizer-firmo-con-brasil/


Testo originale dell’articolo:

Escándalo – Se conoció el contrato que Pfizer firmó con Brasil

El Ministerio de Salud de Brasil publicó en su sitio web el contrato con el laboratorio Pfizer para la compra de vacunas contra el Covid-19, a pesar de la cláusula de confidencialidad. Advertido, la cartera bajó el archivo de la página. Por ley, el Estado brasileño en todos sus niveles debe publicar los contratos que firma. El contrato establece que la vacuna aún no pasó la fase 3, que Pfizer no sabe cuándo va a entregar, que no puede ser penalizada si no cumple con plazos anunciados, que no se hará responsable por cualquier efecto adverso en los pacientes por las vacunas, que cualquier diferencia jurídica deberá resolverse en los tribunales de Nueva York y que para eso el Estado debe renunciar a la inmunidad soberana de todos sus organismos, incluso del Banco Central, en caso de que tenga una sentencia condenatoria.

El miércoles 7 de abril, el medio Folha de São Paulo informó que el Ministerio de Salud violó la cláusula de confidencialidad del contrato firmado el día 18 de marzo de 2021 entre el Estado brasileño y Pfizer. El Ministerio bajó la publicación pero el contrato fue publicado por Apolinário Passos, un desarrollador que creó una plataforma virtual en el que se puede acompañar la cantidad de vacunas aplicadas, disponibles, en producción, contratadas, en negociación y dosis prometidas. Conforme informó la periodista Mónica Bergamo, Folha tuvo acceso a un correo electrónico que le envió Pfizer a Passos para que baje la copia del contrato de su portal. El contrato aún está disponible en internet.

Entrega de vacunas que no sabemos si funcionan y quién sabe cuándo

En el contrato que firmaron el Estado brasileño y Pfizer, el laboratorio asume que hará “Esfuerzos Comercialmente Razonables” para la entrega de vacunas. Según el propio contrato este tipo de esfuerzos son realizados para alcanzar “un objetivo semejante a su interés comercial bajo circunstancias semejantes y considerando los riesgos relevantes, incertidumbre, límites y desafíos del desarrollo, fabricación, comercialización y distribución de un nuevo producto de vacuna de Covdi-19, considerando los siguientes factores: cuestiones reales y potenciales de seguridad y eficacia, novedad, perfil del producto, la posición de exclusividad, el entonces actual ambiente competitivo para tal producto, el ambiente regulador y situación del producto”, entre otros, así como la capacidad para producirlo y obtener los productos necesario para ello. Esto quiere decir que Pfizer no sabe cuándo entregará conforme la situación actual y que una variable a ser considerada al momento de la entrega es si tienen la exclusividad del producto en el mercado.

Además, Pfizer le exigió al Estado brasileño que reconozca y concuerde con los esfuerzos del propio laboratorio para desarrollar y fabricar la vacuna, así como también que al momento de la firma del contrato “las partes reconocen que el producto concluyó la Fase 2b/3 de ensayos clínicos y que, a pesar de los esfuerzos de Pfizer en investigación, desarrollo y fabricación, el producto puede no ser bien sucedido en virtud de desafíos o fallas técnicas, clínicas”. El contrato se firmó en marzo de 2021 y Pfizer reconoce que no había superado la fase 3, mientras diversos medios de comunicación en el mundo informaron lo contrario desde noviembre del año pasado.

Delante de la tragedia que vive el mundo, Pfizer le exigió a un país en el que ya murieron más personas por coronavírus que las 349.784 que fallecieron por HIV en cuarenta años que tiene la serie histórica, que no podrán procesar al laboratorio ni a ninguno de sus asociados por cualquier falla o efecto adverso que la vacuna pueda causar.

Pedidos de compra

El contrato que el gobierno de Brasil firmó con Pfizer establece que a los cinco días de firmado el acuerdo el Estado debía hacer un pedido de compra irrevocable de 100.001.070 dosis, por un valor de US$10 cada una. Brasil debió hacer un pago anticipado del 20% por US$ 200.002.140 a los diez días de firmado el contrato. El contrato total es por US$1.000.010.700. Pfizer establece que emitirá una factura 60 días antes de la fecha prevista de la entrega, que puede no cumplirse. Brasil debe pagar diez días antes de la entrega del lote el total a recibir o 30 días después de la emisión de la factura, lo que suceda primero. Es decir, un gran negocio financiero. “En circunstancia alguna Pfizer estará sujeta o será responsable por cualquier penalidad por atraso en la entrega”, establece el contrato.

Sobre registros legales y regulaciones

“Antes de la entrega Pfizer cumplirá todas las condiciones (en los plazos relevantes) definidas en la autorización; sin embargo, el comprador concederá, u obtendrá en nombre de Pfizer, todas las insenciones, exenciones, excepciones y renuncias de exigencias específicas del país apara el producto concedidas o permitidas por la Autoridad Gubernamental (incluyendo, entre otros, serialización, test de calidad o de laboratorio aplicable y/o sumisión a formulario de informaciones de comercialización y aprobación), exigencias estas que, ausente de exención, excepción o renuncia, impedirán a Pfizer de entregar y liberar el producto en Brasil (…). Pfizer será integralmente responsable por definir los locales de fabricación y test y conducirá los test de acuerdo con la Autorización. Pfizer no concordará con solicitaciones de tes locales o solicitaciones de protocolos de liberación de lotes o pedidos de muestras de registros en este contrato”. Citamos un párrafo extenso del contrato para mostrar como Pfizer no permite siquiera cualquier tipo de evaluación de producto a las autoridades locales, siendo que Brasil produce vacunas como la Coronavac.

Indemnización y renuncia a la inmunidad soberana

En el punto 8 del contrato, que refiere a indemnizaciones, Pfizer exige del comprador que la libere, así como a BioNTech y cada una de las partes, de tener que pagar cualquier tipo de indemnización por cualquier cuestión que involucre la investigación, desarrollo, fabricación, distribución o aplicación de la vacuna. Pfizer asume que contratará un seguro pero simplemente para cubrir el normal funcionamiento de su actividad, pero que bajo ningún aspecto el laboratorio se hará responsable de cualquier consecuencia por la aplicación de la vacuna.

Ante cualquier litigio que surgiere entre Pfizer y el Estado parte, en este caso el brasileño, Pfizer exige que las diferencias legales se resuelvan en los tribunales de Nueva York y que el “Estado brasilero expresa e irrevocablemente renuncia a cualquier derecho de inmunidad que este o sus activos puedan tener o adquirir en el futuro (a título de inmunidad de soberanía o cualquier otra forma de inmunidad), incluyendo cualquier activo controlado por cualquier agencia, autarquía, Banco Central o autoridad monetaria de Brasil, en relación a cualquier arbitraje o cualquier otro proceso judicial instruido para homologar o ejecutar cualquier decisión, despacho o sentencia arbitral, o cualquier composición en conexión con cualquier arbitraje, sea en Brasil o en cualquier otra jurisdicción extranjera, incluyendo, entre otros, inmunidad contra citación, inmunidad de jurisdicción, o inmunidad contra juzgamiento proferido por una corte o tribunal, inmunidad contra decisión ejecutoria e inmunidad contra aprensión cautelar de cualquiera de sus activos”.

FONTE: https://infobaires24.com.ar/escandalo-se-conocio-el-contrato-que-pfizer-firmo-con-brasil/

20 anni fa il 1° Forum sociale mondiale di Porto Alegre. Il video-documentario che realizzò la FILEF

Porto Alegre Social Forum” è l’unico film documentario sul primo storico Forum Sociale svoltosi a Porto Alegre (Rio Grande do Sul – Brasile) nel 2001.

Realizzato dalla FILEF (filef.info) per la regia di Roberto Torelli (autore tra l’altro di “Bella Ciao” e “Maledetto G-8”, sugli eventi del Forum Sociale Europeo svoltosi a Genova nel luglio dello stesso anno), si avvalse della collaborazione di Paulo Cesar Saraceni, di Antonio Tabucchi e Sergio Vecchio (dialoghi).

Il film documenta, oltre al Forum, anche le lotte del Movimento dei Sem Terra brasiliani e attraverso interviste ad importanti personaggi pubblici latino-americani (Joao Pedro Stedile, Ebe de Bonafini, Perez Esquivel, Emir Sader, ecc.) , l’evoluzione sociale e politica del continente che irrompe sulla scena mondiale portando un’anelito di speranza e di cambiamento per tutti. Continua a leggere

Brasile: Importante discorso di Lula nell’anniversario dell’indipendenza, 7 settembre 2020 (VIDEO)

 

 

 

La traduzione in italiano del discorso

“Vogliamo un Brasile dove ci sia lavoro per tutti”

“Amiche e amici.

Negli ultimi mesi una tristezza infinita mi ha stretto il cuore. Il Brasile sta vivendo uno dei periodi peggiori della sua storia.

Con 130mila morti e quattro milioni di persone contagiate, stiamo precipitando in una crisi sanitaria, sociale, economica e ambientale mai vista prima.

Più di duecento milioni di brasiliani si svegliano ogni giorno, senza sapere se i loro parenti, amici o se stessi arriveranno sani e vivi alla notte.

La stragrande maggioranza delle persone uccise dal Coronavirus sono persone povere, nere e vulnerabili che lo Stato ha abbandonato.

Secondo i dati delle autorità sanitarie, nella città più grande e ricca del paese, le morti per Covid-19 sono del 60% più alte tra i neri e i mulatti della periferia.

Ciascuno di quei morti che il governo federale tratta con disprezzo aveva un nome, un cognome, un indirizzo. Aveva padre, madre, fratello, figlio, marito, moglie, amici. Fa male sapere che decine di migliaia di brasiliani non hanno potuto dire addio ai propri cari. So cos’è questo dolore.

Sì, sarebbe stato possibile evitare così tante morti.

Siamo affidati a un governo che non valorizza la vita e banalizza la morte. Un governo insensibile, irresponsabile e incompetente che ha infranto le regole dell’Organizzazione mondiale della sanità e convertito il Coronavirus in un’arma di distruzione di massa.

I governi emersi dal colpo di stato hanno congelato le risorse e demolito il Sistema Sanitario Unificato pubblico (SUS), che è rispettato in tutto il mondo come modello per le altre nazioni in via di sviluppo. E il crollo non è stato maggiore grazie agli eroi anonimi, ai lavoratori e agli operatori sanitari.

I fondi che avrebbero potuto essere utilizzati per salvare vite umane sono stati utilizzati per pagare gli interessi al sistema finanziario.

Il Consiglio Monetario Nazionale ha appena annunciato che ritirerà più di 300 miliardi di reais dai profitti delle riserve che i nostri governi hanno lasciato.

Sarebbe comprensibile se quella fortuna fosse destinata ad aiutare i lavoratori disoccupati o a mantenere un aiuto emergenziale di 600 reais per tutta la durata della pandemia.

Ma questo non passa per le menti degli economisti governativi. Hanno già annunciato che questo denaro verrà utilizzato per pagare gli interessi sul debito pubblico!

Nelle mani di queste persone la salute pubblica è maltrattata in tutti i suoi aspetti.

La sostituzione della direzione del Ministero della Salute con personale militare senza esperienza medica o sanitaria è solo la punta di un iceberg. Durante un’escalation autoritaria, il governo ha trasferito centinaia di militari dall’area attiva e di riserva all’amministrazione federale, anche in molti posti chiave, cose che ricordano i tempi bui della dittatura.

La cosa più grave di tutte è che Bolsonaro approfitta della sofferenza collettiva per commettere di nascosto un crimine contro il Paese.

Un crimine politicamente non prescrivibile, il crimine più grande che un funzionario governativo possa commettere contro il suo paese e il suo popolo: rinunciare alla sovranità nazionale.

Non è un caso che ho scelto di parlare con voi questo 7 settembre, giorno dell’Indipendenza del Brasile, quando celebriamo la nascita del nostro paese come nazione sovrana.

Sovranità significa indipendenza, autonomia, libertà. L’opposto di questo è dipendenza, servitù, sottomissione.

Nella mia vita ho sempre lottato per la libertà.

Libertà di stampa, libertà di opinione, libertà di espressione e organizzazione, libertà di associazione, libertà di iniziativa.

È importante ricordare che non ci sarà libertà se il paese stesso non sarà libero.

Rinunciare alla sovranità significa subordinare il benessere e la sicurezza del nostro popolo agli interessi di altri paesi.

La garanzia della sovranità nazionale non si limita all’importantissima missione di salvaguardare i nostri confini terrestri e marittimi e il nostro spazio aereo. Significa anche difendere la nostra gente, la nostra ricchezza minerale, prenderci cura delle nostre foreste, dei nostri fiumi, della nostra acqua.

In Amazzonia, dobbiamo essere presenti con scienziati, antropologi e ricercatori dedicati allo studio della fauna e della flora e all’utilizzo di queste conoscenze in farmacologia, nutrizione e in tutti i campi della scienza, nel rispetto della cultura e dell’organizzazione sociale delle popolazioni indigene.

L’attuale governo subordina il Brasile agli Stati Uniti in modo umiliante e sottopone i nostri soldati e diplomatici a situazioni vessatorie. E minaccia ancora di coinvolgere il Paese in avventure militari contro i nostri vicini, contrariamente alla stessa Costituzione, al fine di servire gli interessi economici e strategico-militari americani.

La sottomissione del Brasile agli interessi militari di Washington è stata ampiamente aperta dallo stesso presidente quando ha nominato un ufficiale generale delle forze armate brasiliane a prestare servizio nel Comando Militare Sud degli Stati Uniti, agli ordini di un ufficiale americano.

In un altro attacco alla sovranità nazionale, l’attuale governo ha firmato un accordo con gli Stati Uniti che pone la base aerospaziale di Alcântara sotto il controllo di funzionari statunitensi e priva il Brasile dell’accesso alla tecnologia, anche di paesi terzi.

Chiunque voglia conoscere i veri obiettivi del governo non ha bisogno di consultare manuali dei servizi segreti civili o dell’esercito.

La risposta si trova ogni giorno sulla Gazzetta Ufficiale, in ogni atto, in ogni decisione, in ogni iniziativa del presidente e dei suoi consiglieri, banchieri e speculatori che ha chiamato a dirigere la nostra economia.

Istituzioni centenarie come Banco do Brasil, Caixa Econômica Federal e BNDES, che sono legate alla storia dello sviluppo del paese, vengono massacrate e tagliate, o semplicemente vendute a basso prezzo.

Le banche pubbliche non sono state create per arricchire le famiglie. Sono strumenti di progresso. Finanziano la casa dei poveri, l’agricoltura familiare, i servizi igienico-sanitari, le infrastrutture essenziali per lo sviluppo.

Se guardiamo al settore energetico, assisteremo a una politica della terra bruciata altrettanto predatoria.

Dopo aver messo in vendita le riserve del Pre-Sal a valori ridicoli, il governo smantella la Petrobras. Hanno venduto l’impresa distributrice e i gasdotti. Le raffinerie vengono massacrate. Quando rimarranno in pezzi, arriveranno le grandi multinazionali per finire ciò che resta di un’azienda strategica per la sovranità del Brasile.

Una mezza dozzina di multinazionali minacciano il reddito di centinaia di miliardi di reais dal petrolio del Pre-Sal, risorse che costituirebbero un fondo sovrano per finanziare una rivoluzione scientifica e educativa.

L’impresa Embraer, uno dei maggiori asset del nostro sviluppo tecnologico, è sfuggito solo alla vergogna della resa per le difficoltà della compagnia che lo avrebbe acquisito, la Boeing, profondamente legata al complesso industriale militare degli Stati Uniti.

Il taglio non finisce qui.

Il furore privatista del governo intende vendere, nel bacino delle anime, la più grande azienda di generazione di energia dell’America Latina, la Eletrobrás, un gigante con 164 impianti – due dei quali termonucleari – responsabile di quasi il 40% dell’energia consumata in Brasile.

La demolizione delle università, dell’istruzione e lo smantellamento delle istituzioni a sostegno della scienza e della tecnologia, promosse dal governo, sono una minaccia reale e concreta alla nostra sovranità.

Un Paese che non produce conoscenza, che perseguita i suoi professori e ricercatori, che taglia le borse di ricerca e nega l’istruzione superiore alla maggioranza della sua popolazione è condannato alla povertà e all’eterna sottomissione.

L’ossessione distruttiva del governo ha lasciato la cultura nazionale in mano a una serie di avventurieri. Artisti e intellettuali chiedono la salvezza della Casa de Ruy Barbosa, Funarte, Ancine. La Cinemateca Brasileira, dove è depositato un secolo di memoria del cinema nazionale, corre il serio pericolo di avere la stessa tragica sorte del Museo Nazionale

Mie amiche e miei amici.

Nell’isolamento della quarantena, ho riflettuto molto sul Brasile e su me stesso, sui miei errori e sui successi e sul ruolo che può ancora adattarsi a me nella lotta del nostro popolo per migliori condizioni di vita.

Ho deciso di concentrarmi, accanto a voi, sulla ricostruzione del Brasile come nazione indipendente, con istituzioni democratiche, senza privilegi oligarchici e autoritari. Un vero Stato Democratico e di Diritto, basato sulla sovranità popolare. Una nazione incentrata su uguaglianza e pluralismo. Una Nazione inserita in un nuovo ordine internazionale basato sul multilateralismo, cooperazione e democrazia, integrato in Sud America e solidale con le altre nazioni in via di sviluppo.

Il Brasile che voglio ricostruire con voi è una nazione impegnata per la liberazione del nostro popolo, dei lavoratori e degli esclusi.

Tra un mese avrò 75 anni.

Guardando indietro, posso solo ringraziare Dio, che è stato molto generoso con me. Devo ringraziare mia madre, Dona Lindu, per aver fatto di un ignorante senza diploma un orgoglioso lavoratore, che un giorno sarebbe diventato Presidente della Repubblica. Per aver fatto di me un uomo senza rancori, senza odio.

Sono il ragazzino che ha contraddetto la logica, che ha lasciato i sotterranei della società ed è arrivato all’ultimo piano senza chiedere il permesso a nessuno, solo al popolo.

Non sono passato dalla porta sul retro, sono passato dalla rampa principale. E questo i potenti non me lo hanno mai perdonato.

Avevano previsto per me il ruolo di comparsa, ma sono diventato il protagonista per mano dei lavoratori brasiliani.

Ho assunto il governo disposto a dimostrare che il popolo rientrava nei bilanci statali. Inoltre, ho dimostrato che il popolo è una risorsa straordinaria, una ricchezza enorme. Con il popolo il Brasile progredisce, si arricchisce, si rafforza, diventa un paese sovrano e giusto.

Un paese in cui la ricchezza prodotta da tutti è distribuita a tutti, ma prima di tutto agli sfruttati, agli oppressi, agli esclusi.

Tutti i progressi che abbiamo fatto sono stati ferocemente osteggiati da forze conservatrici, alleate a interessi di altre potenze.

Non si sono mai conformati a percepire il Brasile come un paese indipendente e solidale con i suoi vicini latinoamericani e caraibici, con i paesi africani, con le nazioni in via di sviluppo.

È lì, in queste conquiste dei lavoratori, in questo progresso dei poveri, in questa fine della sottomissione, che è nato il colpo di stato del 2016.

Qui sta la radice dei processi armati contro di me, della mia detenzione illegale e del divieto alla mia candidatura nel 2018. Processi che – ormai tutti sanno – si sono basati sulla collaborazione criminale segreta delle agenzie di intelligence americane.

Sollevando 40 milioni di brasiliani dalla povertà, abbiamo fatto una rivoluzione in questo paese. Una rivoluzione pacifica, senza spari né arresti.

Vedendo che questo processo di ascensione sociale dei poveri sarebbe continuato, che l’affermazione della nostra sovranità non sarebbe stata annullata, coloro che si credevano proprietari del Brasile, dentro e fuori, hanno deciso di fermarlo.

È qui che nasce il sostegno dato dalle élite conservatrici a Bolsonaro.

Hanno accettato come naturale la sua fuga dai dibattiti. Hanno riversato fiumi di denaro nella creazione delle fake news. Hanno chiuso gli occhi sul suo terrificante passato. Hanno finto di ignorare il suo discorso in difesa della tortura e la sua apologia pubblica dello stupro.

Le elezioni del 2018 hanno gettato il Brasile in un incubo che sembra non finire mai.

Con l’ascesa di Bolsonaro, miliziani, intermediari d’affari e assassini a pagamento hanno lasciato le pagine della cronaca nera e sono apparsi nelle colonne politiche.

Come nei film dell’orrore, le oligarchie brasiliane hanno dato alla luce un mostro che ora non sono in grado di controllare, ma che continueranno a sostenere finché i loro interessi saranno serviti.

Dati scandalosi illustrano questa connivenza: nei primi quattro mesi della pandemia, quaranta miliardari brasiliani hanno aumentato le proprie fortune di 170 miliardi di reais.

Nel frattempo, la busta paga dei dipendenti è scesa del 15% in un anno, il calo più grande mai registrato dall’Istituto di Statistica Statale. Per impedire ai lavoratori di difendersi da questo saccheggio, il governo soffoca i sindacati, indebolisce le centrali sindacali e minaccia di chiudere le porte del tribunale del lavoro. Vogliono rompere la spina dorsale del movimento sindacale, cosa che nemmeno la dittatura aveva raggiunto.

Hanno violato la Costituzione del 1988. Hanno ripudiato le pratiche democratiche. Hanno impiantato un autoritarismo oscurantista, che ha distrutto le conquiste sociali raggiunte in decenni di lotte. Hanno abbandonato una politica estera altera e attiva, a favore di una vergognosa e umiliante sottomissione.

Questo è il vero e minaccioso ritratto del Brasile di oggi.

Tale calamità dovrà essere affrontata con un nuovo contratto sociale che difenda i diritti e il reddito dei lavoratori.

Mie care e miei cari.

La mia lunga vita, compresi i quasi due anni che ho trascorso in una prigione ingiusta e illegale, mi ha insegnato molto.

Ma tutto quello che ero, tutto quello che ho appreso si inserisce in un chicco di grano se quell’esperienza non viene messa al servizio dei lavoratori.

È inaccettabile che il 10% della popolazione viva a scapito della miseria del 90% della popolazione.

Non ci sarà mai crescita e pace sociale nel nostro Paese finché la ricchezza prodotta da tutti finirà nei conti bancari di un manipolo di privilegiati.

Non ci sarà mai crescita e pace sociale se le politiche e le istituzioni pubbliche non trattano equamente tutti i brasiliani.

È inaccettabile che i lavoratori brasiliani continuino a subire gli impatti perversi della disuguaglianza sociale. Non possiamo ammettere che i nostri giovani neri abbiano le loro vite segnate da una violenza che rasenta il genocidio.

Da quando ho visto, in quel terribile video, gli 8 minuti e 43 secondi di agonia di George Floyd, continuo a chiedermi: quanti George Floyd avevamo in Brasile? Quanti brasiliani hanno perso la vita per non essere bianchi? Le vite dei neri contano. E questo vale per il mondo, vale per gli Stati Uniti e vale per il Brasile.

È intollerabile che le nazioni indigene abbiano le loro terre invase e saccheggiate e le loro culture distrutte. Il Brasile che vogliamo è quello del maresciallo Rondon e dei fratelli Villas-Boas, non quello dei rapinatori di terre e dei devastatori di foreste.

Abbiamo un governo che vuole uccidere le virtù più belle del nostro popolo, come la generosità, l’amore per la pace e la tolleranza.

Il popolo non vuole poter comprare revolver o cartucce di carabina. La gente vuole poter comprare cibo.

Dobbiamo combattere con fermezza la violenza impunita contro le donne. Non possiamo accettare che un essere umano sia stigmatizzato per il suo genere. Respingiamo il pubblico disprezzo con i quilombolas. Condanniamo il pregiudizio che tratta come poveri esseri inferiori coloro che vivono alla periferia delle grandi città.

Per quanto tempo vivremo con tanta discriminazione, tanta intolleranza, tanto odio?

Mie amiche e miei amici.

Per ricostruire il Brasile post-pandemia, abbiamo bisogno di un nuovo contratto sociale tra tutti i brasiliani.

Un contratto sociale che garantisca a tutti il diritto di vivere in pace e armonia. In cui tutti abbiamo le stesse possibilità di crescere, dove la nostra economia è al servizio di tutti e non di una piccola minoranza. E in cui vengono rispettati i nostri tesori naturali, come il Cerrado, il Pantanal, l’Amazzonia e la Foresta Atlantica.

Il fondamento di questo contratto sociale deve essere il simbolo e la base del regime democratico: il voto. È attraverso l’esercizio del voto, libero da manipolazioni e fake news, che si devono formare i governi e si devono fare le grandi scelte e le scelte fondamentali della società.

Attraverso questa ricostruzione, sostenuta dal voto, avremo un Brasile democratico, sovrano, che rispetta i diritti umani e le differenze di opinione, protegge l’ambiente e le minoranze e difende la propria sovranità.

Un Brasile per tutte e per tutti.

Se siamo uniti intorno a questo, possiamo superare questo momento drammatico.

L’essenziale oggi è superare la pandemia, difendere la vita e la salute delle persone; è mettere fine a questa cattiva gestione e smettere con questo limite di spesa che mette in ginocchio lo Stato brasiliano di fronte al capitale finanziario nazionale e internazionale.

In questa impresa ardua ma essenziale, mi metto a disposizione del popolo brasiliano, soprattutto dei lavoratori e degli esclusi.

Mie amiche e miei amici.

Vogliamo un Brasile dove ci sia lavoro per tutti.

Si tratta di costruire uno stato di benessere sociale che promuova la parità dei diritti, in cui la ricchezza prodotta dal lavoro collettivo venga restituita alla popolazione secondo le esigenze di ciascuno.

Uno stato giusto, egualitario e indipendente che offre opportunità ai lavoratori, ai più poveri e ai più esclusi.

Questo Brasile dei nostri sogni potrebbe essere più vicino di quanto sembri.

Anche i profeti di Wall Street e della City di Londra hanno già decretato che il capitalismo, come lo conosce il mondo, ha i suoi giorni contati. Ci sono voluti secoli per scoprire una verità indiscutibile che i poveri conoscono da quando sono nati: ciò che sostiene il capitalismo non è il capitale. Siamo noi, i lavoratori.

È in questi momenti che mi viene in mente questa frase che ho letto in un libro di Victor Hugo, scritto un secolo e mezzo fa, e che ogni operaio dovrebbe portare in tasca, scritta su un pezzo di carta, per non dimenticare mai:

“È dall’inferno dei poveri che si fa il paradiso dei ricchi…”

Nessuna soluzione, tuttavia, avrà senso senza i lavoratori come protagonisti. Come la maggior parte dei brasiliani, non credo e non accetto i cosiddetti patti “sopra le righe” con le élite. Chi vive del proprio lavoro non vuole pagare il conto degli accordi politici presi al piano di sopra.

Quindi voglio riaffermare alcune certezze personali:

Non appoggio, non accetto e non sottoscrivo nessuna soluzione che non preveda l’effettiva partecipazione dei lavoratori.

Non contino su di me per qualsiasi accordo in cui il popolo sia un mero coadiuvante.

Più che mai, sono convinto che la lotta per l’uguaglianza sociale passi attraverso un processo che costringe i ricchi a pagare tasse proporzionali ai loro redditi e alle loro fortune.

E questo Brasile, mie amiche e miei amici, è a portata di mano.

Posso dirlo guardando negli occhi di ognuno di voi. Dimostriamo al mondo che il sogno di un paese giusto e sovrano può davvero diventare realtà.

So – lo sapete – che possiamo, ancora una volta, rendere il Brasile il paese dei nostri sogni.

E dì, dal profondo del cuore: sono qui. Ricostruiamo il Brasile insieme.

Abbiamo ancora molta strada da fare insieme.

Rimanete convinti, perché insieme siamo forti.

Vivremo e vinceremo.”

Alberto Fernandez e Lula Da Silva: Pensare l’America Latina dopo la pandemia Covid-19 – (Videoconferenza Uni B.Aires)

Un interessantissima discussione tra il Presidente argentino Alberto Fernandez e l’ex Presidente del Brasile, Lula, insieme ad altri importanti esponenti istituzionali, sindacali e politici dei due paesi, tra cui Perez Esquivel. Emerge la specifica prospettiva delle forze di progresso latino-americane che dovrebbe avere molto più spazio di conoscenza in Italia e in Europa.

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Umanità libera: Il discorso di Lula a Ginevra

«A voi che avete creduto in me, che nei miei 540

 giorni di prigionia avete gridato “Lula libero”,

dico che oggi, tutti insieme, dobbiamo

gridare “Umanità libera”»

 

La pandemia di Covid-19 contagerà anche la nostra economia. Sta già accadendo. Le chiusure necessarie di tante attività produttive, non solo in Italia, ma in gran parte dei Paesi colpiti, le urgenze a cui lo Stato è chiamato a rispondere hanno conseguenze. Di che tipo dipenderà molto dalla strada che i decisori politici decideranno di intraprendere. Per i sindacati, dopo questa emergenza, l’unica via possibile è quella di un cambiamento radicale del modello di sviluppo. Basta con il liberismo. Basta con le politiche del rigore e dei tagli allo Stato Sociale. Sì allo Stato nell’economia. Soprattutto le persone e i loro diritti dovranno tornare al centro. Un invito che trova slancio e forza in una delle recenti uscite pubbliche dell’ex presidente del Brasile Ignacio Lula da Silva che solo qualche settimana fa era in Europa per lanciare la proposta di una coalizione globale contro le diseguaglianze. Riportiamo qui ampi stralci del discorso tenuto a Ginevra a inizio marzo in occasione di un’iniziativa promossa dal sindacato IndustriAll Global Union. L’ex presidente del Brasile Ignacio Lula chiede di unirsi contro le diseguaglianze e per la democrazia. È l’unico modo per tornare umani. Un appello reso ancora più urgente dalla crisi globale che stiamo attraversando. Continua a leggere

COVID-19: Golpe in Brasile ?

di Marco Consolo

La notizia si è diffusa come un lampo nelle reti sociali questa settimana. Nei giorni scorsi, i militari brasiliani avrebbero realizzato una specie di “golpe bianco” nei confronti del presidente Jair Bolsonaro, personaggio sempre più imbarazzante anche per loro ed incapace di fronteggiare l’emergenza del coronavirus.

Ma facciamo un passo indietro.

Tutto è nato da un programma televisivo in Argentina, dove un noto giornalista investigativo, Horacio Verbitsky, ha raccontato che una sua fonte nelle FF.AA. argentine avrebbe ricevuto una telefonata da parte di un alto comandante brasiliano. Al telefono, quest’ultimo avrebbe informato l’argentino che alti gradi delle FF.AA. brasiliane avevano piazzato il Generale Walter Braga Netto a capo della Casa Civil [i] e gli avrebbero affidato pieni poteri (concetto tornato molto di moda). Il suo compito sarebbe quello di prendere le decisioni operative quotidiane ed in particolare la gestione della pandemia del corona virus, visto il negazionismo criminale di Bolsonaro. In altre parole, avere un presidente per la politica ed un generale come presidente operativo.

Peccato che i tempi non tornano, visto che la nomina di Braga Netto è stata annunciata da Bolsonaro lo scorso 13 febbraio, cioè più di un mese fa. Ma si sa, il mondo è disattento, anche su ciò che succede nel gigante brasile.

Ma andiamo con ordine. Continua a leggere

Maduro: “Il Brasile si prepara ad attaccare il Venezuela”

di Mauro Gemma (da Marx21.it)

Il presidente Nicolás Maduro ha accusato il suo omologo brasiliano, Jair Bolsonaro, di ospitare ed addestrare ex militari venezuelani che hanno disertato allo scopo dichiarato di preparare un attacco armato contro il Venezuela.

Il presidente venezuelano ha denunciato che in tal modo il Brasile si appresta ad aggredire il Venezuela. Continua a leggere

Le complicate relazioni Stati Uniti – America Latina e Caraibi: dal sentimento antistatunitense alle organizzazioni anti-egemoniche

di Alessandro Fanetti

Adesso l’America è, per il mondo, nient’altro che gli Stati Uniti: noi abitiamo in una sub-America, un’America di seconda classe, difficile da identificare. È l’America Latina, la regione delle vene aperte.

Eduardo Galeano

Il continente americano è, oramai da secoli, una fedele rappresentazione delle disuguaglianze esistenti nel mondo. Contributo fondamentale a tale situazione viene offerto dalla contemporanea esistenza di “due mondi” opposti:

  • l’ “opulenza” statunitense

  • lo sfruttamento subito dall’area a sud del Rio Bravo

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Brasile: assoluzione completa per Lula e Dilma Rousseff dall’accusa di finanziamento illecito del PT

Assoluzione per gli ex presidenti del Brasile Lula e Dilma Rousseff nel caso noto come la “banda” del Partito dei Lavoratori (PT), in cui erano accusati di aver formato un’organizzazione criminale per finanziare il gruppo politico.

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Il G7 approfitta degli incendi per provare a internazionalizzare l’Amazzonia?

di Aram Aharonian *

I terribili incendi che già hanno devastato quasi mezzo milione di ettari di selva amazzonica in Brasile hanno acceso il fuoco anche alla riunione del Gruppo dei Sette in Francia e hanno bruciacchiato, e lasciato in condizioni critiche, anche il trattato di libero commercio firmato recentemente tra l’Unione Europea e il Mercosur.

Paradossalmente, la vigliacca arrendevolezza dei governi neoliberisti del Mercosur ha salvato la riunione dei sette paesi capitalisti più industrializzati (Stati Uniti, Canada, Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Giappone) e ha dato una bella mano al presidente francese Emmanuel Macron per rilanciarsi come figura internazionale “a difesa dell’ambiente”. Continua a leggere

L’eredità di Chico Mendes. Il vero tesoro dell’Amazzonia.

di Leonardo Boff  (da La Repubblica, 30-8-2019)

Non è necessario distruggere la foresta pluviale per ricavarne ricchezza. Una produzione agricola globale rende di più

Chico Mendes è un figlio legittimo della foresta, tanto da essersi identificato con essa. Presto si rese conto che l’attuale sviluppo prescinde dalla natura ed è contro di essa, perché la vede come un ostacolo piuttosto che come un’alleata. È stato uno dei pochi ad aver capito la sostenibilità come equilibrio dinamico e autoregolante della Terra, grazie alla catena di interdipendenze tra tutti gli esseri, soprattutto quelli che vivono di risorse riciclate in modo permanente e quindi sostenibili a tempo indeterminato. L’Amazzonia è il più grande esempio di questa sostenibilità naturale. Continua a leggere

IL PAESAGGIO SUDAMERICANO DURANTE LA TORMENTA

di Rodrigo Rivas

Scrivere sulla situazione latinoamericana oggi cercando di evitare luoghi comuni e diffusi fideismi non è semplice. Comunque ci provo, pur sapendo che il punto di partenza e l’analisi sono sempre discutibili.

Due chiarimenti metodologici:

    • l’analisi congiunturale ha sempre una valenza breve. In questo caso l’ottobre 2019;
    • salvo cenno diverso, queste osservazioni si limitano al Sudamerica. Rimando il Messico e l’America centrale e caraibica, le cui dinamiche coincidono solo occasionalmente, ad un’altra occasione.

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Andrè Gunder Frank, “Capitalismo e sottosviluppo in America latina”

di Alessandro Visalli

Questo libro del 1967, è stato scritto da un economista dalla lunga ed interessante storia, dottoratosi a Chicago con Milton Friedman e progressivamente spostato da posizioni liberal a radicali, e da queste a posizioni socialiste rivoluzionarie negli anni sessanta e settanta. Andre Frank, detto Gunder, si trasferisce in Cile all’inizio degli anni sessanta ed appoggia sin dall’inizio l’azione politica di Allende, con il quale resterà fino al golpe del ’73, quindi va in esilio e lavora nel quadro delle teorie sul “Sistema Mondo”, fornendone alla fine una radicale versione che lo porta alla rottura quasi totale con il suo ambiente. Sulla scorta di alcune posizioni di Baran, Frank, insieme ad altri, sviluppa negli anni del libro una posizione detta “teoria della dipendenza”, secondo la quale non è la carenza, o mancanza, di capitalismo a determinare il sottosviluppo del continente, ma proprio la sua presenza; è questa che determina dipendenza dalle ‘metropoli’ in una gerarchia di centri di sviluppo e connessioni che rendono il sottosviluppo altra faccia necessaria dello sviluppo (rispettivamente delle ‘colonie’ e delle ‘metropoli’). Continua a leggere

Il Brasile fa tremare le vene dell’America Latina

di Roberto Livi (da Il Manifesto)

Democrazia in pericolo. “Fenomeno” Bolsonaro. Perché le classi dominanti si sono sbilanciate a favore di una sorta di neo fascista psicopatico. Dal Venezuela a Cuba, le conseguenze non si faranno attendere

La netta vittoria (55% dei voti contro il 45%) di Jair Bolsonaro mette in pericolo 30 anni di ritorno alla democrazia in Brasile. Questa volta un candidato neo fascista, apertamente favorevole alla repressione violenta di ogni forma di opposizione e organizzazione popolare, sale al potere non grazie alla forza delle armi ma a un consenso popolare basato su un pericolosissimo cocktail: da un lato un (falso) populismo nazionalista e antisistema, dall’altro l’appoggio della corrente più integralista dell’evangelismo americano, scatenato in una guerra senza quartiere a Sodoma e Gomorra.

Non è solo il Brasile che trema. Bolsonaro sarà il presidente di estrema destra in una regione dove di recente gli elettori hanno scelto leader conservatori o di destra in paesi come Argentina, Cile, Paraguay, Perù e Colombia. Il Cono sud dell’America latina corre il pericolo di precipitare – se non ai tempi orribili dell’Operazione Condor condotta dalle dittature militari di Pinochet e Videla – nella tenaglia di un blocco autoritario, neoliberista e subordinato alla politica imperiale degli Usa ai tempi di Trump. Continua a leggere

Chiuso per fallimento (e lutto). Il “laboratorio” politico latinoamericano quindici anni dopo

9/12/07 Salon Blanco: Banco del Sur.

Pubblichiamo questa impietosa analisi di Daniele Benzi (da sinistrainrete.info), auspicando una discussione aperta sull’America Latina (e non solo).

di Daniele Benzi 1

Defeat is a hard experience to master: the temptation is always to sublimate it.
Perry Anderson, Spectrum

La vittoria elettorale di un fascista nel più grande e popoloso paese dell’America latina, un ex capitano omofobo, sessista e razzista, appoggiato dall’esercito, dalle chiese evangeliche, dai proprietari terrieri e adesso anche dal capitale finanziario, che ha già ricevuto quasi 50 milioni di voti al primo turno, sarebbe un ulteriore passo verso l’abisso in Brasile.

La trasfigurazione di un mai ben chiarito “socialismo del XXI secolo” in una cleptocrazia pretoriana in Venezuela, paese ormai sull’orlo del collasso e che rischia seriamente un’invasione e/o una guerra civile qualora certe trame geopolitiche, sociali o finanziarie fuori controllo del governo la rendessero conveniente (o necessaria), è una tragedia per chi ha accompagnato, criticamente, l’evoluzione del processo bolivariano. Continua a leggere

BRASILE 2018: Gli dei rendono pazzi coloro che vogliono perdere

di Rodrigo Rivas

Tristeza não tem fim

“A felicidade do pobre parece
a grande ilusão do carnaval.
A gente trabalha o ano inteiro
por um momento de sonho
pra fazer a fantasia
de rei ou de pirata ou jardineira
pra tudo se acabar na quarta-feira.
Tristeza não tem fin
Felicidade, sim…”
[1]

 

Dal momento che le parole sono pietre, conviene sempre misurarle.

Da queste parti ultimamente si parla spesso di fascismo, penso spesso a sproposito, almeno per ora.

Di fascisti in giro ce ne molti. Si riconoscono dal piacere che traspare quando possono maltrattare qualcuno. Altri sono imboscati. Ad esempio, c’è un buon numero di ex picchiatori trasformati in senatori.

Non è il caso di Jair Bolsonaro, l’uomo di ultradestra che domenica 28 ottobre probabilmente diventerà presidente del Brasile. Infatti, Bolsonaro è un fascista a tutto tondo. Continua a leggere

Brasile: Bolsonaro e la “sindrome di Stoccolma”

di Marco Consolo

Samba a destra in Brasile.

Più di 147 milioni di brasiliani sono stati chiamati alle urne lo scorso 7 ottobre per eleggere Presidente, Vicepresidente, i componenti di Senato e  Camera, governatori degli Stati. Si trattava delle prime elezioni dopo il colpo di Stato parlamentare contro la Presidente legittima Dilma Roussef, golpe cha ha insediato Michel Temer, il cui governo “de facto”, tra le altre misure, ha congelato la spesa pubblica per i prossimi 20 anni, privatizzato a man bassa e reintrodotto il lavoro schiavistico. Continua a leggere

BRASILE: l’estrema destra di Bolsonaro al 47%. Il candidato di Lula, Haddad, al 28%. Ballottaggio il 28 ottobre.

La giornata elettorale in Brasile ha consegnato una larga vittoria al candidato dell’estrema destra Jair Bolsonaro al primo turno. Dietro di lui il candidato del PT, Fernando Haddad, lanciato da Lula a circa un mese dal voto vista la sua impossibilità a partecipare alla contesa elettorale, che adesso contenderà la presidenza a Bolsonaro il prossimo 28 di ottobre in un ballottaggio che si prevede cruciale per la storia del Brasile.

Il primo turno, però, è stato segnato da molte irregolarità ai seggi. Le autorità brasiliane hanno registrato ben 619 crimini legati alle elezioni nella sola prima metà di giornata. Con 161 persone detenute. Tra questi vi sono 6 candidati sorpresi a fare propaganda all’interno dei seggi elettorali.  Continua a leggere

Lula non è stato liberato, la polizia non ha obbedito ai giudici. Lo Stato di diritto in Brasile è ridotto in macerie

di Teresa Isenburg

Domenica 8 luglio 2018, in Brasile lo Stato di diritto è stato ridotto in macerie. Il giudice di appello del tribunale Trf-4 di Porto Alegre, Rogério Favretto, in servizio di sorveglianza ha emesso ordine di immediata scarcerazione dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Lula è detenuto da tre mesi nel commissariato di polizia di Curitiba dopo un processo di primo e secondo grado e una condanna in assenza di prove. Immediatamente sono cominciate manovre per impedire la esecuzione di tale ingiunzione. Lula non è stato liberato, la polizia non ha obbedito a un ordine giudiziario, magistrati hanno estrapolato le loro competenze per trattare un cittadino come un loro personale perseguitato politico. Continua a leggere

Brasile: nera, femminista e attivista contro la violenza della polizia. Hanno ammazzato Marielle Franco

di Tiziana Barillà

«Quanti altri devono ancora morire affinché questa guerra finisca?», si chiedeva Marielle Franco su twitter il 13 marzo scorso. La sera seguente, per le strade della sua Rio, è stata raggiunta da almeno quattro colpi di pistola alla testa. E uccisa. Per gli inquirenti e la politica si tratterebbe di un’esecuzione. Oggi (15 marzo) a partire dalle 11 il corpo di Marielle sarà esposto nella Casa degli Aldermen, mentre in diverse città brasiliane si terranno manifestazioni per chiedere verità e giustizia per la morte di Marielle. La consigliera socialista che si batteva contro la violenza della polizia nelle Favelas.

Mais um homicídio de um jovem que pode estar entrando para a conta da PM. Matheus Melo estava saindo da igreja. Quantos mais vão precisar morrer para que essa guerra acabe? 

Continua a leggere

Lula e noi

di Jean-Luc Mélenchon

Si traduce un articolo di Jean-Luc Mélenchon, leader del movimento La France Insoumise“ che richiama con forza l’attenzione sul peso mondiale dei preoccupanti recenti accadimenti antidemocratici e non di rado anticostituzionali dell’America Latina. È bene non dimenticare anche la “disattenzione” istituzionale dei singoli paesi europei e dell’Unione Europea nelle sue diverse istanze. L’Italia non fa eccezione, ed anzi nel caso del Brasile ha oggettivamente dato un aiuto alla eversione istituzionale con l’estradizione nel 2015 del banchiere italo-brasiliano Henrique Pizzolato per decisione del ministro della giustizia nonostante il parere contrario di tutti i gradi della magistratura (notizie su questa vicenda sono facilmente rintracciabili on line). T.I. Continua a leggere

Brasile: il processo farsa a Lula e la difesa della democrazia

di Marco Consolo

A Porto Alegre, il 24 gennaio scorso, si è concluso il processo farsa contro l’ex-Presidente Luis Inácio Lula da Silva con una condanna in secondo grado. Lula è accusato di essere proprietario di un appartamento frutto di una tangente. Com’è noto e documentato, sia la sentenza di primo grado, che quella di secondo grado avvengono in assenza di prove e, viceversa, con prove che smontano l’accusa. Continua a leggere

E-book: “Il continente americano. L’America Latina”, di Andrea Vento, Giga Autoproduzioni, 2017

Recensione di Serena Campani

Il continente americano. L’America Latina, Andrea Vento, Giga Autoproduzioni, 2017, pp 36, contributo libero.

Il continente americano. L’America Latina è un opuscoletto di 36 pagine, realizzato dal Prof. Andrea Vento, docente di Geografia Economica a Pisa presso L’Istituto Tecnico Commerciale A. Pacinotti. Continua a leggere

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